Legge sull'ordinamento penitenziario
LEGGE 26 luglio 1975, n. 354
Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misureprivative e limitative della liberta'.
» REGIME PENITENZIARIO: diritti e doveri dei detenuti e degli internati
» Le principali modifiche al sistema penale e penitenziario dal 1974 ad oggi
TITOLO I
TRATTAMENTO PENITENZIARIO
Capo I
PRINCIPI DIRETTIVI
La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
PROMULGA
la seguente legge:
Art. 1.
(( (Trattamento e rieducazione).
1. Il trattamento penitenziario deve essere conforme a umanita' e deve assicurare il rispetto della dignita' della persona. Esso e' improntato ad assoluta imparzialita', senza discriminazioni in ordine a sesso, identita' di genere, orientamento sessuale, razza, nazionalita', condizioni economiche e sociali, opinioni politiche e credenze religiose, e si conforma a modelli che favoriscono l'autonomia, la responsabilita', la socializzazione e l'integrazione.
2. Il trattamento tende, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale ed e' attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni degli interessati.
3. Ad ogni persona privata della liberta' sono garantiti i diritti fondamentali; e' vietata ogni violenza fisica e morale in suo danno.
4. Negli istituti l'ordine e la disciplina sono mantenuti nel rispetto dei diritti delle persone private della liberta'.
5. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con l'esigenza di mantenimento dell'ordine e della disciplina e, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari.
6. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome.
7. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio per cui essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. ))
Art. 2.
Spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive
Le spese per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza
detentive sono a carico dello Stato.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte dei condannati si
effettua ai termini degli articoli 145, 188, 189 e 191 del codice penale e 274 del codice di procedura penale.
Il rimborso delle spese di mantenimento da parte degli internati si
effettua mediante prelievo di una quota della remunerazione a norma del penultimo capoverso dell'articolo 213 del codice penale, ovvero per effetto della disposizione sul rimborso delle spese di spedalita', richiamata nell'ultima parte dell'articolo 213 del codice penale.
Sono spese di mantenimento quelle concernenti gli alimenti ed il
corredo.
Il rimborso delle spese di mantenimento ha luogo per una quota non
superiore ai due terzi del costo reale. Il Ministro per la grazia e giustizia, al principio di ogni esercizio finanziario, determina, sentito il Ministro per il tesoro, la quota media di mantenimento dei detenuti in tutti gli stabilimenti della Repubblica.
Art. 3.
Parita' di condizioni fra i detenuti e gli internati
Negli istituti penitenziari e' assicurata ai detenuti ed agli
internati parita' di condizioni di vita. In particolare il regolamento stabilisce limitazioni in ordine all'ammontare del peculio disponibile e dei beni provenienti dall'esterno.
Art. 4.
Esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati
I detenuti e gli internati esercitano personalmente i diritti loro
derivanti dalla presente legge anche se si trovano in stato di interdizione legale.
Art. 4-bis
(Divieto di concessione dei benefici e accertamento della pericolosita' sociale dei condannati per taluni delitti).
1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, esclusa la liberazione anticipata, possono essere concessi ai detenuti e internati per i seguenti delitti solo nei casi in cui tali detenuti e internati collaborino con la giustizia a norma dell'articolo 58-ter della presente legge o a norma dell'articolo 323-bis, secondo comma, del codice penale: delitti commessi per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza, delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 416-bis e 416-ter del codice penale, delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste, delitti di cui agli articoli 600, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 601, 602, 609-octies e 630 del codice penale, all'articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, all'articolo 291-quater del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e all'articolo 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Sono fatte salve le disposizioni degli articoli 16-nonies e 17-bis del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni. (80)
1-bis. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per uno dei delitti ivi previsti, purche' siano stati acquisiti elementi tali da escludere l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva, altresi' nei casi in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, accertata nella sentenza di condanna, ovvero l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita', operato con sentenza irrevocabile, rendono comunque impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, nonche' nei casi in cui, anche se la collaborazione che viene offerta risulti oggettivamente irrilevante, nei confronti dei medesimi detenuti o internati sia stata applicata una delle circostanze attenuanti previste dall'articolo 62, numero 6), anche qualora il risarcimento del danno sia avvenuto dopo la sentenza di condanna, dall'articolo 114 ovvero dall'articolo 116, secondo comma, del codice penale.
1-ter. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi, purche' non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalita' organizzata, terroristica o eversiva, ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, secondo e terzo comma, 600-ter, terzo comma, 600-quinquies, 628, terzo comma, e 629, secondo comma, del codice penale, all'articolo 291-ter del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, all'articolo 73 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309, e successive modificazioni, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, del medesimo testo unico, all'articolo 416, primo e terzo comma, del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 del medesimo codice, e all'articolo 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del medesimo codice, dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale e dall'articolo 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni.
1-quater. I benefici di cui al comma 1 possono essere concessi ai detenuti o internati per i delitti di cui agli articoli ((583-quinquies,)) 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater , 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta collegialmente per almeno un anno anche con la partecipazione degli esperti di cui al quarto comma dell'articolo 80 della presente legge. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano in ordine al delitto previsto dall'articolo 609-bis del codice penale salvo che risulti applicata la circostanza attenuante dallo stesso contemplata.
1-quinquies. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli articoli ((583-quinquies,)) 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, nonche' agli articoli 609-bis e 609-octies del medesimo codice, se commessi in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione al programma di riabilitazione specifica di cui all'articolo 13-bis della presente legge.
2. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1 il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni per il tramite del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione del condannato. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni. Al suddetto comitato provinciale puo' essere chiamato a partecipare il direttore dell'istituto penitenziario in cui il condannato e' detenuto.
2-bis. Ai fini della concessione dei benefici di cui al comma 1-ter, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza decide acquisite dettagliate informazioni dal questore. In ogni caso il giudice decide trascorsi trenta giorni dalla richiesta delle informazioni.
3. Quando il comitato ritiene che sussistano particolari esigenze di sicurezza ovvero che i collegamenti potrebbero essere mantenuti con organizzazioni operanti in ambiti non locali o extranazionali, ne da' comunicazione al giudice e il termine di cui al comma 2 e' prorogato di ulteriori trenta giorni al fine di acquisire elementi ed informazioni da parte dei competenti organi centrali.
3-bis. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, non possono essere concessi ai detenuti ed internati per delitti dolosi quando il Procuratore nazionale antimafia o il procuratore distrettuale comunica, d'iniziativa o su segnalazione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica competente in relazione al luogo di detenzione o internamento, l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata. In tal caso si prescinde dalle procedure previste dai commi 2 e 3.
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AGGIORNAMENTO (26)
La Corte Costituzionale con sentenza 19-27 luglio 1994, n. 357 (in G.U. 1a s.s. 03/08/19949, n. 32) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come sostituito dall'art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella sentenza di condanna, renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata.
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AGGIORNAMENTO (28)
La Corte Costituzionale con sentenza 22 febbraio - 1 marzo 1995, n. 68 (in G.U. 1a s.s. 08/03/1995, n. 10) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, primo comma, secondo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come sostituito dall'art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui l'integrale accertamento dei fatti e delle responsabilita' operato con sentenza irrevocabile renda impossibile un'utile collaborazione con la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da escludere in maniera certa l'attualita' di collegamenti con la criminalita' organizzata.
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AGGIORNAMENTO (30a)
La Corte Costituzionale con sentenza 11-14 dicembre 1995, n. 504 (in G.U. 1ª s.s. 20/12/1995, n. 52) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, nel testo sostituito ad opera dell'art. 15, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui prevede che la concessione di ulteriori permessi premio sia negata nei confronti dei condannati per i delitti indicati nel primo periodo del comma 1 dello stesso art. 4-bis, che non si trovino nelle condizioni per l'applicazione dell'art. 58-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, anche quando essi ne abbiano gia' fruito in precedenza e non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalita' organizzata".
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AGGIORNAMENTO (34)
La Corte Costituzionale con sentenza 16-30 dicembre 1997, n. 445 (in G.U. 1a s.s. 07/01/1998, n. 1) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede che il beneficio della semiliberta' possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima della data di entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 1992, n. 356, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalita' organizzata.
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AGGIORNAMENTO (39)
La Corte Costituzionale, con sentenza 14-22 aprile 1999, n. 137 (in G.U. 1a s.s. 28/04/1999, n. 17) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4-bis, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore dell'art. 15, comma 1, del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto e per i quali non sia accertata la sussistenza di collegamenti attuali con la criminalita' organizzata.
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AGGIORNAMENTO (80)
La Corte Costituzionale, con sentenza 22 ottobre 2014, n. 239 (in G.U. 1a s.s. 29/10/2014, n. 45) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del presente articolo, comma 1, "nella parte in cui non esclude dal divieto di concessione dei benefici penitenziari, da esso stabilito, la misura della detenzione domiciliare speciale prevista dall'art. 47-quinquies della medesima legge".
Ha inoltre dichiarato, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimita' costituzionale del presente articolo, comma 1, "nella parte in cui non esclude dal divieto di concessione dei benefici penitenziari, da esso stabilito, la misura della detenzione domiciliare prevista dall'art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), della medesima legge, ferma restando la condizione dell'insussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti".
Capo II
CONDIZIONI GENERALI
Art. 5.
Caratteristiche degli edifici penitenziari
Gli istituti penitenziari devono essere realizzati in modo tale da accogliere un numero non elevato di detenuti o internati.
((Gli edifici penitenziari devono essere dotati di locali per le esigenze di vita individuale e di locali per lo svolgimento di attivita' lavorative, formative e, ove possibile, culturali, sportive e religiose.))
Art. 6.
(( (Locali di soggiorno e di pernottamento). ))
((1. I locali nei quali si svolge la vita dei detenuti e degli internati devono essere di ampiezza sufficiente, illuminati con luce naturale e artificiale in modo da permettere il lavoro e la lettura; areati, riscaldati per il tempo in cui le condizioni climatiche lo esigono, e dotati di servizi igienici riservati, decenti e di tipo razionale. I locali devono essere tenuti in buono stato di conservazione e di pulizia.))
((2. Le aree residenziali devono essere dotate di spazi comuni al fine di consentire ai detenuti e agli internati una gestione cooperativa della vita quotidiana nella sfera domestica.)) ((92))
((3. I locali destinati al pernottamento consistono in camere dotate di uno o piu' posti.))
((4. Particolare cura e' impiegata nella scelta di quei soggetti che sono collocati in camere a piu' posti.))
((5. Fatta salva contraria prescrizione sanitaria e salvo che particolari situazioni dell'istituto non lo consentano, e' preferibilmente consentito al condannato alla pena dell'ergastolo il pernottamento in camere a un posto, ove non richieda di essere assegnato a camere a piu' posti.))
((6. Alle stesse condizioni del comma 5, agli imputati e' garantito il pernottamento in camera a un posto, salvo che particolari situazioni dell'istituto non lo consentano.))
((7. Ciascun detenuto e internato dispone di adeguato corredo per il proprio letto.))
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AGGIORNAMENTO (92)
Il D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 124 ha disposto (con l'art. 3, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 2, e 8, comma secondo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificate, rispettivamente, dall'articolo 1, comma 1, lettere b) e c), del presente decreto legislativo, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2021".
Art. 7.
Vestiario e corredo
Ciascun soggetto e' fornito di biancheria, di vestiario e di
effetti di uso in quantita' sufficiente, in buono stato di conservazione e di pulizia e tali da assicurare la soddisfazione delle normali esigenze di vita.
L'abito e' di tessuto a tinta unita e di foggia decorosa.
E' concesso l'abito di lavoro quando e' reso necessario
dall'attivita' svolta.
Gli imputati e i condannati a pena detentiva inferiore ad un anno
possono indossare abiti di loro proprieta', purche' puliti e convenienti. L'abito fornito agli imputati deve essere comunque diverso da quello dei condannati e degli internati.
I detenuti e gli internati possono essere ammessi a far uso di
corredo di loro proprieta' e di oggetti che abbiano particolare valore morale o affettivo.
Art. 8.
Igiene personale
((E' assicurato ai detenuti e agli internati l'uso adeguato e sufficiente di servizi igienici e docce fornite di acqua calda, nonche' di altri oggetti necessari alla cura e alla pulizia della persona)).
((Nelle camere di pernottamento i servizi igienici, adeguatamente areati, sono collocati in uno spazio separato, per garantire la riservatezza.)) ((92))
In ciascun Istituto sono organizzati i servizi per il periodico taglio dei capelli e la rasatura della barba.
Puo' essere consentito l'uso di rasoio elettrico personale.
Il taglio dei capelli e della barba puo' essere imposto soltanto per particolari ragioni igienico-sanitarie.
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AGGIORNAMENTO (92)
Il D.Lgs. 2 ottobre 2018, n. 124 ha disposto (con l'art. 3, comma 1) che "Le disposizioni di cui agli articoli 6, comma 2, e 8, comma secondo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificate, rispettivamente, dall'articolo 1, comma 1, lettere b) e c), del presente decreto legislativo, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2021".
Art. 9.
Alimentazione
((Ai detenuti e agli internati e' assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'eta', al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima. Ai detenuti che ne fanno richiesta e' garantita, ove possibile, un'alimentazione rispettosa del loro credo religioso.))
Il vitto e' somministrato, di regola, in locali all'uopo destinati.
I detenuti e gli internati devono avere sempre a disposizione acqua potabile.
La quantita' e la qualita' del vitto giornaliero sono determinate da apposite tabelle approvate con decreto ministeriale.
Il servizio di vettovagliamento e' di regola gestito direttamente dall'amministrazione penitenziaria.
Una rappresentanza dei detenuti o degli internati, designata mensilmente per sorteggio, controlla l'applicazione delle tabelle e la preparazione del vitto.
Ai detenuti e agli internati e' consentito l'acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto, entro i limiti fissati dal regolamento. La vendita dei generi alimentari o di conforto deve essere affidata di regola a spacci gestiti direttamente dall'amministrazione carceraria o da imprese che esercitano la vendita a prezzi controllati dall'autorita' comunale. I prezzi non possono essere superiori a quelli comunemente praticati nel luogo in cui e' sito l'istituto. La rappresentanza indicata nel precedente comma, integrata da un delegato del direttore, scelto tra il personale civile dell'istituto, controlla qualita' e prezzi dei generi venduti nell'istituto.
Art. 10.
Permanenza all'aperto
((Ai soggetti che non prestano lavoro all'aperto e' consentito di permanere all'aria aperta per un tempo non inferiore alle quattro ore al giorno.
Per giustificati motivi la permanenza all'aperto puo' essere ridotta fino a due ore al giorno con provvedimento del direttore dell'istituto. Il provvedimento e' comunicato al provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e al magistrato di sorveglianza.
Gli spazi destinati alla permanenza all'aperto devono offrire possibilita' di protezione dagli agenti atmosferici.))
La permanenza all'aria aperta e' effettuata in gruppi a meno che non ricorrano i casi indicati nell'articolo 33 e nei numeri 4) e 5) dell'articolo 39 ed e' dedicata, se possibile, ad esercizi fisici.
Art. 11.
(( (Servizio sanitario).
1. Il servizio sanitario nazionale opera negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni nel rispetto della disciplina sul riordino della medicina penitenziaria.
2. Garantisce a ogni istituto un servizio sanitario rispondente alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e degli internati.
3. La carta dei servizi sanitari di cui al decreto legislativo 22 giugno 1999, n. 230, per i detenuti e gli internati, adottata da ogni azienda sanitaria locale nel cui ambito e' ubicato un istituto penitenziario, e' messa a disposizione dei detenuti e degli internati con idonei mezzi di pubblicita'.
4. Ove siano necessarie cure o accertamenti sanitari che non possono essere apprestati dai servizi sanitari presso gli istituti, gli imputati sono trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi o di cura, con provvedimento del giudice che procede. Se il giudice e' in composizione collegiale, il provvedimento e' adottato dal presidente. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari; provvede il pubblico ministero in caso di giudizio direttissimo e fino alla presentazione dell'imputato in udienza per la contestuale convalida dell'arresto in flagranza. Se e' proposto ricorso per cassazione, provvede il giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i condannati e gli internati provvede il magistrato di sorveglianza. Il provvedimento puo' essere modificato per sopravvenute ragioni di sicurezza ed e' revocato appena vengono meno le ragioni che lo hanno determinato.
5. Quando non vi sia pericolo di fuga, i detenuti e gli internati trasferiti in strutture sanitarie esterne di diagnosi e di cura possono non essere sottoposti a piantonamento durante la degenza, salvo che sia necessario per la tutela della incolumita' personale loro o altrui.
6. Il detenuto o l'internato che si allontana dal luogo di diagnosi o di cura senza giustificato motivo e' punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale.
