Per la sesta sezione la legge 55/2015 non ha mutato la disciplina, ma ha solo modificato i termini dell'udienza presidenziale

di Lucia Izzo - La legge 55/2015 sul divorzio breve non ha modificato la disciplina relativa alla riconciliazione dopo la separazione personale: in caso dopo il riavvicinamento va provata l'integrale ripresa del consortium vitae. 


Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, nell'ordinanza 17318/2016 (qui sotto allegata). La Corte d'Appello, in un procedimento di divorzio, aveva confermato la pronuncia di primo grado che aveva escluso l'esistenza di una riconciliazione tra i coniugi.


Gli Ermellini concordano con le affermazioni del marito ricorrente, secondo cui la riconciliazione, successiva all'omologa della separazione consensuale o alla pronuncia, in giudicato, di quella giudiziale, fa cessare gli effetti della separazione stessa (per cui, ove intervenga una nuova crisi familiare, si dovrà proporre nuovo ricorso di separazione). Infatti, la L. n. 55/2015 nulla ha mutato al riguardo, limitandosi a ridurre i termini dell'udienza presidenziale.


Tuttavia, l'eventuale interruzione della separazione dovrà essere eccepita, ex art. 3 della legge sul divorzio, dalla parte convenuta, che dovrà fornire piena prova dell'intervenuta riconciliazione e dell'integrale ripresa del consortium vitae tra i coniugi.


Con motivazione adeguata e non illogica, evidenzia il Collegio, la sentenza impugnata ha affermato che l'uomo non ha fornito piena prova al riguardo, mentre il ricorrente chiede di poter fornire la prova, lamentando che il giudice a quo aveva respinto i capi per testi da lui formulati e, nonostante la reiterazione, neppure il giudice di appello li avesse considerati.


Tuttavia per la Cassazione sul punto il ricorso non è autosufficiente, non riportando il contenuto dei predetti capi di prova: le Sezioni Unite, sent. 8077/2012, hanno difatti affermato che occorre indicare specificamente atti e documenti a cui il ricorrente ha fatto riferimento, nonché la loro collocazione.


Va infine precisato che il ricorrente, innanzi alla Suprema Corte, avrebbe dovuto non solo indicare o riportare il contenuto dell'atto (nella specie, capi di prova dedotti), ma pure argomentare sulla decisività di esso ai fini della pronuncia.

In mancanza, il ricorso va rigettato.

Cass., sesta sezione civile, sent. 17318/2016

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