E' considerato illecito endofamiliare quello commesso da un familiare a danno di altro soggetto appartenente alla medesima compagine domestica.

Diritto alla sessualità e infedeltà : il danno ingiusto

Nota  Avv. Emanuela Foligno

E' considerato illecito endofamiliare quello  commesso da un familiare a danno di altro soggetto appartenente alla medesima compagine domestica.

Oggi, a seguito dell'evoluzione legislativa (L. 54/2006)  e giurisprudenziale, è pacifico che l'illecito endofamiliare genera il risarcimento dei danni a favore della vittima. 

Prima di tali lavorii evoluzionistici, però, l'illecito civile commesso all'interno della famiglia rimaneva confinato nella mura domestiche e le azioni di risarcimento danni per gli illeciti endofamiliari erano pressochè inesistenti. Peraltro, la giurisprudenza si è sempre dimostrata restia, se non contraria, a definire positivamente le azioni risarcitorie promosse in tal senso argomentando che il risarcimento del danno nell'ambito dei rapporti familiari è  costituito dalla incoercibilità dell'adempimento dei cosiddetti doveri coniugali.

 
Tale situazione è, appunto, sensibilmente mutata sia a seguito delle riforme legislative, sia, soprattutto, a causa del mutamento dei costumi  comuni e della stessa concezione della famiglia, non più intesa come struttura chiusa, bensì come struttura fondata sulla uguaglianza e sulla reciproca solidarietà dei suoi membri.  tutti portatori di autonomi diritti soggettivi meritevoli di tutela giuridica.

A poco a poco è stata riconosciuta l'esistenza di nuovi danni - risarcibili - all'interno della famiglia.


Nell' illecito endofamiliare il risarcimento del danno non patrimoniale è  riconosciuto nel caso in cui la condotta di un coniuge, che violi  uno o più doveri matrimoniali (fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione, coabitazione, contribuzione ai bisogni della famiglia, ecc.), determini aggressione ai diritti inviolabili della persona dell'altro coniuge, come ad esempio la sessualità, l'integrità morale, la dignità, l'onore, la reputazione, la privacy, ecc. secondo una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. (ex Cass. SS.UU. n. 26972, 26973, 26974 e 269759 del 2008, sulla scia delle cosiddette sentenze gemelle Cass. Civ. n. 8827 e 8828 del 2003).

 
Viene quindi in rilievo il diritto alla sessualità che costituisce uno degli essenziali modi di espressione della persona umana (C. Cost. n. 561 del 1987).

Tale diritto, dunque, è incluso tra le posizioni soggettive direttamente tutelate dalla costituzione ed inquadrato tra i diritti inviolabili della persona umana, di cui all'art. 2 della Carta.

Sul punto, il Tribunale di Napoli (sentenza 13 aprile 2007 n. 3996 - riguardo la liquidazione del danno da morte del coniuge cagionata da fatto illecito commesso da terzi), ha riconosciuto al coniuge superstite, a titolo di danno non patrimoniale, la somma di € 20.000, per la perdita da costui subita alla propria sfera sessuale.

In altre parole, la perdita del coniuge è stata valorizzata anche come perdita dell'esclusivo partner sessuale e ciò giustifica un risarcimento del danno non patrimoniale a tale titolo. 


Il diritto alla sessualità, non è solo un diritto personalissimo assoluto, ma anche una sorta di diritto di credito del coniuge nei confronti dell'altro (nell'ambito dei reciproci diritti doveri coniugali), la cui lesione ad opera di un terzo soggetto, determina un ingiusto danno risarcibile a favore del coniuge non direttamente danneggiato sul piano psicofisico.

 
Tale impostazione è stata confermata anche dal Giudice di legittimità nella celeberrima pronunzia delle  Sezioni Unite n. 26972 dell'11 novembre 2008 che ha fatto specifico riferimento al danno non patrimoniale "riflesso" cagionato al coniuge per l'impossibilità di rapporti sessuali nel caso di danno all'integrità psicofisica subito dall'altro coniuge, (che trova giustificazione nei diritti-doveri nascenti dal rapporto di coniugio).