7. All'atto dell'ingresso nell'istituto il detenuto e l'internato sono sottoposti a visita medica generale e ricevono dal medico informazioni complete sul proprio stato di salute. Nella cartella clinica il medico annota immediatamente ogni informazione relativa a segni o indici che facciano apparire che la persona possa aver subito violenze o maltrattamenti e, fermo l'obbligo di referto, ne da' comunicazione al direttore dell'istituto e al magistrato di sorveglianza. I detenuti e gli internati hanno diritto altresi' di ricevere informazioni complete sul proprio stato di salute durante il periodo di detenzione e all'atto della rimessione in liberta'. Durante la permanenza nell'istituto, l'assistenza sanitaria e' prestata con periodici riscontri, effettuati con cadenza allineata ai bisogni di salute del detenuto, e si uniforma ai principi di metodo proattivo, di globalita' dell'intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarieta' dei servizi e delle prestazioni, d'integrazione dell'assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuita' terapeutica.
8. Il medico del servizio sanitario garantisce quotidianamente la visita dei detenuti ammalati e di quelli che ne fanno richiesta quando risulta necessaria in base a criteri di appropriatezza clinica. L'Amministrazione penitenziaria assicura il completo espletamento delle attivita' sanitarie senza limiti orari che ne impediscono l'effettuazione. Il medico competente che effettua la sorveglianza sanitaria della struttura penitenziaria, secondo le disposizioni attuative del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, controlla l'idoneita' dei soggetti ai lavori cui sono addetti. In ogni istituto penitenziario per donne sono in funzione servizi speciali per l'assistenza sanitaria alle gestanti e alle puerpere.
9. Quando i detenuti e gli internati sono trasferiti e' loro garantita la necessaria continuita' con il piano terapeutico individuale in corso.
10. Ai detenuti e agli internati che, al momento della custodia cautelare in carcere o dell'esecuzione dell'ordine di carcerazione, abbiano in corso un programma terapeutico ai fini di cui alla legge 14 aprile 1982, n. 164, sono assicurati la prosecuzione del programma e il necessario supporto psicologico.
11. Nel caso di diagnosi anche sospetta di malattia contagiosa sono messi in atto tutti gli interventi di controllo per evitare insorgenza di casi secondari, compreso l'isolamento. Il direttore dell'istituto e' immediatamente informato dell'isolamento e ne da' comunicazione al magistrato di sorveglianza.
12. I detenuti e gli internati, possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un esercente di una professione sanitaria di loro fiducia. L'autorizzazione per gli imputati e' data dal giudice che procede, e per gli imputati dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, per i condannati e gli internati e' data dal direttore dell'istituto. Con le medesime forme possono essere autorizzati trattamenti medici, chirurgici e terapeutici da effettuarsi a spese degli interessati da parte di sanitari e tecnici di fiducia nelle infermerie o nei reparti clinici e chirurgici all'interno degli istituti, previ accordi con l'azienda sanitaria competente e nel rispetto delle indicazioni organizzative fornite dalla stessa.
13. Il direttore generale dell'azienda unita' sanitaria dispone la visita almeno due volte l'anno degli istituti di prevenzione e di pena, allo scopo di accertare, anche in base alle segnalazioni ricevute, l'adeguatezza delle misure di profilassi contro le malattie infettive e le condizioni igieniche e sanitarie degli istituti.
14. Il direttore generale dell'azienda unita' sanitaria riferisce al Ministero della salute e al Ministero della giustizia sulle visite compiute e sui provvedimenti da adottare, informando altresi' i competenti uffici regionali, comunali e il magistrato di sorveglianza. ))
Art. 11-bis.
(( (Comunicazioni al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni). ))
((1. Gli istituti penitenziari e gli istituti a custodia attenuata per detenute madri trasmettono semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro, con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della localita' di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso motivato, di adottare i provvedimenti di propria competenza.
2. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni nei medesimi istituti indicati, ai fini di cui al comma 1. Puo' procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.
3. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessita' che entrano in contatto con il minore di cui al comma 1 debbono riferire al piu' presto al direttore dell'istituto su condotte del genitore pregiudizievoli al minore medesimo. Il direttore dell'istituto ne da' immediata comunicazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni)).
Art. 12.
Attrezzature per attivita' di lavoro di istruzione e di ricreazione
Negli istituti penitenziari, secondo le esigenze del trattamento, sono approntate attrezzature per lo svolgimento di attivita' lavorative, di istruzione scolastica e professionale, ricreative, culturali e di ogni altra attivita' in comune.
Gli istituti devono inoltre essere forniti di una biblioteca costituita da libri e periodici, scelti dalla commissione prevista dal secondo comma dell'articolo 16.
Alla gestione del servizio di biblioteca partecipano rappresentanti dei detenuti e degli internati.
Capo III
MODALITA' DEL TRATTAMENTO
Art. 13.
Individualizzazione del trattamento
((Il trattamento penitenziario deve rispondere ai particolari bisogni della personalita' di ciascun soggetto, incoraggiare le attitudini e valorizzare le competenze che possono essere di sostegno per il reinserimento sociale.
Nei confronti dei condannati e degli internati e' predisposta l'osservazione scientifica della personalita' per rilevare le carenze psicofisiche o le altre cause che hanno condotto al reato e per proporre un idoneo programma di reinserimento.
Nell'ambito dell'osservazione e' offerta all'interessato l'opportunita' di una riflessione sul fatto criminoso commesso, sulle motivazioni e sulle conseguenze prodotte, in particolare per la vittima, nonche' sulle possibili azioni di riparazione.
L'osservazione e' compiuta all'inizio dell'esecuzione e proseguita nel corso di essa. Per ciascun condannato e internato, in base ai risultati dell'osservazione, sono formulate indicazioni in merito al trattamento rieducativo ed e' compilato il relativo programma, che e' integrato o modificato secondo le esigenze che si prospettano nel corso dell'esecuzione. La prima formulazione e' redatta entro sei mesi dall'inizio dall'esecuzione.
Le indicazioni generali e particolari del trattamento sono inserite, unitamente ai dati giudiziari, biografici e sanitari, nella cartella personale che segue l'interessato nei suoi trasferimenti e nella quale sono successivamente annotati gli sviluppi del trattamento praticato e i suoi risultati.))
Deve essere favorita la collaborazione dei condannati e degli internati alle attivita' di osservazione e di trattamento.
Art. 13-bis
(( (Trattamento psicologico per i condannati per reati sessuali, per maltrattamenti contro familiari o conviventi e per atti persecutori). ))
1. Le persone condannate per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-quater, 609-quinquies e 609-undecies del codice penale, ((nonche' agli articoli 572, 583-quinquies, 609-bis, 609-octies e 612-bis del medesimo codice)), possono sottoporsi a un trattamento psicologico con finalita' di recupero e di sostegno. La partecipazione a tale trattamento e' valutata ai sensi dell'articolo 4-bis, comma 1-quinquies, della presente legge ai fini della concessione dei benefici previsti dalla medesima disposizione.
((1-bis. Le persone condannate per i delitti di cui al comma 1 possono essere ammesse a seguire percorsi di reinserimento nella societa' e di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati, organizzati previo accordo tra i suddetti enti o associazioni e gli istituti penitenziari)).
Art. 14.
Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati
((I detenuti e gli internati hanno diritto di essere assegnati a un istituto quanto piu' vicino possibile alla stabile dimora della famiglia o, se individuabile, al proprio centro di riferimento sociale, salvi specifici motivi contrari.))
Il numero dei detenuti e degli internati negli istituti e nelle sezioni deve essere limitato e, comunque, tale da favorire l'individualizzazione del trattamento.
((L'assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilita' di procedere a trattamento rieducativo comune e all'esigenza di evitare influenze nocive reciproche.))
E' assicurata la separazione degli imputati dai condannati e internati, dei giovani al disotto dei venticinque anni dagli adulti, dei condannati dagli internati e dei condannati all'arresto dai condannati alla reclusione.
E' consentita, in particolari circostanze, l'ammissione di detenuti e di internati ad attivita' organizzate per categorie diverse da quelle di appartenenza.
((Le donne sono ospitate in istituti separati da quelli maschili o in apposite sezioni in numero tale da non compromettere le attivita' trattamentali.
Alle madri e' consentito di tenere presso di se' i figli fino all'eta' di tre anni. Per la cura e l'assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido.
L'assegnazione dei detenuti e degli internati, per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte della restante popolazione detenuta, in ragione solo dell'identita' di genere o dell'orientamento sessuale, deve avvenire, per categorie omogenee, in sezioni distribuite in modo uniforme sul territorio nazionale previo consenso degli interessati i quali, in caso contrario, saranno assegnati a sezioni ordinarie. E' in ogni caso garantita la partecipazione ad attivita' trattamentali, eventualmente anche insieme alla restante popolazione detenuta.))
Art. 14-bis
(((Regime di sorveglianza particolare).
1. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare
per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile anche piu' volte in misura non superiore ogni volta a tre mesi, i condannati, gli internati e gli imputati:
a) che con i loro comportamenti compromettono la sicurezza ovvero
turbano l'ordine negli istituti;
b) che con la violenza o minaccia impediscono le attivita' degli
altri detenuti o internati;
c) che nella vita penitenziaria si avvalgono dello stato di
soggezione degli altri detenuti nei loro confronti.
2. Il regime di cui al precedente comma 1 e' disposto con
provvedimento motivato dell'amministrazione penitenziaria previo parere del consiglio di disciplina, integrato da due degli esperti previsti dal quarto comma dell'articolo 80.
3. Nei confronti degli imputati il regime di sorveglianza
particolare e' disposto sentita anche l'autorita' giudiziaria che procede.
4. In caso di necessita' ed urgenza l'amministrazione puo' disporre
in via provvisoria la sorveglianza particolare prima dei pareri prescritti, che comunque devono essere acquisiti entro dieci giorni dalla data del provvedimento. Scaduto tale termine l'amministrazione, acquisiti i pareri prescritti, decide in via definitiva entro dieci giorni decorsi i quali, senza che sia intervenuta la decisione, il provvedimento provvisorio decade.
5. Possono essere sottoposti a regime di sorveglianza particolare,
fin dal momento del loro ingresso in istituto, i condannati, gli internati e gli imputati, sulla base di precedenti comportamenti penitenziari o di altri concreti comportamenti tenuti, indipendentemente dalla natura dell'imputazione, nello stato di liberta'. L'autorita' giudiziaria segnala gli eventuali elementi a sua conoscenza all'amministrazione penitenziaria che decide sull'adozione dei provvedimenti di sua competenza.
6. Il provvedimento che dispone il regime di cui al presente
articolo e' comunicato immediatamente al magistrato di sorveglianza ai fini dell'esercizio del suo potere di vigilanza)).
Art. 14-ter
(Reclamo).
1. Avverso il provvedimento che dispone o proroga il regime di
sorveglianza particolare puo' essere proposto dall'interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.((24))
2. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordinanza in camera di
consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo. ((24))
3. Il procedimento si svolge con la partecipazione del difensore e
del pubblico ministero. L'interessato e l'amministrazione penitenziaria possono presentare memorie. ((24))
4. Per quanto non diversamente disposto si applicano le
disposizioni del capo II-bis del titolo II.
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AGGIORNAMENTO (24)
La Corte Costituzionale con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 53 (in
G.U. 1a s.s. 24/02/1993, n. 9) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'14-ter, primo, secondo e terzo comma, e 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non consentono l'applicazione degli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso-premio.
Art. 14-quater
(Contenuti del regime di sorveglianza
particolare).
1. Il regime di sorveglianza particolare comporta le restrizioni
strettamente necessarie per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza, all'esercizio dei diritti dei detenuti e degli internati e alle regole di trattamento previste dall'ordinamento penitenziario.
((2. Per quanto concerne la corrispondenza dei detenuti, si
applicano le disposizioni dell'articolo 18-ter)).
3. Le restrizioni di cui ai commi precedenti sono motivatamente
stabilite nel provvedimento che dispone il regime di sorveglianza particolare.
4. In ogni caso le restrizioni non possono riguardare: l'igiene e
le esigenze della salute; il vitto; il vestiario ed il corredo; il possesso, l'acquisto e la ricezione di generi ed oggetti permessi dal regolamento interno, nei limiti in cui cio' non comporta pericolo per la sicurezza; la lettura di libri e periodici; le pratiche di culto; l'uso di apparecchi radio del tipo consentito; la permanenza all'aperto per almeno due ore al giorno salvo quanto disposto dall'articolo 10; i colloqui con i difensori, nonche' quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori, i fratelli.
5. Se il regime di sorveglianza particolare non e' attuabile
nell'istituto ove il detenuto o l'internato si trova, l'amministrazione penitenziaria puo' disporre, con provvedimento motivato, il trasferimento in altro istituto idoneo, con il minimo pregiudizio possibile per la difesa e per i familiari, dandone immediato avviso al magistrato di sorveglianza. Questi riferisce al Ministro in ordine ad eventuali casi di infondatezza dei motivi posti a base del trasferimento.
Art. 15.
Elementi del trattamento
((Il trattamento del condannato e dell'internato e' svolto avvalendosi principalmente dell'istruzione, della formazione professionale, del lavoro, della partecipazione a progetti di pubblica utilita', della religione, delle attivita' culturali, ricreative e sportive e agevolando opportuni contatti con il mondo esterno e i rapporti con la famiglia.))
Ai fini del trattamento rieducativo, salvo casi di impossibilita', al condannato e all'internato e' assicurato il lavoro.
Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attivita' educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorita' giudiziaria, a svolgere attivita' lavorativa di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adeguate alla loro posizione giuridica.
Art. 16.
Regolamento dell'istituto
In ciascun istituto il trattamento penitenziario e' organizzato
secondo le direttive che l'amministrazione penitenziaria impartisce con riguardo alle esigenze dei gruppi di detenuti ed internati ivi ristretti.
Le modalita' del trattamento da seguire in ciascun Istituto sono
disciplinate nel regolamento interno, che e' predisposto e modificato da una commissione composta dal magistrato di sorveglianza, che la presiede, dal direttore, dal medico, dal cappellano, dal preposto alle attivita' lavorative, da un educatore e da un assistente sociale. La commissione puo' avvalersi della collaborazione degli esperti indicati nel quarto comma dell'articolo 80.
Il regolamento interno disciplina, altresi', i controlli cui devono
sottoporsi tutti coloro che, a qualsiasi titolo, accedono all'istituto o ne escono.
Il regolamento interno e le sue modificazioni sono approvati dal
Ministro per la grazia e giustizia.
Art. 17.
Partecipazione della comunita' esterna all'azione rieducativa
La finalita' del reinserimento sociale dei condannati e degli
internati deve essere perseguita anche sollecitando ed organizzando la partecipazione di privati e di istituzioni o associazioni pubbliche o private all'azione rieducativa.
Sono ammessi a frequentare gli istituti penitenziari con
l'autorizzazione e secondo le direttive del magistrato di sorveglianza, su parere favorevole del direttore, tutti coloro che avendo concreto interesse per l'opera di risocializzazione dei detenuti dimostrino di potere utilmente promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunita' carceraria e la societa' libera.
Le persone indicate nel comma precedente operano sotto il controllo
del direttore.
Art. 18.
Colloqui, corrispondenza e informazione
I detenuti e gli internati sono ammessi ad avere colloqui e corrispondenza con i congiunti e con altre persone, ((...)) anche al fine di compiere atti giuridici.
((I detenuti e gli internati hanno diritto di conferire con il difensore, fermo quanto previsto dall'articolo 104 del codice di procedura penale, sin dall'inizio dell'esecuzione della misura o della pena. Hanno altresi' diritto di avere colloqui e corrispondenza con i garanti dei diritti dei detenuti.))
I colloqui si svolgono in appositi locali sotto il controllo a vista e non auditivo del personale di custodia. ((I locali destinati ai colloqui con i familiari favoriscono, ove possibile, una dimensione riservata del colloquio e sono collocati preferibilmente in prossimita' dell'ingresso dell'istituto. Particolare cura e' dedicata ai colloqui con i minori di anni quattordici.))
Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari.
L'amministrazione penitenziaria pone a disposizione dei detenuti e degli internati, che ne sono sprovvisti, gli oggetti di cancelleria necessari per la corrispondenza.
Puo' essere autorizzata nei rapporti con i familiari e, in casi particolari, con terzi, corrispondenza telefonica con le modalita' e le cautele previste dal regolamento.
I detenuti e gli internati sono autorizzati a tenere presso di se' i quotidiani, i periodici e i libri in libera vendita all'esterno e ad avvalersi di altri mezzi di informazione.
((Ogni detenuto ha diritto a una libera informazione e di esprimere le proprie opinioni, anche usando gli strumenti di comunicazione disponibili e previsti dal regolamento.
L'informazione e' garantita per mezzo dell'accesso a quotidiani e siti informativi con le cautele previste dal regolamento.))
COMMA ABROGATO DALLA L. 8 APRILE 2004, N. 95.
