Per la Cassazione il GIP, di fronte a elementi a diverse soluzioni valutative, non può operare valutazioni che spettano al giudice naturale

di Lucia Izzo -  Nessun proscioglimento per l'imputato di stalking che si è spinto al punto tale di violare il domicilio della "vittima". Va rammentato che il Giudice, con riguardo alla sentenza di non luogo a procedere di cui all'art. 425 c.p.p., deve valutare se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio, non potendo procedere a valutazioni di merito del materiale del probatorio, esprimendo quindi un giudizio di colpevolezza dell'imputato, essendogli inibito il proscioglimento in tutti i casi in cui le fonti di prova si prestino a soluzioni alternative  e aperte o, comunque, ad essere diversamente rivalutate.


Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, terza sezione penale, nella sentenza n. 35325/2016 (qui sotto allegata) accogliendo il ricorso del Procuratore della Repubblica e della parte offesa a seguito della sentenza

del GIP che aveva dichiarato non luogo a procedersi nei confronti di un uomo imputato dei reati di atti persecutori e violenza sessuale, considerato il fatto insussistente e assolvendo l'uomo anche per il delitto di violazione di domicilio, per la particolare tenuità della condotta.


Tuttavia, spiega il Collegio, nel caso di specie, la sentenza ha proceduto a una non consentita valutazione di merito di quanto in atti e, peraltro, è pervenuta a un giudizio palesemente viziato e contraddittorio


In via preliminare, gli Ermellini evidenziano che il radicale incremento dei poteri di cognizione e di decisione del Giudice dell'udienza preliminare, pur legittimando quest'ultimo a muoversi implicitamente anche nella prospettiva della probabilità di colpevolezza dell'imputato, non lo ha tuttavia disancorato dalla fondamentale regola di giudizio per la valutazione prognostica, in ordine al maggior grado di probabilità logica e di successo della prospettazione accusatoria e all'effettiva utilità della fase dibattimentale, di cui il legislatore della riforma persegue, espressamente, una significativa deflazione.


Ai fini della sentenza di non luogo a procedere, spiega la Cassazione, il Giudice, in presenza di fonti di prova che si prestano ad una molteplicità e alternatività di soluzioni valutative deve limitarsi a verificare se tale situazione possa essere superata attraverso le verifiche e gli approfondimenti propri della fase del dibattimento, senza operare valutazioni di tipo sostanziale che spettano, nella predetta fase, al Giudice naturale.


Nel caso di specie, il giudice ha ritenuto non sufficienti per integrare il reato di stalking le nove telefonate in venti giorni indirizzate dall'imputato alla donna nel periodo d'interesse, valutate insufficienti a costituire molestia reiterata e atta a determinare il grave e persistente stato d'ansia indicato dalla norma.


Il costante indirizzo giurisprudenziale, tuttavia, afferma proprio il contrario, ossia che il delitto in esame può essere integrato anche da due sole condotte di minaccia o molestia. Per lo stesso Giudice a quo il comportamento dell'imputato si era estrinsecato in un assillante corteggiamento, e sarebbe stato perciò necessario valutare più attentamente le dichiarazioni della donna e il materiale documentale, proprio nell'ottica del carattere persecutorio delle telefonate o delle squilli a le rivolto.


Circa la violenza sessuale, il Giudice ha ritenuto non attendibile la donna in ragione del fatto che, chiamati i Carabinieri e il fratello, la stessa non avrebbe fatto menzione dell'aggressione sessuale, ma solo della violazione di domicilio: tuttavia, per il Collegio questa è una tipica valutazione del materiale istruttorio non consentita al Giudice con la sentenza ex art. 425 c.p.p., poichè relativa a circostanza che il dibattimento avrebbe meglio potuto precisare.


Infine, circa la violazione di domicilio, la decisione appare del tutto contraddittoria: da un lato il giudice è giunto a prosciogliere l'imputato ex art. 131-bis c.p., sul presupposto che il fatto sarebbe stato di modestissima portata criminale, coerente con la natura del rapporto tra i due soggetti, dall'altro ha però ritenuto insussistente il delitto di stalking. Tuttavia, lo stesso giudice evidenzia che l'uomo, infatuato della donna, cercava in ogni modo di convincerla a intraprendere una relazione, mentre lei non ne voleva sapere.


Pertanto, la sentenza va annullata senza rinvio e la gli atti trasmessi al Tribunale che provvederà sulla vicenda e sulle spese.

Cass., III sez. pen., sent. 35325/2016

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