 
Altra pronunzia della Suprema Corte (n. 1354del 11 giugno 2009)  riguardante un caso di colpa medica che aveva determinato ad una donna un danno biologico del 20%, ed una compromissione alla sfera sessuale,  ha riconosciuto e ristorato il diritto alla sessualità della danneggiata, essendo lo stesso inquadrato tra i diritti inviolabili della persona, ovvero come "modus vivendi essenziale per l'espressione e lo sviluppo della persona".

Quanto al danno alla sfera sessuale, dunque, la Cassazione ha statuito che "i diritti umani inviolabili che godono di copertura costituzionale non restano necessariamente assorbiti nel danno biologico, allorché abbiano una lesione propria come nel caso del diritto alla sessualità, che è per certo inquadrabile tra i diritti inviolabili della persona. La perdita o la compromissione della sessualità, per quanto anche solo attinente alla sua sfera psichica, costituisce quindi di per sé un danno che dev'essere valutato separatamente in modo autonomo quale danno non patrimoniale di per sé risarcibile".

Tale danno non patrimoniale alla sfera sessuale, va, dunque, pacificamente risarcito sia nell'ambito dei rapporti tra coniugi, come illecito endofamiliare, sia come illecito esofamiliare, vuoi direttamente alla persona che ha subito la lesione psicofisica da cui consegue il pregiudizio alla propria sfera sessuale, sia all'altro coniuge, come danno "riflesso".

Ad ultimo si segnala la sentenza n. 23147/2013 della Suprema Corte. In sintesi, la Cassazione ha confermato la sentenza d'appello, la quale, "pur procedendo ad una liquidazione unitaria del danno alla salute, ha distinto nella motivazione tre voci di danno: biologico, morale ed esistenziale. Quest'ultimo non costituisce però - rileva la Suprema Corte - un'autonoma categoria di danno, venendo in rilievo soltanto come sintagma descrittivo della lesione di un diritto fondamentale della persona.

La Corte d'appello ha, infatti, posto in luce come, nel caso di specie, il danneggiato abbia lamentato, oltre al danno biologico (cioè alla lesione della salute) non già un generico pregiudizio esistenziale, ma un «danno non patrimoniale conseguente all'impossibilità di realizzare la [propria] persona sul piano sessuale, di realizzarsi attraverso la formazione di un nucleo familiare con figli".


Altro illecito endofamiliare è quello derivante dalla Infedeltà

La infedeltà lede l'onore e la dignità del coniuge.

Come noto, non vi è puntuale corrispondenza tra la violazione degli obblighi derivanti dal matrimonio e ingiustizia del danno. La violazione del dovere di fedeltà costituisce il mezzo attraverso cui può determinarsi la lesione di interessi meritevoli di tutela, quali l'onore e la reputazione, meritevoli di tutela.

Significativa al riguardo la pronunzia del Tribunale di Venezia (3 luglio 2006), riguardante un causa di risarcimento proposta dalla moglie nei confronti del marito e della sua nuova compagna. 
Il Tribunale ha accolto la domanda risarcitoria non tanto per la violazione dell'obbligo di fedeltà, pur di per sé era idonea a sorreggere la pronuncia di addebito alla separazione, quanto per la violazione dei diritti inviolabili della persona dell'altro coniuge.

In particolare il Tribunale di Venezia ha evidenziato come la condotta posta in essere dal marito, in aperto spregio ai doveri nascenti dal matrimonio, oltre ad essere stata direttamente lesiva della sfera psicofisica dell'attrice, abbia anche leso la sua dignità.

Infatti l'attrice ha dovuto prendere atto del fallimento dell'unione coniugale in termini drammatici, cogliendo in flagrante il marito il quale, quasi nel puerile desiderio di nascondere l'avvenuta relazione extra coniugale, aggrediva la moglie facendosi spalleggiare anche dalla compagna del momento. 

Dunque l'infedeltà, di per sé, non determina un ingiusto danno risarcibile, nemmeno se essa si risolva in una relazione omosessuale (Corte Appello Brescia sentenza n. 56/2007).