((Salvo quanto disposto dall'articolo 18-bis, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, i permessi di colloquio, le autorizzazioni alla corrispondenza telefonica e agli altri tipi di comunicazione sono di competenza dell'autorita' giudiziaria che procede individuata ai sensi dell'articolo 11, comma 4. Dopo la pronuncia della sentenza di primo grado provvede il direttore dell'istituto.))
COMMA ABROGATO DALLA L. 8 APRILE 2004, N. 95.
(32)
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AGGIORNAMENTO (32)
La Corte Costituzionale con sentenza 19 giugno-3 luglio 1997, n. 212 (in G.U. 1a s.s. 09/07/1997, n. 28) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come sostituito dall'art. 2 della legge 12 gennaio 1977, n. 1 (Modificazioni alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario, e all'art. 385 del codice penale), e modificato dall'art. 4 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta' personale), nella parte in cui non prevede che il detenuto condannato in via definitiva ha diritto di conferire con il difensore fin dall'inizio dell'esecuzione della pena.
Art. 18-bis
(Colloqui a fini investigativi).
1. Il personale della Direzione investigativa antimafia di cui all'articolo 3 del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, nella legge 30 dicembre 1991, n. 410, e dei servizi centrali e interprovinciali di cui all'articolo 12 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, nonche' gli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili, a livello centrale, delle predetta Direzione e dei predetti servizi, hanno facolta' di visitare gli istituti penitenziari e possono essere autorizzati, a norma del comma 2, del presente articolo, ad avere colloqui personali con detenuti e internati, al fine di acquisire informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti di criminalita' organizzata.
1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai responsabili di livello almeno provinciale degli uffici o reparti della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri competenti per lo svolgimento di indagini in materia di terrorismo, nonche' agli ufficiali di polizia giudiziaria designati dai responsabili di livello centrale e, limitatamente agli aspetti connessi al finanziamento del terrorismo, a quelli del Corpo della guardia di finanza, designati dal responsabile di livello centrale, al fine di acquisire dai detenuti o dagli internati informazioni utili per la prevenzione e repressione dei delitti commessi per finalita' di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico.
2. Al personale di polizia indicato nei commi 1 e 1-bis, l'autorizzazione ai colloqui e' rilasciata:
a) quando si tratta di internati, di condannati o di imputati, dal Ministro di grazia e giustizia o da un suo delegato;
b) quando si tratta di persone sottoposte ad indagini, dal pubblico ministero.
3. Le autorizzazioni ai colloqui indicate nel comma 2 sono anno- tate in apposito registro riservato tenuto presso l'autorita' competente al rilascio.
4. In casi di particolare urgenza, attestati con provvedimento del Ministro dell'interno o, per sua delega, dal Capo della Polizia, l'autorizzazione prevista nel comma 2, lettera a), non e' richiesta, e del colloquio e' data immediata comunicazione all'autorita' ivi indicata, che provvede all'annotazione nel registro riservato di cui al comma 3.
5. La facolta' di procedere a colloqui personali con detenuti e internati e' attribuita, senza necessita' di autorizzazione, altresi' al Procuratore nazionale antimafia ((e antiterrorismo)) ai fini dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento previste dall'articolo 371-bis del codice di procedura penale; al medesimo Procuratore nazionale antimafia sono comunicati i provvedimenti di cui ai commi 2 e 4, qualora concernenti colloqui con persone sottoposte ad indagini, imputate o condannate per taluno dei delitti indicati ((nell'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater)), del codice di procedura penale.
Art. 18-ter
(Limitazioni e controlli della corrispondenza).
1. Per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi:
a) limitazioni nella corrispondenza epistolare e telegrafica e nella ricezione della stampa;
b) la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo;
c) il controllo del contenuto delle buste che racchiudono la corrispondenza, senza lettura della medesima.
2. Le disposizioni del comma 1 non si applicano qualora la corrispondenza epistolare o telegrafica sia indirizzata ai soggetti indicati nel comma 5 dell'articolo 103 del codice di procedura penale, all'autorita' giudiziaria, alle autorita' indicate nell'articolo 35 della presente legge, ai membri del Parlamento, alle Rappresentanze diplomatiche o consolari dello Stato di cui gli interessati sono cittadini ed agli organismi internazionali amministrativi o giudiziari preposti alla tutela dei diritti dell'uomo di cui l'Italia fa parte.
3. I provvedimenti previsti dal comma 1 sono adottati con decreto motivato, su richiesta del pubblico ministero o su proposta del direttore dell'istituto:
((a) nei confronti dei condannati e degli internati, dal magistrato di sorveglianza;
b) nei confronti degli imputati, dal giudice indicato nell'articolo 279 del codice di procedura penale; se procede un giudice in composizione collegiale, il provvedimento e' adottato dal presidente del collegio o della corte di assise.))
4. L'autorita' giudiziaria indicata nel comma 3, nel disporre la sottoposizione della corrispondenza a visto di controllo, se non ritiene di provvedere direttamente, puo' delegare il controllo al direttore o ad un appartenente all'amministrazione penitenziaria designato dallo stesso direttore.
5. Qualora, in seguito al visto di controllo, l'autorita' giudiziaria indicata nel comma 3 ritenga che la corrispondenza o la stampa non debba essere consegnata o inoltrata al destinatario, dispone che la stessa sia trattenuta. Il detenuto e l'internato vengono immediatamente informati.
6. Contro i provvedimenti previsti dal comma 1 e dal comma 5 puo' essere proposto reclamo, secondo la procedura prevista dall'articolo 14-ter, al tribunale di sorveglianza, se il provvedimento e' emesso dal magistrato di sorveglianza, ovvero, negli altri casi, al tribunale nel cui circondario ha sede il giudice che ha emesso il provvedimento. Del collegio non puo' fare parte il giudice che ha emesso il provvedimento. Per quanto non diversamente disposto dal presente comma si applicano le disposizioni dell'articolo 666 del codice di procedura penale.
7. Nel caso previsto dalla lettera c) del comma 1, l'apertura delle buste che racchiudono la corrispondenza avviene alla presenza del detenuto o dell'internato.
Art. 19.
Istruzione
Negli istituti penitenziari la formazione culturale e professionale, e' curata mediante l'organizzazione de corsi della scuola d'obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e cui l'ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti.
Particolare cura e' dedicata alla formazione culturale e professionale dei detenuti di eta' inferiore a venticinque anni.
((Tramite la programmazione di iniziative specifiche, e' assicurata parita' di accesso delle donne detenute e internate alla formazione culturale e professionale.
Speciale attenzione e' dedicata all'integrazione dei detenuti stranieri anche attraverso l'insegnamento della lingua italiana e la conoscenza dei principi costituzionali.))
Con le procedure previste dagli ordinamenti scolastici possono essere istituite scuole di istruzione secondaria di secondo grado negli istituti penitenziari.
((Sono agevolati la frequenza e il compimento degli studi universitari e tecnici superiori, anche attraverso convenzioni e protocolli d'intesa con istituzioni universitarie e con istituti di formazione tecnica superiore, nonche' l'ammissione di detenuti e internati ai tirocini di cui alla legge 28 giugno 2012, n. 92.))
E' favorito l'accesso alle pubblicazioni contenute nella biblioteca, con piena liberta' di scelta delle letture.
Art. 20.
(( (Lavoro).
1. Negli istituti penitenziari e nelle strutture ove siano eseguite misure privative della liberta' devono essere favorite in ogni modo la destinazione dei detenuti e degli internati al lavoro e la loro partecipazione a corsi di formazione professionale. A tal fine, possono essere organizzati e gestiti, all'interno e all'esterno dell'istituto, lavorazioni e servizi attraverso l'impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati. Possono, altresi', essere istituite lavorazioni organizzate e gestite direttamente da enti pubblici o privati e corsi di formazione professionale organizzati e svolti da enti pubblici o privati.
2. Il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed e' remunerato.
3. L'organizzazione e i metodi del lavoro penitenziario devono riflettere quelli del lavoro nella societa' libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale.
4. Presso ogni istituto penitenziario e' istituita una commissione composta dal direttore o altro dirigente penitenziario delegato, dai responsabili dell'area sicurezza e dell'area giuridico-pedagogica, dal dirigente sanitario della struttura penitenziaria, da un funzionario dell'ufficio per l'esecuzione penale esterna, dal direttore del centro per l'impiego o da un suo delegato, da un rappresentante sindacale unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale e un rappresentante unitariamente designato dalle organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative a livello territoriale. Per ogni componente viene indicato un supplente. La commissione delibera a maggioranza dei presenti. Ai componenti della commissione non spetta la corresponsione di alcun compenso, gettoni di presenza, indennita', rimborsi spese e altri emolumenti comunque denominati.
5. La commissione di cui al comma 4, dandone adeguata pubblicita', provvede a:
a) formare due elenchi, uno generico e l'altro per qualifica, per l'assegnazione al lavoro dei detenuti e degli internati, tenendo conto esclusivamente dell'anzianita' di disoccupazione maturata durante lo stato di detenzione e di internamento, dei carichi familiari e delle abilita' lavorative possedute, e privilegiando, a parita' di condizioni, i condannati, con esclusione dei detenuti e degli internati sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'articolo 14-bis;
b) individuare le attivita' lavorative o i posti di lavoro ai quali, per motivi di sicurezza, sono assegnati detenuti o internati, in deroga agli elenchi di cui alla lettera a);
c) stabilire criteri per l'avvicendamento nei posti di lavoro alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, nel rispetto delle direttive emanate dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
6. Alle riunioni della commissione partecipa, senza potere deliberativo, un rappresentante dei detenuti e degli internati.
7. Resta salvo il potere del direttore di derogare, per specifiche ragioni di sicurezza, ai criteri di assegnazione al lavoro di cui al comma 5, lettera a).
8. Gli organi centrali e territoriali dell'amministrazione penitenziaria stipulano apposite convenzioni di inserimento lavorativo con soggetti pubblici o privati o cooperative sociali interessati a fornire opportunita' di lavoro a detenuti o internati. Le convenzioni disciplinano l'oggetto e le condizioni di svolgimento dell'attivita' lavorativa, la formazione e il trattamento retributivo, senza oneri a carico della finanza pubblica. Le proposte di convenzione sono pubblicate a cura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sul proprio sito istituzionale. I soggetti privati disponibili ad accettare le proposte di convenzione trasmettono al Dipartimento i relativi progetti di intervento unitamente al curriculum dell'ente. I progetti e i curriculum sono pubblicati a cura del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sul proprio sito istituzionale. Della convenzione stipulata e' data adeguata pubblicita' con le forme previste dal presente comma. Agli operatori privati, che agiscono per conto degli enti menzionati al primo periodo, si applica l'articolo 78.
9. Le direzioni degli istituti penitenziari, in deroga alle norme di contabilita' generale dello Stato e di quelle di contabilita' speciale e previa autorizzazione del Ministro della giustizia, possono vendere prodotti delle lavorazioni penitenziarie o rendere servizi attraverso l'impiego di prestazioni lavorative dei detenuti e degli internati a prezzo pari o anche inferiore al loro costo, tenuto conto, per quanto possibile, dei prezzi praticati per prodotti o servizi corrispondenti nella zona in cui e' situato l'istituto.
10. I proventi delle manifatture carcerarie e il corrispettivo dei servizi, prodotti o forniti dall'amministrazione penitenziaria impiegando l'attivita' lavorativa dei detenuti e degli internati, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere annualmente riassegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, all'apposito capitolo del Ministero della giustizia, allo scopo di promozione e sviluppo della formazione professionale e del lavoro dei detenuti e degli internati.
11. I detenuti e gli internati, in considerazione delle loro attitudini, possono essere ammessi a esercitare, per proprio conto, attivita' artigianali, intellettuali o artistiche, nell'ambito del programma di trattamento.
12. I detenuti e gli internati possono essere ammessi a esercitare attivita' di produzione di beni da destinare all'autoconsumo, anche in alternativa alla normale attivita' lavorativa. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalita' di svolgimento dell'attivita' in autoconsumo, anche mediante l'uso di beni e servizi dell'amministrazione penitenziaria.
13. La durata delle prestazioni lavorative non puo' superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e sono garantiti il riposo festivo, il riposo annuale retribuito e la tutela assicurativa e previdenziale. Ai detenuti e agli internati che frequentano i corsi di formazione professionale e svolgono i tirocini e' garantita, nei limiti degli stanziamenti regionali, la tutela assicurativa e ogni altra tutela prevista dalle disposizioni vigenti.
14. Agli effetti della presente legge, per la costituzione e lo svolgimento di rapporti di lavoro nonche' per l'assunzione della qualita' di socio nelle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, non si applicano le incapacita' derivanti da condanne penali o civili.
15. Entro il 31 marzo di ogni anno il Ministro della giustizia trasmette al Parlamento una analitica relazione circa lo stato di attuazione delle disposizioni di legge relative al lavoro dei detenuti nell'anno precedente.))
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AGGIORNAMENTO (46)
La Corte Costituzionale con sentenza 10-22 maggio 2001, n. 158 (in G.U. 1a s.s. 23/05/2001, n. 20) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 20, sedicesimo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), nella parte in cui non riconosce il diritto al riposo annuale retribuito al detenuto che presti la propria attivita' lavorativa alle dipendenze dell'amministrazione carceraria.
Art. 20-bis
(Modalita' di organizzazione del lavoro).
1. Il provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria puo' affidare, con contratto d'opera, la direzione tecnica delle lavorazioni a persone estranee all'Amministrazione penitenziaria, le quali curano anche la specifica formazione dei responsabili delle lavorazioni e concorrono alla qualificazione professionale dei detenuti, d'intesa con la regione. Possono essere inoltre istituite, a titolo sperimentale, nuove lavorazioni, avvalendosi, se necessario, dei servizi prestati da imprese pubbliche o private ed acquistando le relative progettazioni.
2. L'Amministrazione penitenziaria, inoltre, ((...)) promuove la vendita dei prodotti delle lavorazioni penitenziarie anche mediante apposite convenzioni da stipulare con imprese pubbliche o private, che abbiano una propria rete di distribuzione commerciale.
3. Previo assenso della direzione dell'istituto, i privati che commissionano forniture all'Amministrazione penitenziaria possono, in deroga alle norme di contabilita' generale dello Stato e a quelle di contabilita' speciale, effettuare pagamenti differiti, secondo gli usi e le consuetudini vigenti.
4. Sono abrogati l'articolo 1 della legge 3 luglio 1942, n. 971 , e l'articolo 611 delle disposizioni approvate con regio decreto 16 maggio 1920, n. 1908.
Art. 20-ter
(( (Lavoro di pubblica utilita').
1. I detenuti e gli internati possono chiedere di essere ammessi a prestare la propria attivita' a titolo volontario e gratuito nell'ambito di progetti di pubblica utilita', tenendo conto anche delle specifiche professionalita' e attitudini lavorative.
2. La partecipazione ai progetti puo' consistere in attivita' da svolgersi a favore di amministrazioni dello Stato, regioni, province, comuni, comunita' montane, unioni di comuni, aziende sanitarie locali, enti o organizzazioni, anche internazionali, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato, sulla base di apposite convenzioni stipulate ai sensi dell'articolo 47, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230. Le attivita' relative ai progetti possono svolgersi anche all'interno degli istituti penitenziari e non possono in alcun caso avere ad oggetto la gestione o l'esecuzione dei servizi d'istituto.
3. Le attivita' di cui al comma 2 possono essere organizzate dall'amministrazione penitenziaria anche affidando la direzione tecnica a persone estranee all'amministrazione, ai sensi dell'articolo 20-bis.
4. La partecipazione a progetti di pubblica utilita' deve svolgersi con modalita' che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dei condannati e degli internati.
5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 21, comma 4, e, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, nonche' quelle del decreto del Ministro della giustizia 26 marzo 2001.
6. I detenuti e gli internati per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste non possono essere assegnati a prestare la propria attivita' all'esterno dell'istituto. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro di pubblica utilita' svolto all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'articolo 15. Se si tratta di detenuti e internati per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis, diversi da quelli indicati al primo periodo, ai fini di cui all'articolo 21, comma 4, per l'assegnazione al lavoro di pubblica utilita' svolto all'esterno il magistrato di sorveglianza tiene prioritariamente conto delle esigenze di prevenire il pericolo di commissione di altri reati, della natura del reato commesso, della condotta tenuta, nonche' del significativo rapporto tra la pena espiata e la pena residua.
7. Il numero e la qualita' dei progetti di pubblica utilita' promossi dagli istituti penitenziari costituiscono titolo di priorita' nell'assegnazione agli stessi dei fondi di cui all'articolo 2, comma 2, lettere a) e d), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 aprile 2017, n. 102, nei termini e secondo le modalita' stabilite dalle apposite disposizioni di attuazione adottate dalla Cassa delle ammende.))
Art. 21.
(Lavoro all'esterno).
