Parti e difensori sono chiamati a comprendere il valore strategico e di pacificazione sociale della mediazione demandata dal giudice

di Lucia Izzo - La mediazione obbligatoria e quella demandata dal giudice sono diverse quanto ai presupposti e al contesto: pertanto, l'aver già esperito la procedura conciliativa in materia di RCA (ancora obbligatoria prima delle intervenute modifiche) non impedisce al giudice di disporre la mediazione demandata ai sensi del novellato art.5, comma 2, d.lgs 28/10. Le parti, quindi, non potranno sottrarsi alla procedura di mediazione prevedendo un esito infruttuoso della stessa stante il risultato della precedente. 


Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, XIII sezione (giudice Moriconi), nel provvedimento del 29 ottobre 2015 (qui sotto allegato) con cui il giudicante ha delineato un interessante punto di vista circa i rapporti tra mediazione e processo.

Nel caso di specie ad agire in giudizio è il danneggiato da un incidente stradale, in causa con l'assicurazione che alla precedente mediazione in materia di RCA non si era presentata ed aveva più volte comunicato di voler definire la causa con soli 5.000 euro e 2.000 di onorari.

Per tali motivi, parte attrice fa presente al giudice che la domanda di mediazione da lui demandata non è stata introdotta né dalla medesima né dall'altra parte essendo prevedibile l'esito infruttuoso.


Il giudice chiarisce in primis che, stante la diversità di presupposti e contesto, ben può essere disposta la mediazione demandata anche se sia stato già avviato e concluso negativamente un esperimento di mediazione obbligatoria. Quindi la proposizione di una procedura di mediazione prima e fuori della causa, non impedisce l'esercizio da parte del Giudice della mediazione demandata di cui all'art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010 nella versione riformata dal D.L. 69/13.


La mediazione demandata è  frutto di una precisa e riflettuta decisione del Giudice, che assume una funzione di "assistenza e guida", affinché le parti possano pervenire ad un accordo amichevole, di tipo conciliativo o transattivo.

Con la mediazione demandata "si evita di intraprendere percorsi spesso già condannati in partenza" in quanto è il giudice che "sceglie, con oculatezza, il momento migliore per disporne l'avvio".


Precisa il giudice che la mediazione ha un "valore strategico per il contenimento della straripante mole di contenzioso e per la pacificazione sociale che diffonde, dei vantaggi in termini di tempi stretti di conclusione e di certezza dell'ottenimento del bene della vita oggetto dell'accordo, e, in definitiva, dei straordinari risultati che la mediazione può offrire".


Al giudice è consentito di individuare il momento più propizio per invitare le parti in mediazione, in relazione alle circostanze e a gli sviluppi della causa, rappresentando, con equidistanza e imparzialità "i punti di debolezza e di forza delle rispettive posizioni", esaltando la sensibilità culturale e giuridica dei difensori, che tanto ruolo hanno nella mediazione riformata.


Le parti, dunque, dovrebbero comprendere e "metabolizzare" il valore sociale ed individuale e l'efficacia della mediazione.

Nel caso di specie, se ciò fosse avvenuto il giudice non avrebbe dovuto dichiarare l'improcedibilità del ricorso, "l'attore avrebbe portato a casa una ragionevole somma di denaro, l'avvocato la sua parcella e l'assicurazione la tranquillità di non vedersi arrivare, dopo questa sentenza, una nuova causa che la improcedibilità che si dichiara non impedisce in alcun modo".

Tribunale di Roma, 29 ottobre 2015

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