 
Altro caso ancora trattato dal Tribunale di Venezia (sentenza n. 145/2009) di infedeltà e di violazione degli obblighi di assistenza e coabitazione, che è pervenuto alla declaratoria che la condotta del marito, gravemente contraria ai doveri matrimoniali, oltre a costituire sicura causa di addebito della separazione coniugale, abbia leso in modo grave la dignità e l'integrità morale della moglie. Quest'ultima, in conseguenza delle ripetute condotte illecite del consorte (che si era allontanato dalla casa coniugale per andare a vivere con altra donna ed aveva offeso la dignità della moglie sia dal punto di vista affettivo che sessuale e relegandola a mera "badante" della propria madre), ha accusato patologie ansiogene e depressive accertate per un periodo di circa due anni.  

La lesione della dignità, causata dalla infedeltà, è dunque pacificamente riconosciuta come autonoma posta di danno risarcibile nell'alveo del danno non patrimoniale.

Aggiungasi, per completezza espositiva, che più volte la Corte di Cassazione si è occupata del tradimento e più volte ha ricordato che una relazione extraconiugale non è sufficiente, di per sé, per la declaratoria di addebito della separazione. Ciò che conta, infatti, è verificare se la violazione del dovere di fedeltà coniugale sia stata la causa della crisi matrimoniale o se, invece, ne sia stato l'effetto.

Nel giudizio di bilanciamento tra gli interessi dei coniugi l'ingiustizia del danno non può essere ravvisata nel fatto della rottura del vincolo coniugale, perché ciascun coniuge ha diritto di porre liberamente fine al rapporto coniugale.

La Cassazione (sentenza n. 9801 del 2005) ha infatti precisato che i rimedi tipici previsti dal diritto di famiglia, come la separazione o il divorzio, sono compatibili e concorrenti con l'azione ordinaria di risarcimento danni, di cui all'articolo 2043 c.c. e che la mera violazione dei doveri matrimoniali, o anche la pronuncia di addebito della separazione non sono di per sé fonte di una responsabilità risarcitoria. Ha osservato la Suprema Corte che "la separazione o il divorzio sono strumenti accordati dall'ordinamento per porre rimedio a situazioni di impossibilità di prosecuzione della convivenza o di definitiva dissoluzione del vincolo e che diversa è la funzione dell'assegno di separazione o di divorzio avente natura strettamente assistenziale, rispetto alla tutela offerta dal risarcimento dei danni che assolve, di regola, ad una funzione compensatoria; oltretutto la perdita del diritto all'assegno di separazione a causa dell'addebito, può trovare applicazione soltanto in via eventuale, in quanto colpisce solo il coniuge che ne avrebbe diritto e non quello che deve corrisponderlo e non opera quando il soggetto responsabile non sia titolare   di mezzi economici".

Sottolinea la citata pronunzia del 2005 che "per configurarsi un danno ingiusto, risarcibile ex art. 2043 c.c., vi deve essere un comportamento illecito dotato di una certa efficacia lesiva perché, diversamente, all'interno della famiglia deve sussistere tra i coniugi quello spirito di comprensione e di tolleranza che è parte del dovere di reciproca assistenza".

Non tutte le infedeltà, dunque, sono motivo di addebito della separazione e tantomeno fonte di risarcimento del danno.

La posizione assunta dalla Cassazione (sentenza 15 settembre 2011 n. 18853 ed a seguire sentenza 1 giugno 2012 n. 8862) ha chiarito che l'infedeltà che ha cagionato la lesione alla dignità e all'onore del coniuge tradito rappresenta un illecito civile suscettibile di risarcimento danni. In forza di tale orientamento vengono condannate le infedeltà coniugali consumate in modo plateale e che hanno leso la dignità e l'onore di chi le subisce.

Meritevole, infine,  di breve cenno è la sentenza della Cassazione 10 aprile 2012, n. 5652 con la quale è stato ribadito che "nell'ambito di un vasto orientamento dottrinale e giurisprudenziale è stata da tempo enucleata la nozione di illecito endofamiliare, in virtù della quale la violazione dei doveri familiari non trova necessariamente sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, discendendo dalla natura giuridica degli obblighi suddetti che la relativa violazione, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti, possa integrare gli estremi dell'illecito civile e dare luogo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c..".

Avv. Emanuela Foligno - Via Piermarini 8 - 20145 Milano - studiolegale.foligno@virgilio.it - twitter @Emanuela Foligno


Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: