La conoscenza della relazione extraconiugale e la prosecuzione della coabitazione escludno l'addebitabilità della separazione al coniuge fedifrago

di Lucia Izzo - La separazione non può essere addebitata alla moglie che ha tradito se lui, a conoscenza del tradimento, continua a conviverci per molti anni.

Lo ha disposto il Tribunale di Roma, prima sezione civile, nella sentenza n. 18488/2015 che ha respinto la richiesta di addebito avanzata dall'ex marito.

Il Tribunale capitolino ha fatto anche rilevare che il ricorso per la separazione è stato presentato dalla moglie e che da ciò si può desumere che l'ex marito sarebbe stato disposto a proseguire nel rapporto coniugale nonostante il tradimento.

Nel caso preso in esame dai giudici romani la crisi di coppia aveva portato la moglie, a intrattenere da alcuni anni una relazione extraconiugale della quale aveva anche informato il marito. Nonostante ciò l'uomo aveva deciso di continuare a convivere con l'ex nella casa coniugale per ben tre anni.

La coppia era a tutti gli effetti separata in casa: oltre a non condividere il letto, i due erano costantemente in contrasto sulle decisioni riguardanti le proprie vite.

Secondo il Tribunale proprio l'aver continuato ad abitare con la moglie, seppur a conoscenza del tradimento, comporta la non addebitabilità della separazione alla donna, così come la circostanza che sia stata lei a ricorrere per prima all'istituto della separazione.


Come si legge in sentenza "il tradimento non è in sé sufficiente alla costruzione dell'addebito in capo al coniuge resosene responsabile, occorrendo per contro un nesso di causalità tra la violazione del dovere di fedeltà e la rottura del consortium familiae, nonché l'effettuazione di un'indagine comparativa delle

condotte dei coniugi, non valutabili separatamente, volta ad evidenziare se la condotta incriminante sia la causa e non invece la conseguenza di una crisi coniugale gia in atto"

La situazione verificatasi nel caso in esame non determina una violazione del rapporto fiduciario posto alla base della relazione coniugale, anzi, evidenzia "al contrario, un preesistente contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale quale rispondente al dettato normativo e al comune sentire, in una situazione stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita, non caratterizzata da alcuna affectio coniugalis".


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