1. I detenuti e gli internati possono essere assegnati al lavoro all'esterno in condizioni idonee a garantire l'attuazione positiva degli scopi previsti dall'articolo 15. Tuttavia, se si tratta di persona condannata alla pena della reclusione per uno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1quater dell'articolo 4- bis, l'assegnazione al lavoro all'esterno puo' essere disposta dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena e, comunque, di non oltre cinque anni. Nei confronti dei condannati all'ergastolo l'assegnazione puo' avvenire dopo l'espiazione di almeno dieci anni.
2. I detenuti e gli internati assegnati al lavoro all'esterno sono avviati a prestare la loro opera senza scorta, salvo che essa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza. Gli imputati sono ammessi al lavoro all'esterno previa autorizzazione della competente autorita' giudiziaria.
3. Quando si tratta di imprese private, il lavoro deve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell'istituto a cui il detenuto o l'internato e' assegnato, la quale puo' avvalersi a tal fine del personale dipendente e del servizio sociale.
4. Per ciascun condannato o internato il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno diviene esecutivo dopo l'approvazione del magistrato di sorveglianza.
4-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti e ((la disposizione di cui al secondo periodo del comma 13 dell'articolo 20)) si applicano anche ai detenuti ed agli internati ammessi a frequentare corsi di formazione professionale all'esterno degli istituti penitenziari.
4-ter. ((PERIODO SOPPRESSO DAL D.LGS. 2 OTTOBRE 2018, N. 124)) I detenuti e gli internati possono essere ((...)) assegnati a prestare la propria attivita' a titolo volontario e gratuito a sostegno delle famiglie delle vittime dei reati da loro commessi. L'attivita' e' in ogni caso svolta con modalita' che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dei detenuti e degli internati. Sono esclusi dalle previsioni del presente comma i detenuti e gli internati per il delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale e per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni in esso previste. Si applicano, in quanto compatibili, le modalita' previste nell'articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
Art. 21-bis
(Assistenza all'esterno dei figli minori).
1. Le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e all'assistenza all'esterno dei figli di eta' non superiore agli anni dieci, alle condizioni previste dall'articolo 21.
2. Si applicano tutte le disposizioni relative al lavoro all'esterno, in particolare l'articolo 21, in quanto compatibili.
3. La misura dell'assistenza all'esterno puo' essere concessa, alle stesse condizioni, anche al padre detenuto, se la madre e' deceduta o impossibilitata e non vi e' modo di affidare la prole ad altri che al padre.
((89))
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AGGIORNAMENTO (89)
La Corte Costituzionale , con sentenza 4 - 23 luglio 2018, n. 174 (in G.U. 1ª s.s. 25/7/2018, n. 30) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 21-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui, attraverso il rinvio al precedente art. 21, con riferimento alle detenute condannate alla pena della reclusione per uno dei delitti di cui all'art. 4-bis, commi 1, 1-ter e 1-quater, della legge n. 354 del 1975, non consente l'accesso all'assistenza all'esterno dei figli di eta' non superiore agli anni dieci oppure lo subordina alla previa espiazione di una frazione di pena, salvo che sia stata accertata la sussistenza delle condizioni previste dall'art. 58-ter della medesima legge".
Art. 21-ter.
(Visite al minore infermo ((o al figlio, al coniuge o convivente affetto da handicap in situazione di gravita')) ).
1. In caso di imminente pericolo di vita o di gravi condizioni di salute del figlio minore, anche non convivente, ((ovvero nel caso in cui il figlio sia affetto da handicap in situazione di gravita', ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge,)) la madre condannata, imputata o internata, ovvero il padre che versi nelle stesse condizioni della madre, sono autorizzati, con provvedimento del magistrato di sorveglianza o, in caso di assoluta urgenza, del direttore dell'istituto, a recarsi, con le cautele previste dal regolamento, a visitare l'infermo ((o il figlio affetto da handicap grave)). In caso di ricovero ospedaliero, le modalita' della visita sono disposte tenendo conto della durata del ricovero e del decorso della patologia.
2. La condannata, l'imputata o l'internata madre di un bambino di eta' inferiore a dieci anni, anche se con lei non convivente, ((o di figlio affetto da handicap in situazione di gravita', ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, accertata ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge,)) ovvero il padre condannato, imputato o internato, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, sono autorizzati, con provvedimento da rilasciarsi da parte del giudice competente non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data della visita e con le modalita' operative dallo stesso stabilite, ad assistere il figlio durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute.
((2-bis. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche nel caso di coniuge o convivente affetto da handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104)).
Art. 22.
(( (Determinazione della remunerazione).
1. La remunerazione per ciascuna categoria di detenuti e internati che lavorano alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria e' stabilita, in relazione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato, in misura pari ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi.))
Art. 23.
Remunerazione e assegni familiari
COMMA ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663.
COMMA ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663.
COMMA ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663.
Ai detenuti e agli internati che lavorano sono dovuti, per le
persone a carico, gli assegni familiari nella misura e secondo le modalita' di legge.
Gli assegni familiari sono versati direttamente alle persone a
carico con le modalita' fissate dal regolamento. ((20))
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AGGIORNAMENTO (20)
La Corte Costituzionale con sentenza 3-18 febbraio 1992, n. 49 (in
G.U. 1a s.s. 26/02/1992, n. 9) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui stabilisce una riduzione dei tre decimi della mercede corrisposta per il lavoro dei detenuti da versarsi alla Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime dei delitti e, dopo la sua soppressione, alle regioni ed agli enti locali (province e comuni).
Art. 24.
Pignorabilita' e sequestrabilita' della remunerazione
Sulla remunerazione spettante ai condannati sono prelevate le somme
dovute a titolo di risarcimento del danno e di rimborso delle spese di procedimento. Sulla remunerazione spettante ai condannati ed agli internati sono altresi' prelevate le somme dovute ai sensi del secondo e del terzo comma dell'articolo 2.
In ogni caso deve essere riservata a favore dei condannati una
quota pari a tre quinti. Tale quota non e' soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.
La remunerazione dovuta agli internati e agli imputati non e'
soggetta a pignoramento o a sequestro, salvo che per obbligazioni derivanti da alimenti, o a prelievo per il risarcimento del danno arrecato alle cose mobili o immobili dell'amministrazione.
Art. 25.
Peculio
Il peculio dei detenuti e degli internati e' costituito dalla parte
della remunerazione ad essi riservata ai sensi del precedente articolo, dal danaro posseduto all'atto dell'ingresso in istituto, da quello ricavato dalla vendita degli oggetti di loro proprieta' o inviato dalla famiglia e da altri o ricevuto a titolo di premio o di sussidio.
Le somme costituite in peculio producono a favore dei titolari
interessi legali.
Il peculio e' tenuto in deposito dalla direzione dell'istituto.
Il regolamento deve prevedere le modalita' del deposito e stabilire
la parte di peculio disponibile dai detenuti e dagli internati per acquisti autorizzati di oggetti personali o invii ai familiari o conviventi, e la parte da consegnare agli stessi all'atto della dimissione dagli istituti.
Art. 25-bis
(Commissioni regionali per il lavoro penitenziario).
1. Sono istituite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario. ((Esse sono presiedute dal provveditore regionale dell'amministrazione penitenziaria e sono composte dal dirigente del centro per la giustizia minorile, dal direttore dell'ufficio interdistrettuale dell'esecuzione penale esterna, dai rappresentanti, in sede locale, delle associazioni imprenditoriali e delle associazioni cooperative, dai rappresentanti della regione che operino nel settore del lavoro e della formazione professionale e da un rappresentante di ANPAL. Ai componenti delle commissioni, come sopra individuate, non spetta la corresponsione di alcun compenso, gettoni di presenza, indennita', rimborsi spese e altri emolumenti comunque denominati.))
2. Le lavorazioni penitenziarie sono organizzate, sulla base di direttive, dai provveditorati regionali dell'Amministrazione penitenziaria, sentite le commissioni regionali per il lavoro penitenziario nonche' le direzioni dei singoli istituti.
3. I posti di lavoro a disposizione della popolazione penitenziaria devono essere quantitativamente e qualitativamente dimensionati alle effettive esigenze di ogni singolo istituto. Essi sono fissati in una tabella predisposta dalla direzione dell'istituto, nella quale sono separatamente elencati i posti relativi alle lavorazioni interne industriali, agricole ed ai servizi di istituto.
4. Nella tabella di cui al comma 3 sono altresi' indicati i posti di lavoro disponibili all'esterno presso imprese pubbliche o private o associazioni cooperative nonche' i posti relativi alle produzioni che imprese private o associazioni cooperative intendono organizzare e gestire direttamente all'interno degli istituti.
5. Annualmente la direzione dell'istituto elabora ed indica il piano di lavoro in relazione al numero dei detenuti, all'organico del personale civile e di polizia penitenziaria disponibile e alle strutture produttive.
6. La tabella, che puo' essere modificata secondo il variare della situazione, ed il piano di lavoro annuale sono approvati dal provveditore regionale dell'Amministrazione penitenziaria, sentita la commissione regionale per il lavoro penitenziario.
7. Nel regolamento di ciascun istituto sono indicate le attivita' lavorative che possono avere esecuzione in luoghi a sicurezza attenuata.
Art. 25-ter
(( (Assistenza per l'accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali).
1. L'amministrazione penitenziaria e' tenuta a rendere disponibile a favore dei detenuti e degli internati, anche attraverso apposite convenzioni non onerose con enti pubblici e privati, un servizio di assistenza all'espletamento delle pratiche per il conseguimento di prestazioni assistenziali e previdenziali e l'erogazione di servizi e misure di politica attiva del lavoro.))
Art. 26.
Religione e pratiche di culto
I detenuti e gli internati hanno liberta' di professare la propria
fede religiosa, di istruirsi in essa e di praticarne il culto.
Negli istituti e' assicurata la celebrazione dei riti del culto
cattolico.
A ciascun istituto e' addetto almeno un cappellano.
Gli appartenenti a religione diversa dalla cattolica hanno diritto
di ricevere, su loro richiesta, l'assistenza dei ministri del proprio culto e di celebrarne i riti. ((48))
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AGGIORNAMENTO (48)
Il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall'avviso di
rettifica ha conseguentemente disposto la reintroduzione del presente articolo.
Art. 27.
Attivita' culturali, ricreative e sportive
Negli istituti devono essere favorite e organizzate attivita' culturali, sportive e ricreative e ogni altra attivita' volta alla realizzazione della personalita' dei detenuti e degli internati, anche nel quadro del trattamento rieducativo.
Una commissione composta dal direttore dell'istituto, dagli educatori ((, dagli assistenti sociali, dai mediatori culturali che operano nell'istituto ai sensi dell'articolo 80, quarto comma,)) e dai rappresentanti dei detenuti e degli internati cura la organizzazione delle attivita' di cui al precedente comma, anche mantenendo contatti con il mondo esterno utili al reinserimento sociale.
Art. 28.
Rapporti con la famiglia
Particolare cura e' dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire
le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie.
Art. 29.
Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle malattie e dei decessi
I detenuti e gli internati sono posti in grado d'informare
immediatamente i congiunti e le altre persone da essi eventualmente indicate del loro ingresso in un istituto penitenziario o dell'avvenuto trasferimento.
In caso di decesso o di grave infermita' fisica o psichica di un
detenuto o di un internato, deve essere data tempestiva notizia ai congiunti ed alle altre persone eventualmente da lui indicate; analogamente i detenuti e gli internati devono essere tempestivamente informati del decesso o della grave infermita' delle persone di cui al comma precedente.
Art. 30.
Permessi
Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, ai condannati e agli internati puo' essere concesso dal magistrato di sorveglianza il permesso di recarsi a visitare, con le cautele previste dal regolamento, l'infermo. ((Agli imputati il permesso e' concesso dall'autorita' giudiziaria competente a disporre il trasferimento in luoghi esterni di cura ai sensi dell'articolo 11.))
Analoghi permessi possono essere concessi eccezionalmente per eventi familiari di particolare gravita'.
Il detenuto che non rientra in istituto allo scadere del permesso senza giustificato motivo, se l'assenza si protrae per oltre tre ore e per non piu' di dodici, e' punito in via disciplinare; se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, e' punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale ed e' applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dalla scadenza del permesso senza giustificato motivo e' punito in via disciplinare.
Art. 30-bis
(Provvedimenti e reclami in materia di permessi).
Prima di pronunciarsi sull'istanza di permesso, l'autorita'
competente deve assumere informazioni sulla sussistenza dei motivi addotti, a mezzo delle autorita' di pubblica sicurezza, anche del luogo in cui l'istante chiede di recarsi.
La decisione sull'istanza e' adottata con provvedimento motivato.
Il provvedimento e' comunicato immediatamente senza formalita',
anche a mezzo del telegrafo o del telefono, al pubblico ministero e all'interessato, i quali, entro ventiquattro ore dalla comunicazione, possono proporre reclamo, se il provvedimento e' stato emesso dal magistrato di sorveglianza, alla sezione di sorveglianza, o, se il provvedimento e' stato emesso da altro organo giudiziario, alla corte di appello.
La sezione di sorveglianza o la corte di appello, assunte, se del
caso, sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo dandone immediata comunicazione ai sensi del comma precedente.
Il magistrato di sorveglianza, o il presidente della corte
d'appello, non fa parte del collegio che decide sul reclamo avverso il provvedimento da lui emesso.
Quando per effetto della disposizione contenuta nel precedente
comma non e' possibile comporre la sezione di sorveglianza con i magistrati di sorveglianza del distretto, si procede all'integrazione della sezione ai sensi dell'articolo 68, terzo e quarto comma.
L'esecuzione del permesso e' sospesa sino alla scadenza del termine
stabilito dal terzo comma e durante il procedimento previsto dal quarto comma, sino alla scadenza del termine ivi previsto.
Le disposizioni del comma precedente non si applicano ai permessi
concessi ai sensi del primo comma dell'articolo 30. In tale caso e' obbligatoria la scorta.
Il procuratore generale presso la corte d'appello e' informato dei
permessi concessi e del relativo esito, con relazione trimestrale, degli organi che li hanno rilasciati.((24))
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AGGIORNAMENTO (24)
La Corte Costituzionale con sentenza 8-16 febbraio 1993, n. 53 (in
G.U. 1a s.s. 24/02/01993, n. 9) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'14-ter, primo, secondo e terzo comma, e 30-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non consentono l'applicazione degli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale nel procedimento di reclamo avverso il decreto del magistrato di sorveglianza che esclude dal computo della detenzione il periodo trascorso in permesso-premio.
Art. 30-ter
(Permessi premio).
1. Ai condannati che hanno tenuto regolare condotta ai sensi del successivo comma 8 e che non risultano socialmente pericolose, il magistrato di sorveglianza, sentito il direttore dell'istituto, puo' concedere permessi premio di durata non superiore ogni volta a quindici giorni per consentire di coltivare interessi affettivi, culturali o di lavoro. La durata dei permessi non puo' superare complessivamente quarantacinque giorni in ciascun anno di espiazione.
1-bis. COMMA SOPPRESSO DAL D.L. 13 MAGGIO 1991, N. 152, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 12 LUGLIO 1991, N. 203.
2. Per i condannati minori di eta' la durata dei permessi premio non puo' superare ogni volta i ((trenta)) giorni e la durata complessiva non puo' eccedere i ((cento)) giorni in ciascun anno di espiazione.
3. L'esperienza dei permessi premio e' parte integrante del programma di trattamento e deve essere seguita dagli educatori e assistenti sociali penitenziari in collaborazione con gli operatori sociali del territorio. (30)
4. La concessione dei permessi e' ammessa:
((a) nei confronti dei condannati all'arresto o alla reclusione non superiore a quattro anni anche se congiunta all'arresto;
b) nei confronti dei condannati alla reclusione superiore a quattro anni, salvo quanto previsto dalla lettera c), dopo l'espiazione di almeno un quarto della pena));
c) nei confronti dei condannati alla reclusione per taluno dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater dell'articolo 4-bis, dopo l'espiazione di almeno meta' della pena e, comunque, di non oltre dieci anni; (37)
d) nei confronti dei condannati all'ergastolo, dopo l'espiazione di almeno dieci anni.
5. Nei confronti dei soggetti che durante l'espiazione della pena o delle misure restrittive hanno riportato condanna o sono imputati per delitto doloso commesso durante l'espiazione della pena o l'esecuzione di una misura restrittiva della liberta' personale, la concessione e' ammessa soltanto decorsi due anni dalla commissione del fatto. (33)
6. Si applicano, ove del caso, le cautele previste per i permessi di cui al primo comma dell'articolo 30; si applicano altresi' le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma dello stesso articolo.
7. Il provvedimento relativo ai permessi premio e' soggetto a reclamo al tribunale di sorveglianza, secondo le procedure di cui all'articolo 30-bis.
8. La condotta dei condannati si considera regolare quando i soggetti, durante la detenzione, hanno manifestato costante senso di responsabilita' e correttezza nel comportamento personale, nelle attivita' organizzate negli istituti e nelle eventuali attivita' lavorative o culturali.
