La responsabilità dell'avvocato per una strategia difensiva errata che fa perdere la causa non viene meno se è stata concordata con il cliente

di Marina Crisafi - L'avvocato è responsabile della strategia messa in atto negli interessi difensivi del cliente. E il fatto che la stessa sia stata concordata o ispirata dallo stesso assistito non lo salva dalla responsabilità per aver usato una tattica sbagliata perdendo la causa.

A ribadirlo è la Cassazione, nella sentenza n. 10289 depositata ieri, respingendo il ricorso di un avvocato chiamato in giudizio dalla propria cliente per "negligente condotta professionale" in una causa promossa contro il produttore per la mancata messa in opera (ed eseguito collaudo) di una lavatrice industriale. Le doglianze della cliente inerivano proprio l'erronea strategia difensiva utilizzata dal difensore che inutilmente chiamava in causa il terzo trasportatore "sebbene il diritto da tutelare fosse prevedibilmente già prescritto". Ed, in effetti, il convenuto sollevava puntualmente l'eccezione di prescrizione vedendola accolta.

Risultato: la cliente perdeva la causa e veniva condannata a versare 5mila euro alla ditta autotrasportatrice a titolo di spese processuali.

Motivo per cui la stessa trascinava in giudizio il proprio avvocato chiedendo il risarcimento dei danni subiti e in appello vedeva accolte le proprie istanze dalla Corte perugina che condannava il difensore a risarcire alla donna i 5mila euro sborsati per "colpa" sua.

Non convinto il legale adiva la Cassazione tentando di "scagionarsi" da ogni responsabilità, invocando a sua discolpa che la chiamata in causa "era stata concordata con la cliente e da questa approvata" e pertanto che il rischio (poi diventato certezza) della prevedibile eccezione di prescrizione del diritto doveva imputarsi esclusivamente alla stessa assistita escludendo qualsiasi colpa del professionista.

Ma la terza è di altro avviso.

E dal Palazzaccio ricordano al legale che "la responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, c.c.". E laddove questa violazione "consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è né esclusa né ridotta per la circostanza che l'adozione di tali mezzi sia stata sollecitata dal cliente stesso, essendo compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale".

Del resto, conclude la S.C., l'avvocato è tenuto ad assolvere, sia all'atto del conferimento del mandato che durante lo svolgimento del rapporto, "non solo al dovere di informazione del cliente ma anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione dello stesso - dovendo, tra l'altro - sconsigliare il cliente dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole". 

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