Il medico è tenuto a fornire al paziente tutte le informazioni prima dell'intervento. La sentenza del tribunale di Caltanissetta sul consenso informato

di Marina Crisafi - Se il paziente non ha chiare le conseguenze e i rischi dell'intervento chirurgico, il medico paga i danni, anche se l'operazione è andata bene e ha risolto i suoi problemi. Lo ha stabilito il Tribunale di Caltanissetta con una recente sentenza (qui sotto allegata), liquidando in via equitativa 25mila euro ad una donna che sosteneva di aver subito danni in seguito ad un'operazione chirurgica di isterectomia.

La paziente affermava, in particolare, che i disturbi post-intervento dipendevano dalla condotta "negligente ed imperita" dei sanitari che non le avevano chiesto il consenso informato all'intervento e all'anestesia, domandando, pertanto, oltre 300mila euro di risarcimento.

L'Asl, dal canto suo, sosteneva che alla paziente era stata fornita invece "una corretta e completa informazione" sui rischi dell'operazione e chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria.

Per il tribunale nisseno, la donna ha in parte ragione. Sul punto di responsabilità della struttura e del medico, ritenute di tipo contrattuale, il giudice, sulla base della espletata CTU, esclude che il danno sia dovuto a negligenza, attribuendolo invece alle frequenti complicanze che si manifestano "anche in assenza di un errore tecnico nell'esecuzione dell'intervento".

Quanto al consenso informato, invece, il tribunale preliminarmente afferma che l'informazione "deve essere adeguata al grado culturale e alle conoscenze del paziente e deve concernere lo scopo e la natura dell'intervento, nonché le sue conseguenze e i suoi rischi". La ratio di tale previsione, infatti, è quella di tutelare "quanto più intensamente possibile l'autodeterminazione del paziente, il quale non può essere sottoposto a trattamenti sanitari contro la propria volontà", per cui la prestazione del consenso ad un trattamento sanitario da parte del soggetto interessato è "indispensabile al fine di escludere la rilevanza anche penale di un fatto che altrimenti sarebbe di per sé illecito".

Ne consegue, dunque, che "non può ritenersi sufficiente ai fini del consenso informato la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico". E tale è il caso in esame, in cui alla donna non è stata fornita adeguata informazione in merito ai trattamenti sanitari, atteso che alla stessa erano stati fatti firmare moduli che nulla specificano in ordine alle possibili conseguenze derivanti dall'intervento. Sussiste, pertanto, "una lesione del diritto di autodeterminazione - della paziente - concretizzatosi nella mancata prestazione di una adeguata informazione ai fini dell'acquisizione del suo consenso all'effettuazione dell'intervento chirurgico e alla sottoposizione ad anestesia".

Trib. Caltanissetta, sentenza novembre 2016

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