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AGGIORNAMENTO (30)
La Corte Costituzionale con sentenza 2-6 giugno 1995, n. 227 (in G.U. 1a s.s. 14/06/1995, n. 25) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-ter, quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), introdotto dall'art. 9 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede l'ammissione al permesso premio dei condannati alla reclusione militare.
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AGGIORNAMENTO (33)
La Corte Costituzionale con sentenza 10-17 dicembre 1997, n. 403, (in G.U. 1a s.s. 24/12/1997, n. 52) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-ter, comma 5, della legge 26 luglio 1975, n. 354, introdotto dall'art. 9 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui si riferisce ai minorenni.
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AGGIORNAMENTO (37)
La Corte Costituzionale con sentenza 16-30 dicembre 1998, n. 450 (in G.U. 1a s.s. 07/01/1999, n. 1) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-ter, comma 4, lettera c) della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta') nella parte in cui si riferisce ai minorenni.
Art. 30-quater
(Concessione dei permessi premio ai recidivi).
1. I permessi premio possono essere concessi ai detenuti, ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale, nei seguenti casi previsti dal comma 4 dell'articolo 30-ter:
a) alla lettera a) dopo l'espiazione di un terzo della pena;
b) alla lettera b) dopo l'espiazione della meta' della pena;
c) alle lettere c) e d) dopo l'espiazione di due terzi della pena e, comunque, di non oltre quindici anni. ((59))
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AGGIORNAMENTO (59)
La Corte costituzionale, con sentenza 21 giugno - 4 luglio 2006, n. 257 (in G.U. 1a s.s. 12/07/2006, n. 28) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 30-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), introdotto dall'art. 7 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui non prevede che il beneficio del permesso premio possa essere concesso sulla base della normativa previgente nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore della citata legge n. 251 del 2005, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato al beneficio richiesto.
Art. 31.
(( (Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati).
1. Le rappresentanze dei detenuti e degli internati previste dagli articoli 9, 12, 20 e 27 sono nominate per sorteggio secondo le modalita' indicate dal regolamento interno dell'istituto.
2. Negli istituti penitenziari che ospitano sezioni femminili la rappresentanza comprende anche una detenuta o internata. ))
Capo IV
REGIME PENITENZIARIO
Art. 32.
Norme di condotta dei detenuti e degli internati Obbligo di risarcimento del danno
I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento.
Essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria.
Nessun detenuto o internato puo' avere, nei servizi dell'istituto, mansioni che importino un potere disciplinare o consentano la acquisizione di una posizione di preminenza sugli altri.
I detenuti e gli internati devono avere cura degli oggetti messi a loro disposizione e astenersi da qualsiasi danneggiamento di cose altrui.
I detenuti e gli internati che arrecano danno alle cose mobili o immobili dell'amministrazione penitenziaria sono tenuti a risarcirlo senza pregiudizio dello eventuale procedimento penale e disciplinare.
Art. 33.
(( (Isolamento).
1. Negli istituti penitenziari l'isolamento continuo e' ammesso:
a) quando e' prescritto per ragioni sanitarie;
b) durante l'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attivita' in comune;
c) per gli indagati e imputati se vi sono ragioni di cautela processuale; il provvedimento dell'autorita' giudiziaria competente indica la durata e le ragioni dell'isolamento.
2. Il regolamento specifica le modalita' di esecuzione dell'isolamento.
3. Durante la sottoposizione all'isolamento non sono ammesse limitazioni alle normali condizioni di vita, ad eccezione di quelle funzionali alle ragioni che lo hanno determinato.
4. L'isolamento non preclude l'esercizio del diritto di effettuare colloqui visivi con i soggetti autorizzati.))
Art. 34.
Perquisizione personale
I detenuti e gli internati possono essere sottoposti a
perquisizione personale per motivi di sicurezza.
La perquisizione personale deve essere effettuata nel pieno
rispetto della personalita'.
Art. 35.
(( (Diritto di reclamo).))
((I detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa:
1) al direttore dell'istituto, al provveditore regionale, al capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e al Ministro della giustizia;
2) alle autorita' giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto;
3) al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti dei detenuti;
4) al presidente della giunta regionale;
5) al magistrato di sorveglianza;
6) al Capo dello Stato.))
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AGGIORNAMENTO (38)
La Corte Costituzionale con sentenza del 8-11 febbraio 1999, n. 26 (in G.U. 1a s.s. 17/02/1999, n. 7) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. degli artt. 35 e 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), quest'ultimo come sostituito dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi di diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della liberta' personale.
Art. 35-bis
(Reclamo giurisdizionale).
1. Il procedimento relativo al reclamo di cui all'articolo 69, comma 6, si svolge ai sensi degli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale. Salvi i casi di manifesta inammissibilita' della richiesta a norma dell'articolo 666, comma 2, del codice di procedura penale, il magistrato di sorveglianza fissa la data dell'udienza ((e ne fa dare avviso, oltre che al soggetto che ha proposto reclamo, anche all'amministrazione interessata, a cui e' comunicato contestualmente il reclamo, e che puo' comparire con un proprio dipendente ovvero trasmettere osservazioni e richieste)).
2. Il reclamo di cui all'articolo 69, comma 6, lettera a) e' proposto nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento.
3. In caso di accoglimento, il magistrato di sorveglianza, nelle ipotesi di cui all'articolo 69, comma 6, lettera a), dispone l'annullamento del provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare. Nelle ipotesi di cui all'articolo 69, comma 6, lettera b), accertate la sussistenza e l'attualita' del pregiudizio, ordina all'amministrazione di porre rimedio entro il termine indicato dal giudice.
4. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza e' ammesso reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione stessa.
4-bis. La decisione del tribunale di sorveglianza e' ricorribile per cassazione per violazione di legge nel termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito della decisione stessa.
5. In caso di mancata esecuzione del provvedimento non piu' soggetto ad impugnazione, l'interessato o il suo difensore munito di procura speciale possono richiedere l'ottemperanza al magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento. Si osservano le disposizioni di cui agli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale.
6. Il magistrato di sorveglianza, se accoglie la richiesta:
a) ordina l'ottemperanza, indicando modalita' e tempi di adempimento, tenuto conto del programma attuativo predisposto dall'amministrazione al fine di dare esecuzione al provvedimento, sempre che detto programma sia compatibile con il soddisfacimento del diritto;
b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del provvedimento rimasto ineseguito;
c) LETTERA SOPPRESSA DALLA L. 21 FEBBRAIO 2014, N. 10;
d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta.
7. Il magistrato di sorveglianza conosce di tutte le questioni relative all'esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario.
8. Avverso il provvedimento emesso in sede di ottemperanza e' sempre ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.
Art. 35-ter.
(( (Rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali nei confronti di soggetti detenuti o internati). ))
((1. Quando il pregiudizio di cui all'articolo 69, comma 6, lett. b), consiste, per un periodo di tempo non inferiore ai quindici giorni, in condizioni di detenzione tali da violare l'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, su istanza presentata dal detenuto, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, il magistrato di sorveglianza dispone, a titolo di risarcimento del danno, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari, nella durata, a un giorno per ogni dieci durante il quale il richiedente ha subito il pregiudizio.
2. Quando il periodo di pena ancora da espiare e' tale da non consentire la detrazione dell'intera misura percentuale di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza liquida altresi' al richiedente, in relazione al residuo periodo e a titolo di risarcimento del danno, una somma di denaro pari a euro 8,00 per ciascuna giornata nella quale questi ha subito il pregiudizio. Il magistrato di sorveglianza provvede allo stesso modo nel caso in cui il periodo di detenzione espiato in condizioni non conformi ai criteri di cui all'articolo 3 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali sia stato inferiore ai quindici giorni.
3. Coloro che hanno subito il pregiudizio di cui al comma 1, in stato di custodia cautelare in carcere non computabile nella determinazione della pena da espiare ovvero coloro che hanno terminato di espiare la pena detentiva in carcere possono proporre azione, personalmente ovvero tramite difensore munito di procura speciale, di fronte al tribunale del capoluogo del distretto nel cui territorio hanno la residenza. L'azione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla cessazione dello stato di detenzione o della custodia cautelare in carcere. Il tribunale decide in composizione monocratica nelle forme di cui agli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il decreto che definisce il procedimento non e' soggetto a reclamo. Il risarcimento del danno e' liquidato nella misura prevista dal comma 2.))
Art. 36.
Regime disciplinare
Il regime disciplinare e' attuato in modo da stimolare il senso di responsabilita' e la capacita' di autocontrollo.
((Nell'applicazione della sanzione si tiene conto del programma di trattamento in corso.))
Esso e' adeguato alle condizioni fisiche e psichiche dei soggetti.
Art. 37.
Ricompense
Le ricompense costituiscono il riconoscimento del senso di
responsabilita' dimostrato nella condotta personale e nelle attivita' organizzate negli istituti.
Le ricompense e gli organi competenti a concederle sono previsti
dal regolamento.
Art. 38.
Infrazioni disciplinari
I detenuti e gli internati non possono essere puniti per un fatto
che non sia espressamente previsto come infrazione dal regolamento.
Nessuna sanzione puo' essere inflitta se non con provvedimento
motivato dopo la contestazione dell'addebito all'interessato, il quale e' ammesso ad esporre le proprie discolpe.
Nell'applicazione delle sanzioni bisogna tener conto, oltre che
della natura e della gravita' del fatto, del comportamento e delle condizioni personali del soggetto.
Le sanzioni sono eseguite nel rispetto della personalita'.
Art. 39.
Sanzioni disciplinari
Le infrazioni disciplinari possono dar luogo solo alle seguenti
sanzioni:
1) richiamo del direttore;
2) ammonizione, rivolta dal direttore, alla presenza di
appartenenti al personale e di un gruppo di detenuti o internati;
3) esclusione da attivita' ricreative e sportive per non piu' di
dieci giorni;
4) isolamento durante la permanenza all'aria aperta per non piu'
di dieci giorni;
5) esclusione dalle attivita' in comune per non piu' di quindici
giorni.
La sanzione della esclusione dalle attivita' in comune non puo'
essere eseguita senza la certificazione scritta, rilasciata dal sanitario, attestante che il soggetto puo' sopportarla. Il soggetto escluso dalle attivita' in comune e' sottoposto a costante controllo sanitario.
L'esecuzione della sanzione della esclusione dalle attivita' in
comune e' sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi, e delle madri che allattino la propria prole fino ad un anno.
Art. 40.
Autorita' competente a deliberare le sanzioni
Le sanzioni del richiamo e della ammonizione sono deliberate dal direttore.
((Le altre sanzioni sono deliberate dal consiglio di disciplina, composto dal direttore o, in caso di suo legittimo impedimento, dall'impiegato piu' elevato in grado con funzioni di presidente, dall'educatore e da un professionista esperto nominato ai sensi dell'articolo 80.))
Art. 41.
Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione
Non e' consentito l'impiego della forza fisica nei confronti dei
detenuti e degli internati se non sia indispensabile per prevenire o impedire atti di violenza, per impedire tentativi di evasione o per vincere la resistenza, anche passiva, all'esecuzione degli ordini impartiti.
Il personale che, per qualsiasi motivo; abbia fatto uso della forza
fisica nei confronti dei detenuti o degli internati deve immediatamente riferirne al direttore dell'istituto il quale dispone, senza indugio, accertamenti sanitari e procede alle altre indagini del caso.
Non puo' essere usato alcun mezzo di coercizione fisica che non sia
espressamente previsto dal regolamento e, comunque, non vi si puo' far ricorso a fini disciplinari ma solo al fine di evitare danni a persone o cose o di garantire la incolumita' dello stesso soggetto. L'uso deve essere limitato al tempo strettamente necessario e deve essere costantemente controllato dal sanitario.
Gli agenti in servizio nell'interno degli istituti non possono
portare armi se non nei casi eccezionali in cui cio' venga ordinato dal direttore.
Art. 41-bis
(Situazioni di emergenza).
1. In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro della giustizia ha facolta' di sospendere nell'istituto interessato o in parte di esso l'applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessita' di ripristinare l'ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.
2. Quando ricorrano gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica, anche a richiesta del Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia ha altresi' la facolta' di sospendere, in tutto o in parte, nei confronti dei detenuti o internati per taluno dei delitti di cui al primo periodo del comma 1 dell'articolo 4-bis o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con un'associazione criminale, terroristica o eversiva, l'applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dalla presente legge che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine e di sicurezza. La sospensione comporta le restrizioni necessarie per il soddisfacimento delle predette esigenze e per impedire i collegamenti con l'associazione di cui al periodo precedente. In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di piu' titoli di custodia cautelare, la sospensione puo' essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell'articolo 4-bis.
2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2 e' adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro dell'interno, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalita' organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive competenze. Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed e' prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga e' disposta quando risulta che la capacita' di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non e' venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operativita' del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per se', elemento sufficiente per escludere la capacita' di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operativita' della stessa.
2-ter. COMMA ABROGATO DALLA L. 15 LUGLIO 2009, N. 94.
2-quater. I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. La sospensione delle regole di trattamento e degli istituti di cui al comma 2 prevede:
a) l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, con riguardo principalmente alla necessita' di prevenire contatti con l'organizzazione criminale di appartenenza o di attuale riferimento, contrasti con elementi di organizzazioni contrapposte, interazione con altri detenuti o internati appartenenti alla medesima organizzazione ovvero ad altre ad essa alleate;
b) la determinazione dei colloqui nel numero di uno al mese da svolgersi ad intervalli di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti. Sono vietati i colloqui con persone diverse dai familiari e conviventi, salvo casi eccezionali determinati volta per volta dal direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11. I colloqui vengono sottoposti a controllo auditivo ed a registrazione, previa motivata autorizzazione dell'autorita' giudiziaria competente ai sensi del medesimo secondo comma dell'articolo 11; solo per coloro che non effettuano colloqui puo' essere autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell'istituto ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'autorita' giudiziaria competente ai sensi di quanto stabilito nel secondo comma dell'articolo 11, e solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto, comunque, a registrazione. I colloqui sono comunque video-registrati. Le disposizioni della presente lettera non si applicano ai colloqui con i difensori con i quali potra' effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari; (75)
c) la limitazione delle somme, dei beni e degli oggetti che possono essere ricevuti dall'esterno;
d) l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati;
e) la sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, salvo quella con i membri del Parlamento o con autorita' europee o nazionali aventi competenza in materia di giustizia;
f) la limitazione della permanenza all'aperto, che non puo' svolgersi in gruppi superiori a quattro persone, ad una durata non superiore a due ore al giorno fermo restando il limite minimo di cui al primo comma dell'articolo 10. Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilita' di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialita', scambiare oggetti e cuocere cibi. ((90))
2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale e' stata disposta o prorogata l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono propone reclamo avverso il procedimento applicativo. Il reclamo e' presentato nel termine di venti giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso e' competente a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento.
2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento. All'udienza le funzioni di pubblico ministero possono essere altresi' svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte d'appello, il detenuto, l'internato o il difensore possono propone, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento ed e' trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Se il reclamo viene accolto, il Ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di reclamo.
2-septies. Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271.
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AGGIORNAMENTO (27)
La L. 16 febbraio 1995, n. 36 ha disposto (con l'art. 1) che "L'efficacia delle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, introdotto dall'articolo 10 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, e modificato dal decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e' prorogata fino al 31 dicembre 1999".
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AGGIORNAMENTO (35)
La L. 7 gennaio 1998, n. 11 ha disposto (con l'art. 6 comma 1) che il termine di efficacia della modifica introdotta e' posto alla data del 31 dicembre 2000.
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AGGIORNAMENTO (35a)
La L. 7 gennaio 1998, n. 11 come modificata dalla L. 26 novembre 1999, n.446 ha disposto (con l'art. 6 comma 1-bis) che "Il termine di efficacia di cui al comma 1 si applica anche al comma 2 dell'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni."
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AGGIORNAMENTO (35b)
La L. 7 gennaio 1998, n. 11 come modificata dalla L. 24 novembre 2000, n. 341 ha disposto (con l'art. 6 comma 1) che "Il termine di efficacia delle disposizioni della presente legge e' posto alla data del 31 dicembre 2002."
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AGGIORNAMENTO (75)
La Corte Costituzionale, con sentenza 17 - 20 giugno 2013, n. 143 (in G.U. 1ª s.s. 26/06/2013, n. 26), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 41-bis, comma 2-quater, lettera b), ultimo periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'articolo 2, comma 25, lettera f), numero 2), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «con i quali potra' effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari»".
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AGGIORNAMENTO (90)
La Corte Costituzionale, con sentenza 26 settembre - 12 ottobre 2018, n. 186 (in G.U. 1ª s.s. 17/10/2018, n. 41), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera f), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), come modificato dall'art. 2, comma 25, lettera f), numero 3), della legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), limitatamente alle parole «e cuocere cibi»".
Art. 42.
(Trasferimenti)
I trasferimenti sono disposti per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell'istituto, per motivi di giustizia, di salute, di studio e familiari.
((Nel disporre i trasferimenti i soggetti sono comunque destinati agli istituti piu' vicini alla loro dimora o a quella della loro famiglia ovvero al loro centro di riferimento sociale, da individuarsi tenuto conto delle ragioni di studio, di formazione, di lavoro o salute. L'amministrazione penitenziaria da' conto delle ragioni che ne giustificano la deroga.
Sulla richiesta di trasferimento da parte dei detenuti e degli internati per ragioni di studio, di formazione, di lavoro, di salute o familiari l'amministrazione penitenziaria provvede, con atto motivato, entro sessanta giorni.))
I detenuti e gli internati debbono essere trasferiti con il bagaglio personale e con almeno parte del loro peculio.
COMMA ABROGATO DALLA L. 12 DICEMBRE 1992, N. 492.
COMMA ABROGATO DALLA L. 12 DICEMBRE 1992, N. 492.
Art. 42-bis
(((Traduzioni).
1. Sono traduzioni tutte le attivita' di accompagnamento coattivo,
da un luogo ad un altro, di soggetti detenuti, internati, fermati, arrestati o comunque in condizione di restrizione della liberta' personale.
2. Le traduzioni dei detenuti e degli internati adulti sono
eseguite, nel tempo piu' breve possibile, dal Corpo di polizia penitenziaria, con le modalita' stabilite dalle leggi e dai regolamenti e, se trattasi di donne, con l'assistenza di personale femminile.
3. Le traduzioni di soggetti che rientrano nella competenza dei
servizi dei centri per la giustizia minorile possono essere richieste, nelle sedi in cui non sono disponibili contingenti del Corpo di polizia penitenziaria assegnati al settore minorile, ad altre forze di polizia.
4. Nelle traduzioni sono adottate le opportune cautele per
proteggere i soggetti tradotti dalla curiosita' del pubblico e da ogni specie di pubblicita', nonche' per evitare ad essi inutili disagi. L'inosservanza della presente disposizione costituisce comportamento valutabile ai fini disciplinari.
5. Nelle traduzioni individuali l'uso delle manette ai polsi e'
obbligatorio quando lo richiedono la pericolosita' del soggetto o il pericolo di fuga o circostanze di ambiente che rendono difficile la traduzione. In tutti gli altri casi l'uso delle manette ai polsi o di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica e' vietato. Nel caso di traduzioni individuali di detenuti o internati la valutazione della pericolosita' del soggetto o del pericolo di fuga e' compiuta, all'atto di disporre la traduzione, dall'autorita' giudiziaria o dalla direzione penitenziaria competente, le quali dettano le conseguenti prescrizioni.
6. Nelle traduzioni collettive e' sempre obbligatorio l'uso di
manette modulari multiple dei tipi definiti con decreto ministeriale.
E' vietato l'uso di qualsiasi altro mezzo di coercizione fisica.
7. Nelle traduzioni individuali e collettive e' consentito, nei
casi indicati dal regolamento, l'uso di abiti civili. Le traduzioni dei soggetti di cui al comma 3 sono eseguite, di regola, in abiti civili)).
Art. 43.
Dimissione
La dimissione dei detenuti e degli internati e' eseguita senza indugio dalla direzione dell'istituto in base ad ordine scritto della competente autorita' giudiziaria o di pubblica sicurezza.
Il direttore dell'istituto da' notizia della prevista dimissione, almeno tre mesi prima, al consiglio di aiuto sociale e al centro di servizio sociale del luogo in cui ha sede l'istituto ed a quelli del luogo dove il soggetto intende stabilire la sua residenza, comunicando tutti i dati necessari per gli opportuni interventi assistenziali. Nel caso in cui il momento della dimissione non possa essere previsto tre mesi prima, il direttore da' le prescritte notizie non appena viene a conoscenza della relativa decisione.
Oltre a quanto stabilito da specifiche disposizioni di legge, il direttore informa anticipatamente il magistrato di sorveglianza, il questore e l'ufficio di polizia territorialmente competente di ogni dimissione anche temporanea dall'istituto.
Il consiglio di disciplina dell'istituto, all'atto della dimissione o successivamente, rilascia al soggetto, che lo richieda, un attestato con l'eventuale qualificazione professionale conseguita e notizie obiettive circa la condotta tenuta.
I soggetti, che ne sono privi, vengono provvisti di un corredo di vestiario civile.
((I detenuti e gli internati sono dimessi con documenti di identita' validi, ove sussistano i presupposti per il rilascio. L'amministrazione penitenziaria a tal fine si avvale della collaborazione degli enti locali.))
Art. 44.
Nascite, matrimoni, decessi
Negli atti di stato civile relativi ai matrimoni celebrati e alle
nascite e morti avvenute in istituti di prevenzione e di pena non si fa menzione dell'istituto.
La direzione dell'istituto deve dare immediata notizia del decesso
di un detenuto o di un internato all'autorita' giudiziaria del luogo, a quella da cui il soggetto dipendeva e al Ministero di grazia e giustizia.
La salma e' messa immediatamente a disposizione dei congiunti.
Capo V
ASSISTENZA
Art. 45.
Assistenza alle famiglie ((e aiuti economico-sociali))
Il trattamento dei detenuti e degli internati e' integrato da un'azione di assistenza alle loro famiglie.
Tale azione e' rivolta anche a conservare e migliorare le relazioni dei soggetti con i familiari e a rimuovere le difficolta' che possono ostacolarne il reinserimento sociale.
E' utilizzata, all'uopo, la collaborazione degli enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
((Ai fini della realizzazione degli obiettivi indicati dall'articolo 3, commi 2 e 3, della legge 8 novembre 2000, n. 328, il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica e' iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove e' ubicata la struttura. Al condannato e' richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove e' detenuto o internato. L'opzione puo' essere in ogni tempo modificata.))
Art. 46.
Assistenza post-penitenziaria
I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione e per un congruo periodo a questa successivo.
Il definitivo reinserimento nella vita libera e' agevolato da interventi di servizio sociale svolti anche in collaborazione con gli enti indicati nell'articolo precedente.
I dimessi affetti da gravi infermita' fisiche o da infermita' o anormalita' psichiche sono segnalati, per la necessaria assistenza, anche agli organi preposti alla tutela della sanita' pubblica.
((Coloro che hanno terminato l'espiazione della pena o che non sono piu' sottoposti a misura di sicurezza detentiva e che versano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 19 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, accedono, nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente, all'assegno di ricollocazione di cui all'articolo 23 del citato decreto, se ne fanno richiesta nel termine di sei mesi dalla data della dimissione.))
Capo VI
MISURE ALTERNATIVE ALLA DETENZIONE E REMISSIONE DEL DEBITO
Art. 47.
(Affidamento in prova al servizio sociale).
1. Se la pena detentiva inflitta non supera tre anni, il condannato puo' essere affidato al servizio sociale fuori dell'istituto per un periodo uguale a quello della pena da scontare.(13) (22)
2. Il provvedimento e' adottato sulla base dei risultati della osservazione della personalita', condotta collegialmente per almeno un mese in istituto, se il soggetto e' recluso, e mediante l'intervento dell'ufficio di esecuzione penale esterna, se l'istanza e' proposta da soggetto in liberta', nei casi in cui si puo' ritenere che il provvedimento stesso, anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati.
3. L'affidamento in prova al servizio sociale puo' essere disposto senza procedere all'osservazione in istituto quando il condannato, dopo la commissione del reato, ha serbato comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.
3-bis. L'affidamento in prova puo', altresi', essere concesso al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell'anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in liberta', un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al comma 2.
4. L'istanza di affidamento in prova al servizio sociale e' proposta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione. Quando sussiste un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l'istanza puo' essere proposta al magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione. Il magistrato di sorveglianza, quando sono offerte concrete indicazioni in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'ammissione all'affidamento in prova e al grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione e non vi sia pericolo di fuga, dispone la liberazione del condannato e l'applicazione provvisoria dell'affidamento in prova con ordinanza. L'ordinanza conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, cui il magistrato trasmette immediatamente gli atti, che decide entro sessanta giorni.
5. All'atto dell'affidamento e' redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto dovra' seguire in ordine ai suoi rapporti con il servizio sociale, alla dimora, alla liberta' di locomozione, al divieto di frequentare determinati locali ed al lavoro.
6. Con lo stesso provvedimento puo' essere disposto che durante tutto o parte del periodo di affidamento in prova il condannato non soggiorni in uno o piu' comuni, o soggiorni in un comune determinato; in particolare sono stabilite prescrizioni che impediscano al soggetto di svolgere attivita' o di avere rapporti personali che possono portare al compimento di altri reati.
7. Nel verbale deve anche stabilirsi che l'affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli obblighi di assistenza familiare.
8. Nel corso dell'affidamento le prescrizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza. Le deroghe temporanee alle prescrizioni sono autorizzate, nei casi di urgenza, dal direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna, che ne da' immediata comunicazione al magistrato di sorveglianza e ne riferisce nella relazione di cui al comma 10.
9. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita.
10. Il servizio sociale riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto. (11)
11. L'affidamento e' revocato qualora il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appaia incompatibile con la prosecuzione della prova.
12. L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva ed ogni altro effetto penale ((, ad eccezione delle pene accessorie perpetue)). Il tribunale di sorveglianza, qualora l'interessato si trovi in disagiate condizioni economiche, puo' dichiarare estinta anche la pena pecuniaria che non sia stata gia' riscossa.
12-bis. All'affidato in prova al servizio sociale che abbia dato prova nel periodo di affidamento di un suo concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalita', puo' essere concessa la detrazione di pena di cui all'articolo 54. Si applicano gli articoli 69, comma 8, e 69-bis nonche' l'articolo 54, comma 3. (61)
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AGGIORNAMENTO (11)
La Corte Costituzionale con sentenza 15-29 ottobre 1987, n. 343(in G.U. 1a s.s. 04/11/1987, n. 46) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del decimo comma dell'art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui - in caso di revoca del provvedimento di ammissione all'affidamento in prova per comportamento incompatibile con la prosecuzione della prova - non consente al Tribunale di sorveglianza di determinare la residua pena detentiva da espiare, tenuto conto della durata delle limitazioni patite dal condannato e del suo comportamento durante il trascorso periodo di affidamento in prova.
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AGGIORNAMENTO (13)
La Corte Costituzionale con sentenza 4-11 luglio 1989, n. 386 (in G.U. 1a s.s. 19/07/1989, n. 29) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (cosi' come sostituito dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986 n. 663 - Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della liberta' -), nella parte in cui non prevede che nel computo delle pene, ai fini della determinazione del limite dei tre anni, non si debba tener conto anche delle pene espiate.
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AGGIORNAMENTO (14)
La Corte Costituzionale con sentenza 13-22 dicembre 1989, n. 569 (in G.U. 1a s.s. 27/12/1989, n. 52) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.47, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ordinamento penitenziario), cosi' come modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986 n. 663, nella parte in cui non prevede che, anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per custodia cautelare, il condannato possa essere ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale se, in presenza delle altre condizioni, abbia serbato un comportamento tale da consentire il giudizio di cui al precedente comma 2 dello stesso articolo.
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AGGIORNAMENTO (22)
Il D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 1992, n. 356 ha disposto (con l'art. 14-bis) che "La disposizione del primo comma dell'articolo 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354, nella parte in cui indica i limiti che la pena inflitta non deve superare perche' il condannato possa beneficiare dell'affidamento in prova al servizio sociale, va interpretata nel senso che deve trattarsi della pena da espiare in concreto, tenuto conto anche dell'applicazione di eventuali cause estintive".
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AGGIORNAMENTO (61)
La Corte costituzionale, con sentenza 5 - 16 marzo 2007, n. 78 (in G.U. 1a s.s. 21.03.2007 n. 12) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l'accesso alle misure alternative da essi previste.
Art. 47-bis
((ARTICOLO ABROGATO DALLA LEGGE 27 MAGGIO 1998, N.165))
Art. 47-ter
(Detenzione domiciliare).
01. La pena della reclusione per qualunque reato, ad eccezione di quelli previsti dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I, e dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale e dall'articolo 4-bis della presente legge, puo' essere espiata nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza ed accoglienza, quando trattasi di persona che, al momento dell'inizio dell'esecuzione della pena, o dopo l'inizio della stessa, abbia compiuto i settanta anni di eta' purche' non sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ne' sia stato mai condannato con l'aggravante di cui all'articolo 99 del codice penale.
1. La pena della reclusione non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, nonche' la pena dell'arresto, possono essere espiate nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza ovvero, nell'ipotesi di cui alla lettera a), in case famiglia protette, quando trattasi di:
a) donna incinta o madre di prole di eta' inferiore ad anni dieci con lei convivente; (65)
b) padre, esercente la potesta', di prole di eta' inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; (93)
c) persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali;
d) persona di eta' superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente;
e) persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
1.1. COMMA SOPPRESSO DAL D.L. 1 LUGLIO 2013, N. 78, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 9 AGOSTO 2013, N. 94.
1-bis. La detenzione domiciliare puo' essere applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, indipendentemente dalle condizioni di cui al comma 1 quando non ricorrono i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati. La presente disposizione non si applica ai condannati per i reati di cui all'articolo 4-bis.
1-ter. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, puo' disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che puo' essere prorogato. L'esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare.((96))
1-quater. L'istanza di applicazione della detenzione domiciliare e' rivolta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo di esecuzione. Nei casi in cui vi sia un grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione, l'istanza di detenzione domiciliare di cui ai precedenti commi 01, 1, 1-bis e 1-ter e' rivolta al magistrato di sorveglianza che puo' disporre l'applicazione provvisoria della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 47, comma 4.
2. COMMA ABROGATO DAL D.L. 13 MAGGIO 1991, N. 152, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA l. 12 LUGLIO 1991, N. 203.
3. COMMA ABROGATO DALLA L. 27 MAGGIO 1998, N. 165.
4. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare, ne fissa le modalita' secondo quanto stabilito dall'articolo 284 del codice di procedura penale. Determina e impartisce altresi' le disposizioni per gli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la detenzione domiciliare.
4-bis. COMMA ABROGATO DAL D.L. 23 DICEMBRE 2013, N. 146, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 21 FEBBRAIO 2014, N. 10.
5. Il condannato nei confronti del quale e' disposta la detenzione domiciliare non e' sottoposto al regime penitenziario previsto dalla presente legge e dal relativo regolamento di esecuzione. Nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica del condannato che trovasi in detenzione domiciliare.
6. La detenzione domiciliare e' revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione delle misure.
7. Deve essere inoltre revocata quando vengono a cessare le condizioni previste nei commi 1 e 1-bis.
8. Il condannato che, essendo in stato di detenzione nella propria abitazione o in un altro dei luoghi indicati nel comma 1, se ne allontana, e' punito ai sensi dell'articolo 385 del codice penale. Si applica la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo. (65) (93)
9. La condanna per il delitto di cui al comma 8, salvo che il fatto non sia di lieve entita', importa la revoca del beneficio.
9-bis. Se la misura di cui al comma 1-bis e' revocata ai sensi dei commi precedenti la pena residua non puo' essere sostituita con altra misura.
(19)
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AGGIORNAMENTO (16)
La Corte Costituzionale con sentenza 4-13 aprile 1990, n. 215 (in G.U. 1a s.s. 18/04/1990, n. 16) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47- ter, primo comma, n. 1, della legge 26 luglio 1975 n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), cosi' come aggiunto dall'art. 13 della legge 10 ottobre 1986 n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede che la detenzione domiciliare, concedibile alla madre di prole di eta' inferiore a tre anni con lei convivente, possa essere concessa, nelle stesse condizioni, anche al padre detenuto, qualora la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole.
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AGGIORNAMENTO (19)
La Corte costituzionale con sentenza 6-19 novembre 1991, n. 414 (in G.U. 1a s.s. 27/11/1991, n. 47) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nel testo introdotto dall'art. 13 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui non prevede che la reclusione militare sia espiata in detenzione domiciliare quando trattasi di "persona in condizioni di salute particolarmente gravi che richiedono costanti contatti con i presidi sanitari territoriali".
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AGGIORNAMENTO (53)
La Corte Costituzionale, con sentenza 24 novembre-5 dicembre 2003, n. 350 (in G.U. 1a s.s. 10/12/2003, n. 49) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera a), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), nella parte in cui non prevede la concessione della detenzione domiciliare anche nei confronti della madre condannata, e, nei casi previsti dal comma 1, lettera b), del padre condannato, conviventi con un figlio portatore di handicap totalmente invalidante.
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AGGIORNAMENTO (65)
La Corte Costituzionale, con sentenza 10- 12 giugno 2009, n. 177 (in G.U. 1a s.s. 17/06/2009, n. 24) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, commi 1, lettera a), seconda parte, e 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non limita la punibilita' ai sensi dell'art. 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per piu' di dodici ore, come stabilito dall'art. 47-sexies, comma 2, della suddetta legge n. 354 del 1975, sul presupposto, di cui all'art. 47-quinquies, comma 1, della medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.
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AGGIORNAMENTO (93)
La Corte Costituzionale, con sentenza 25 ottobre - 22 novembre 2018, n. 211 (in G.U. 1ª s.s. 28/11/2018, n. 47) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1, lettera b), e 8, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non limita la punibilita' ai sensi dell'art. 385 del codice penale al solo allontanamento che si protragga per piu' di dodici ore, come stabilito dall'art. 47-sexies, commi 2 e 4, della suddetta legge n. 354 del 1975, sul presupposto, di cui all'art. 47-quinquies, comma 1, della medesima legge, che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti".
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AGGIORNAMENTO (96)
La Corte Costituzionale, con sentenza 20 febbraio - 19 aprile 2019, n. 99 (in G.U. 1ª s.s. 24/04/2019, n. 17), ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 47-ter, comma 1-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede che, nell'ipotesi di grave infermita' psichica sopravvenuta, il tribunale di sorveglianza possa disporre l'applicazione al condannato della detenzione domiciliare anche in deroga ai limiti di cui al comma 1 del medesimo art. 47-ter".
Art. 47-quater
(((Misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria).
1. Le misure previste dagli articoli 47 e 47-ter possono essere
applicate, anche oltre i limiti di pena ivi previsti, su istanza dell'interessato o del suo difensore, nei confronti di coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale e che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unita' operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unita' operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS.
2. L'istanza di cui al comma 1 deve essere corredata da
certificazione del servizio sanitario pubblico competente o del servizio sanitario penitenziario, che attesti la sussistenza delle condizioni di salute ivi indicate e la concreta attuabilita' del programma di cura e assistenza, in corso o da effettuare, presso le unita' operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unita' operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS.
3. Le prescrizioni da impartire per l'esecuzione della misura
alternativa devono contenere anche quelle relative alle modalita' di esecuzione del programma.
4. In caso di applicazione della misura della detenzione
domiciliare, i centri di servizio sociale per adulti svolgono l'attivita' di sostegno e controllo circa l'attuazione del programma.
5. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice puo' non applicare la
misura alternativa qualora l'interessato abbia gia' fruito di analoga misura e questa sia stata revocata da meno di un anno.
6. Il giudice puo' revocare la misura alternativa disposta ai sensi
del comma 1 qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto a misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 del codice di procedura penale, relativamente a fatti commessi successivamente alla concessione del beneficio.
7. Il giudice, quando non applica o quando revoca la misura
alternativa per uno dei motivi di cui ai commi 5 e 6, ordina che il soggetto sia detenuto presso un istituto carcerario dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.
8. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo si
applicano le disposizioni dell'articolo 47-ter.
9. Ai fini del presente articolo non si applica il divieto di
concessione dei benefici previsto dall'articolo 4-bis, fermi restando gli accertamenti previsti dai commi 2, 2-bis e 3 dello stesso articolo.
10. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle
persone internate)).
Art. 47-quinquies
(Detenzione domiciliare speciale).
1. Quando non ricorrono le condizioni di cui all'articolo 47-ter, le condannate madri di prole di eta' non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi e' la possibilita' di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l'espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l'espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all'ergastolo, secondo le modalita' di cui al comma 1-bis.
1-bis. Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-bis, l'espiazione di almeno un terzo della pena o di almeno quindici anni, prevista dal comma 1 del presente articolo, puo' avvenire presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all'assistenza dei figli. In caso di impossibilita' di espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa puo' essere espiata nelle case famiglia protette, ove istituite. ((87))
2. Per la condannata nei cui confronti e' disposta la detenzione domiciliare speciale, nessun onere grava sull'amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l'assistenza medica della condannata che si trovi in detenzione domiciliare speciale.
3. Il tribunale di sorveglianza, nel disporre la detenzione domiciliare speciale, fissa le modalita' di attuazione, secondo quanto stabilito dall'articolo 284, comma 2, del codice di procedura penale, precisa il periodo di tempo che la persona puo' trascorrere all'esterno del proprio domicilio, detta le prescrizioni relative agli interventi del servizio sociale. Tali prescrizioni e disposizioni possono essere modificate dal magistrato di sorveglianza competente per il luogo in cui si svolge la misura. Si applica l'articolo 284, comma 4, del codice di procedura penale.
4. All'atto della scarcerazione e' redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni che il soggetto deve seguire nei rapporti con il servizio sociale.
5. Il servizio sociale controlla la condotta del soggetto e lo aiuta a superare le difficolta' di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita; riferisce periodicamente al magistrato di sorveglianza sul comportamento del soggetto.
6. La detenzione domiciliare speciale e' revocata se il comportamento del soggetto, contrario alla legge o alle prescrizioni dettate, appare incompatibile con la prosecuzione della misura.
7. La detenzione domiciliare speciale puo' essere concessa, alle stesse condizioni previste per la madre, anche al padre detenuto, se la madre e' deceduta o impossibilitata e non vi e' modo di affidare la prole ad altri che al padre.
8. Al compimento del decimo anno di eta' del figlio, su domanda del soggetto gia' ammesso alla detenzione domiciliare speciale, il tribunale di sorveglianza puo':
a) disporre la proroga del beneficio, se ricorrono i requisiti per l'applicazione della semiliberta' di cui all'articolo 50, commi 2, 3 e 5;
b) disporre l'ammissione all'assistenza all'esterno dei figli minori di cui all'articolo 21-bis, tenuto conto del comportamento dell'interessato nel corso della misura, desunto dalle relazioni redatte dal servizio sociale, ai sensi del comma 5, nonche' della durata della misura e dell'entita' della pena residua.
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AGGIORNAMENTO (87)
La Corte Costituzionale, con sentenza 8 marzo-12 aprile 2017, n. 76 (in G.U. 1ª s.s. 19/04/2017, n. 16), ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 1-bis del presente articolo "limitatamente alle parole «Salvo che nei confronti delle madri condannate per taluno dei delitti indicati nell'articolo 4-bis,».".
Art. 47-sexies
(((Allontanamento dal domicilio senza giustificato motivo).
1. La condannata ammessa al regime della detenzione domiciliare
speciale che rimane assente dal proprio domicilio, senza giustificato motivo, per non piu' di dodici ore, puo' essere proposta per la revoca della misura.
2. Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore la condannata e'
punita ai sensi dell'articolo 385, primo comma, del codice penale ed e' applicabile la disposizione dell'ultimo comma dello stesso articolo.
3. La condanna per il delitto di evasione comporta la revoca del
beneficio.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano al
padre detenuto, qualora la detenzione domiciliare sia stata concessa a questi, ai sensi dell'articolo 47-quinquies, comma 7)).
Art. 48.
Regime di semiliberta'
Il regime di semiliberta' consiste nella concessione al condannato
e all'internato di trascorrere parte del giorno fuori dell'istituto per partecipare ad attivita' lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale.
I condannati e gli internati ammessi al regime di semiliberta' sono
assegnati in appositi istituti o apposite sezioni autonome di istituti ordinari e indossano abiti civili. ((61))
COMMA ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663.
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AGGIORNAMENTO (61)
La Corte Costituzionale con sentenza 5-16 marzo, n. 78 (in G.U. 1a
s.s. 21/03/2007, n. 12) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l'accesso alle misure alternative da essi previste.
Art. 49.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 24 NOVEMBRE 1981, N. 689))
Art. 50.
(Ammissione alla semiliberta').
1. Possono essere espiate in regime di semiliberta' la pena
dell'arresto e la pena della reclusione non superiore a sei mesi, se il condannato non e' affidato in prova al servizio sociale.
2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, il condannato puo' essere
ammesso al regime di semiliberta' soltanto dopo l'espiazione di almeno meta' della pena ovvero, se si tratta di condannato per taluno ((dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1quater)) dell'articolo 4- bis, di almeno due terzi di essa. L'internato puo' esservi ammesso in ogni tempo. Tuttavia, nei casi previsti dall'articolo 47, se mancano i presupposti per l'affidamento in prova al servizio sociale, il condannato per un reato diverso da quelli indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis puo' essere ammesso al regime di semiliberta' anche prima dell'espiazione di meta' della pena.
3. Per il computo della durata delle pene non si tiene conto della
pena pecuniaria inflitta congiuntamente a quella detentiva.
4. L'ammissione al regime di semiliberta' e' disposta in relazione
ai progressi compiuti nel corso del trattamento, quando vi sono le condizioni per un graduale reinserimento del soggetto nella societa'.
5. Il condannato all'ergastolo puo' essere ammesso al regime di
semiliberta' dopo avere espiato almeno venti anni di pena.
6. Nei casi previsti dal comma 1, se il condannato ha dimostrato la
propria volonta' di reinserimento nella vita sociale, la semiliberta' puo' essere altresi' disposta successivamente all'inizio dell'esecuzione della pena. Si applica l'articolo 47, comma 4, in quanto compatibile.
7. Se l'ammissione alla semiliberta' riguarda una detenuta madre di
un figlio di eta' inferiore a tre anni, essa ha diritto di usufruire della casa per la semiliberta' di cui all'ultimo comma dell'articolo 92 del decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1976, n. 431. (61)
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AGGIORNAMENTO (61)
La Corte Costituzionale con sentenza 5-16 marzo, n. 78 (in G.U. 1a
s.s. 21/03/2007, n. 12) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. 47, 48 e 50 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), ove interpretati nel senso che allo straniero extracomunitario, entrato illegalmente nel territorio dello Stato o privo del permesso di soggiorno, sia in ogni caso precluso l'accesso alle misure alternative da essi previste.
Art. 50-bis
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.L. 1 LUGLIO 2013, N. 78,
CONVERTITO CON MODIFICAZIONI DALLA L. 9 AGOSTO 2013, N. 94))
Art. 51.
Sospensione e revoca del regime di semiliberta'
Il provvedimento di semiliberta' puo' essere in ogni tempo revocato
quando il soggetto non si appalesi idoneo al trattamento.
Il condannato, ammesso al regime di semiliberta', che rimane
assente dall'istituto senza giustificato motivo, per non piu' di dodici ore, e' punito in via disciplinare e puo' essere proposto per la revoca della concessione.
Se l'assenza si protrae per un tempo maggiore, il condannato e'
punibile a norma del primo comma dell'articolo 385 del codice penale ed e' applicabile la disposizione dell'ultimo capoverso dello stesso articolo.
La denuncia per il delitto di cui al precedente comma importa la
sospensione del beneficio e la condanna ne importa la revoca.
All'internato ammesso al regime di semiliberta' che rimane assente
dall'istituto senza giustificato motivo, per oltre tre ore, si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'articolo 53.
Art. 51-bis
(Sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della liberta').
((1. Quando, durante l'esecuzione di una misura alternativa alla detenzione, sopravviene un titolo esecutivo di altra pena detentiva, il pubblico ministero competente ai sensi dell'articolo 655 del codice di procedura penale informa immediatamente il magistrato di sorveglianza formulando contestualmente le proprie richieste. Il magistrato di sorveglianza, tenuto conto del cumulo delle pene, se rileva che permangono le condizioni di applicabilita' della misura in esecuzione, ne dispone con ordinanza la prosecuzione; in caso contrario, ne dispone la cessazione e ordina l'accompagnamento del condannato in istituto.))
2. Avverso il provvedimento di cui al comma 1 e' ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 69-bis.
Art. 51-ter
(( (Sospensione cautelativa delle misure alternative).
1. Se la persona sottoposta a misura alternativa pone in essere comportamenti suscettibili di determinarne la revoca, il magistrato di sorveglianza, nella cui giurisdizione la misura e' in esecuzione, ne da' immediata comunicazione al tribunale di sorveglianza affinche' decida in ordine alla prosecuzione, sostituzione o revoca della misura.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, il magistrato di sorveglianza puo' disporre con decreto motivato la provvisoria sospensione della misura alternativa e ordinare l'accompagnamento in istituto del trasgressore. Il provvedimento di sospensione perde efficacia se la decisione del tribunale non interviene entro trenta giorni dalla ricezione degli atti. ))
Art. 51-quater
(( (Disciplina delle pene accessorie in caso di concessione di misure alternative).
1. In caso di applicazione di una misura alternativa alla detenzione, sono eseguite anche le pene accessorie, salvo che il giudice che ha concesso la misura, tenuto conto delle esigenze di reinserimento sociale del condannato, ne disponga la sospensione.
2. In caso di revoca della misura, ove disposta l'applicazione delle pene accessorie ai sensi del comma 1, l'esecuzione ne viene sospesa, ma il periodo gia' espiato e' computato ai fini della loro durata. ))
Art. 52.
Licenza al condannato ammesso al regime di semiliberta'
Al condannato ammesso al regime di semiliberta' possono essere
concesse a titolo di premio una o piu' licenze di durata non superiore nel complesso a giorni quarantacinque all'anno.
Durante la licenza il condannato e' sottoposto al regime della
liberta' vigilata.
Se il condannato durante la licenza trasgredisce agli obblighi
impostigli, la licenza puo' essere revocata indipendentemente dalla revoca della semiliberta'.
Al condannato che, allo scadere della licenza o dopo la revoca di
essa, non rientra in istituto sono applicabili le disposizioni di cui al precedente articolo.
Art. 53.
Licenze agli internati
Agli internati puo' essere concessa una licenza di sei mesi nel
periodo immediatamente precedente alla scadenza fissata per il riesame di pericolosita'.
Ai medesimi puo' essere concessa, per gravi esigenze personali o
familiari, una licenza di durata non superiore a giorni quindici; puo' essere inoltre concessa una licenza di durata non superiore a giorni trenta, una volta all'anno, al fine di favorirne il riadattamento sociale.
Agli internati ammessi al regime di semiliberta' possono inoltre
essere concesse, a titolo di premio, le licenze previste nel primo comma dell'articolo precedente.
Durante la licenza l'internato e' sottoposto al regime della
liberta' vigilata.
Se l'internato durante la licenza trasgredisce agli obblighi
impostigli, la licenza puo' essere revocata indipendentemente dalla revoca della semiliberta'.
L'internato che rientra in istituto dopo tre ore dallo scadere
della licenza, senza giustificato motivo, e' punito in via disciplinare e, se in regime di semiliberta', puo' subire la revoca della concessione.
Art. 53-bis
(((Computo del periodo di permesso o licenza)
1. Il tempo trascorso dal detenuto o dall'internato in permesso o
licenza e' computato a ogni effetto nella durata delle misure restrittive della liberta' personale, salvi i casi di mancato rientro o di altri gravi comportamenti da cui risulta che il soggetto non si e' dimostrato meritevole del beneficio. In questi casi sull'esclusione dal computo decide, con decreto motivato, il magistrato di sorveglianza.
2. Avverso il decreto puo' essere proposto dall'interessato reclamo
al tribunale di sorveglianza secondo la procedura di cui all'articolo 14-ter. il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del Collegio)).
Art. 54.
(Liberazione anticipata).
1. Al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione e' concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo piu' efficace reinserimento nella societa', una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata. A tal fine e' valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare o di detenzione domiciliare.
2. La concessione del beneficio e' comunicata all'ufficio del pubblico ministero presso la corte d'appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento e' stato da lui emesso.
3. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca.(29)
4. Agli effetti del computo della misura di pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semiliberta' e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all'ergastolo. ((77))
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AGGIORNAMENTO (6)
La Corte Costituzionale, con sentenza 21-27 settembre 1983, n. 274 (in G.U. 1a s.s. 05/10/1983, n. 274) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui non prevede la possibilita' di concedere anche al condannato all'ergastolo la riduzione di pena, ai soli fini del computo della quantita' di pena cosi' detratta nella quantita' scontata, richiesta per l'ammissione alla liberazione condizionale.
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AGGIORNAMENTO (29)
La Corte Costituzionale con sentenza 17-23 maggio 1995, n. 186 (in G.U. 1a s.s. 31/05/1995, n. 23) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54, terzo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui prevede la revoca della liberazione anticipata nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell'esecuzione successivamente alla concessione del beneficio anziche' stabilire che la liberazione anticipata e' revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subita, appare incompatibile con il mantenimento del beneficio.
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AGGIORNAMENTO (77)
Il D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, ha disposto (con l'art. 4, comma 1) che "Ad esclusione dei condannati per taluno dei delitti previsti dall'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, per un periodo di due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la detrazione di pena concessa con la liberazione anticipata prevista dall'articolo 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354 e' pari a settantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata".
Art. 55.
(((Interventi del servizio sociale nella liberta' vigilata.)
Nei confronti dei sottoposti alla liberta' vigilata, ferme restando
le disposizioni di cui all'articolo 228 del codice penale, il servizio sociale svolge interventi di sostegno e di assistenza al fine del loro reinserimento sociale)).
Art. 56.
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R 30 MAGGIO 2002, N. 115))
Art. 57.
(( (Legittimazione alla richiesta di misure).
1. Le misure alternative e quelle di cui agli articoli 30, 30-ter, 52, 53 e 54 nonche' all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, possono essere richieste dal condannato, dall'internato, dai loro prossimi congiunti, dal difensore, ovvero proposte dal gruppo di osservazione e trattamento.))
Art. 58.
Comunicazione all'autorita' di pubblica sicurezza
Dei provvedimenti previsti dal presente capo ed adottati dal magistrato o dalla sezione di sorveglianza, e' data immediata comunicazione all'autorita' provinciale di pubblica sicurezza a cura della cancelleria.
((Alle attivita' di controllo partecipa, ove richiesta, la polizia penitenziaria, secondo le indicazioni del direttore dell'ufficio di esecuzione penale esterna e previo coordinamento con l'autorita' di pubblica sicurezza. Tali attivita' riguardano esclusivamente l'osservanza delle prescrizioni inerenti alla dimora, alla liberta' di locomozione, ai divieti di frequentare determinati locali o persone e di detenere armi.
Le attivita' di controllo sono svolte con modalita' tali da garantire il rispetto dei diritti dell'interessato e dei suoi familiari e conviventi, da recare il minor pregiudizio possibile al processo di reinserimento sociale e la minore interferenza con lo svolgimento di attivita' lavorative.))
Art. 58-bis
((ARTICOLO ABROGATO DAL D.P.R. 14 NOVEMBRE 2002, N. 313))
Art. 58-ter
(Persone che collaborano con la giustizia)
1. I limiti di pena previsti dalle disposizioni del comma 1
dell'articolo 21, del comma 4 dell'articolo 30- ter e del comma 2 dell'articolo 50, concernenti le persone condannate per taluno ((dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1quater)) dell'articolo 4- bis, non si applicano a coloro che, anche dopo la condanna, si sono adoperati per evitare che l'attivita' delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero hanno aiutato concretamente l'autorita' di polizia o l'autorita' giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati.
2. Le condotte indicate nel comma 1 sono accertate dal tribunale di
sorveglianza, assunte le necessarie informazioni e sentito il pubblico ministero presso il giudice competente per i reati in ordine ai quali e' stata prestata la collaborazione.
Art. 58-quater
(Divieto di concessione di benefici).
1. L'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio, l'affidamento in prova al servizio sociale, nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e la semiliberta' non possono essere concessi al condannato che sia stato riconosciuto colpevole di una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale. (62)((97))
2. La disposizione del comma 1 si applica anche al condannato nei cui confronti e' stata disposta la revoca di una misura alternativa ai sensi dell'articolo 47, comma 11, dell'articolo 47- ter, comma 6, o dell'articolo 51, primo comma. (39 A) ((97))
3. Il divieto di concessione dei benefici opera per un periodo di tre anni dal momento in cui e' ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o e' stato emesso il provvedimento di revoca indicato nel comma 2.((97))
4. I condannati per i delitti di cui agli articoli 289- bis e 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato non sono ammessi ad alcuno dei benefici indicati nel comma 1 dell'articolo 4- bis se non abbiano effettivamente espiato almeno i due terzi della pena irrogata o, nel caso dell'ergastolo, almeno ventisei anni. (88)
5. Oltre a quanto previsto dai commi 1 e 3, l'assegnazione al lavoro all'esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione previste dal capo VI non possono essere concessi, o se gia' concessi sono revocati, ai condannati per taluni dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1quater dell'articolo 4-bis, nei cui confronti si pro- cede o e' pronunciata condanna per un delitto doloso punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a tre anni, commesso da chi ha posto in essere una condotta punibile a norma dell'articolo 385 del codice penale ovvero durante il lavoro all'esterno o la fruizione di un permesso premio o di una misura alternativa alla detenzione.
6. Ai fini dell'applicazione della disposizione di cui al comma 5, l'autorita' che procede per il nuovo delitto ne da' comunicazione al magistrato di sorveglianza del luogo di ultima detenzione dell'imputato.
7. Il divieto di concessione dei benefici di cui al comma 5 opera per un periodo di cinque anni dal momento in cui e' ripresa l'esecuzione della custodia o della pena o e' stato emesso il provvedimento di revoca della misura.
7-bis. L'affidamento in prova al servizio sociale nei casi previsti dall'articolo 47, la detenzione domiciliare e la semiliberta' non possono essere concessi piu' di una volta al condannato al quale sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale. (62)
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AGGIORNAMENTO (39 A)
La Corte Costituzionale con sentenza 22 novembre-1 dicembre 1999, n. 436 (in G.U. 1a s.s.09/12/1999, n. 49) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. dell'art. 58-quater, comma 2, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui si riferisce ai minorenni.
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AGGIORNAMENTO (62)
La Corte Costituzionale, con sentenza 5-16 marzo 2007, n.79 (in G.U. 1a s.s. 21/03/2007, n. 12) come modificata dal Comunicato 5-16 marzo 2007, n. 79 (in G.U. 1a s.s. 28/03/2007, n. 13) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dei commi 1 e 7-bis dell'art. 58-quater della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta), introdotti dall'art. 7, commi 6 e 7, della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), nella parte in cui non prevedono che i benefici in essi indicati possano essere concessi, sulla base della normativa previgente, nei confronti dei condannati che, prima della entrata in vigore della citata legge n. 251 del 2005, abbiano raggiunto un grado di rieducazione adeguato ai benefici richiesti.
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AGGIORNAMENTO (88)
La Corte Costituzionale con sentenza 21 giugno - 11 luglio 2018 n. 149 (in G.U. 1ª s.s. 18/07/2018 n. 29) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui si applica ai condannati all'ergastolo per il delitto di cui all'art. 630 del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato" e "in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, comma 4, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui si applica ai condannati all'ergastolo per il delitto di cui all'art. 289-bis del codice penale che abbiano cagionato la morte del sequestrato".
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AGGIORNAMENTO (97)
La Corte Costituzionale, con sentenza 22 maggio - 18 luglio 2019, n. 187 (in G.U. 1ª s.s. 24/07/2019, n. 30) ha dichiarato "l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare speciale, prevista dall'art. 47-quinquies della stessa legge n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti e' stata disposta la revoca di una delle misure indicate nel comma 2 dello stesso art. 58-quater;
[...] dichiara, in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58-quater, commi 1, 2 e 3, della legge n. 354 del 1975, nella parte in cui detti commi, nel loro combinato disposto, prevedono che non possa essere concessa, per la durata di tre anni, la detenzione domiciliare, prevista dall'art. 47-ter, comma 1, lettere a) e b), della stessa legge n. 354 del 1975, al condannato nei cui confronti e' stata disposta la revoca di una delle misure indicate al comma 2 dello stesso art. 58-quater, sempre che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti".
Art. 58-quinquies
(( (Particolari modalita' di controllo nell'esecuzione della detenzione domiciliare).
1. Nel disporre la detenzione domiciliare, il magistrato o il tribunale di sorveglianza possono prescrivere procedure di controllo anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, conformi alle caratteristiche funzionali e operative degli apparati di cui le Forze di polizia abbiano l'effettiva disponibilita'. Allo stesso modo puo' provvedersi nel corso dell'esecuzione della misura. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale.)) ((77))
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AGGIORNAMENTO (77)
Il D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 10, ha disposto (con l'art. 3, comma 2) che l'efficacia della modifica disposta al presente articolo "e' differita al giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana della legge di conversione del presente decreto".
TITOLO II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA ORGANIZZAZIONE PENITENZIARIA
Capo I
ISTITUTI PENITENZIARI
Art. 59.
Istituti per adulti
Gli istituti per adulti dipendenti dall'amministrazione
penitenziaria si distinguono in:
1) istituti di custodia preventiva;
2) istituti per l'esecuzione delle pene;
3) istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza;
4) centri di osservazione.
Art. 60.
Istituti di custodia preventiva
Gli istituti di custodia preventiva si distinguono in case
mandamentali e circondariali.
Le case mandamentali assicurano la custodia degli imputati a
disposizione del pretore. Esse sono istituite nei capoluoghi di mandamento che non sono sede di case circondariali.
Le case circondariali assicurano la custodia degli imputati a
disposizione di ogni autorita' giudiziaria. Esse sono istituite nei capoluoghi di circondario.
Le case mandamentali e circondariali assicurano altresi' la
custodia delle persone fermate o arrestate dall'autorita' di pubblica sicurezza o dagli organi di polizia giudiziaria e quella dei detenuti e degli internati in transito.
Puo' essere istituita una sola casa mandamentale o circondariale
rispettivamente per piu' mandamenti o circondari.
Art. 61.
Istituti per l'esecuzione delle pene
Gli istituti per l'esecuzione delle pene si distinguono in:
1) case di arresto, per l'esecuzione della pena dell'arresto.
Sezioni di case di arresto possono essere istituite presso le case
di custodia mandamentali o circondariali;
2) case di reclusione, per l'esecuzione della pena della
reclusione.
Sezioni di case di reclusione possono essere istituite presso le
case di custodia circondariali.
Per esigenze particolari, e nei limiti e con le modalita' previste
dal regolamento, i condannati alla pena dell'arresto o della reclusione possono essere assegnati alle case di custodia preventiva;
i condannati alla pena della reclusione possono essere altresi' assegnati alle case di arresto.
Art. 62.
Istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
Gli istituti per l'esecuzione delle misure di sicurezza detentive
si distinguono in:
colonie agricole;
case di lavoro;
case di cura e custodia;
ospedali psichiatrici giudiziari.
In detti istituti si eseguono le misure di sicurezza
rispettivamente previste dai numeri 1, 2 e 3 del primo capoverso dell'articolo 215 del codice penale.
Possono essere istituite:
sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della colonia
agricola presso una casa di lavoro e viceversa;
sezioni per l'esecuzione della misura di sicurezza della casa di
cura e di custodia presso un ospedale psichiatrico giudiziario;
sezioni per l'esecuzione delle misure di sicurezza della colonia
agricola e della casa di lavoro presso le case di reclusione.
Art. 63.
Centri di osservazione
I centri di osservazione sono costituiti come istituti autonomi o
come sezioni di altri istituti.
I predetti svolgono direttamente le attivita' di osservazione
indicate nell'articolo 13 e prestano consulenze per le analoghe attivita' di osservazione svolte nei singoli istituti.
Le risultanze dell'osservazione sono inserite nella cartella
personale.
Su richiesta dell'autorita' giudiziaria possono essere assegnate ai
detti centri per la esecuzione di perizie medico-legali anche le persone sottoposte a procedimento penale.
I centri di osservazione svolgono, altresi', attivita' di ricerca
scientifica.
Art. 64.
Differenziazione degli istituti per l'esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza
I singoli istituti devono essere organizzati con caratteristiche
differenziate in relazione alla posizione giuridica dei detenuti e degli internati e alle necessita' di trattamento individuale o di gruppo degli stessi.
Art. 65.
Istituti per infermi e minorati
I soggetti affetti da infermita' o minorazioni fisiche o psichiche
devono essere assegnati ad istituti o sezioni speciali per idoneo trattamento.
A tali istituti o sezioni sono assegnati i soggetti che, a causa
delle loro condizioni, non possono essere sottoposti al regime degli istituti ordinari.
Art. 66.
Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti
La costituzione, la trasformazione, la soppressione degli istituti
penitenziari nonche' delle sezioni sono disposte con decreto ministeriale.
Art. 67.
Visite agli istituti
Gli istituti penitenziari possono essere visitati senza autorizzazione da:
a) il Presidente del Consiglio dei Ministri e il presidente della Corte costituzionale;
b) i ministri, i giudici della Corte costituzionale, i Sottosegretari di Stato, i membri del Parlamento e i componenti del Consiglio superiore della magistratura;
c) il presidente della corte d'appello, il procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello, il presidente del tribunale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale, il pretore, i magistrati di sorveglianza, nell'ambito delle rispettive giurisdizioni; ogni altro magistrato per l'esercizio delle sue funzioni;
d) i consiglieri regionali e il commissario di Governo per la regione, nell'ambito della loro circoscrizione;
e) l'ordinario diocesano per l'esercizio del suo ministero;
f) il prefetto e il questore della provincia; il medico provinciale;
g) il direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e i magistrati e i funzionari da lui delegati;
h) gli ispettori generali dell'amministrazione penitenziaria;
i) l'ispettore dei cappellani;
l) gli ufficiali del corpo degli agenti di custodia.
l-bis) i garanti dei diritti dei detenuti comunque denominati.
((l-ter) i membri del Parlamento europeo))
L'autorizzazione non occorre nemmeno per coloro che accompagnano le persone di cui al comma precedente per ragioni del loro ufficio e per il personale indicato nell'articolo 18-bis.
Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono accedere agli istituti, per ragioni del loro ufficio, previa autorizzazione dell'autorita' giudiziaria.
Possono accedere agli istituti, con l'autorizzazione del direttore, i ministri del culto cattolico e di altri culti.
Art. 67-bis
(( (Visite alle camere di sicurezza).
1. Le disposizioni di cui all'articolo 67 si applicano anche alle camere di sicurezza)).
Capo II
GIUDICI DI SORVEGLIANZA
Art. 68.
(Uffici di sorveglianza).
1. Gli uffici di sorveglianza sono costituiti nelle sedi di cui alla tabella A allegata alla presente legge e hanno giurisdizione sulle circoscrizioni dei tribunali in essa indicati.
2. Ai suddetti uffici, per l'esercizio delle funzioni rispettivamente elencate negli articoli 69, 70 e 70-bis, sono assegnati magistrati di cassazione, di appello e di tribunale nonche' personale del ruolo delle cancellerie e segreterie giudiziarie e personale esecutivo e subalterno. ((Il personale amministrativo di cui al periodo precedente non puo' essere destinato temporaneamente ad altri uffici del distretto giudiziario di appartenenza senza il nulla-osta del presidente del tribunale di sorveglianza.))
3. Con decreto del presidente della Corte di appello puo' essere temporaneamente destinato a esercitare le funzioni del magistrato di sorveglianza mancante o impedito un giudice avente la qualifica di magistrato di cassazione, di appello o di tribunale.
4. I magistrati che esercitano funzioni di sorveglianza non debbono essere adibiti ad altre funzioni giudiziarie. Possono altresi' avvalersi, con compiti meramente ausiliari nell'esercizio delle loro funzioni, di assistenti volontari individuati sulla base dei criteri indicati nell'articolo 78, la cui attivita' non puo' essere retribuita.
Art. 69.
(Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza).
1. Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo.
2. Esercita, altresi', la vigilanza diretta ad assicurare che l'esecuzione della custodia degli imputati sia attuata in conformita' delle leggi e dei regolamenti.
3. Sovraintende all'esecuzione delle misure di sicurezza personali.
4. Provvede al riesame della pericolosita' ai sensi del primo e secondo comma dell'articolo 208 del codice penale, nonche' all'applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca, anche anticipata, delle misure di sicurezza. Provvede altresi', con decreto motivato, in occasione dei provvedimenti anzidetti, alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale, professionale o per tendenza di cui agli articoli 102, 103, 104, 105 e 108 del codice penale.
5. Approva, con decreto, il programma di trattamento di cui al terzo comma dell'articolo 13, ovvero, se ravvisa in esso elementi che costituiscono violazione dei diritti del condannato o dell'internato, lo restituisce, con osservazioni, al fine di una nuova formulazione. Approva, con decreto, il provvedimento di ammissione al lavoro all'esterno. Impartisce, inoltre, ((...)), disposizioni dirette ad eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati.
((6. Provvede a norma dell'articolo 35-bis sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti:
a) le condizioni di esercizio del potere disciplinare, la costituzione e la competenza dell'organo disciplinare, la contestazione degli addebiti e la facolta' di discolpa; nei casi di cui all'articolo 39, comma 1, numeri 4 e 5, e' valutato anche il merito dei provvedimenti adottati;
b) l'inosservanza da parte dell'amministrazione di disposizioni previste dalla presente legge e dal relativo regolamento, dalla quale derivi al detenuto o all'internato un attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti.))
7. Provvede, con decreto motivato, sui permessi, sulle licenze ai detenuti semiliberi ed agli internati, e sulle modifiche relative all'affidamento in prova al servizio sociale e alla detenzione domiciliare.
8. Provvede con ordinanza sulla riduzione di pena per la liberazione anticipata e sulla remissione del debito, nonche' sui ricoveri previsti dall'articolo 148 del codice penale.
9. Esprime motivato parere sulle proposte e le istanze di grazia concernenti i detenuti.
10. Svolge, inoltre, tutte le altre funzioni attribuitegli dalla Legge. (38)
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AGGIORNAMENTO (38)
La Corte Costituzionale con sentenza del 8-11 febbraio 1999, n. 26 (in G.U. 1a s.s. 17/02/1999, n. 7) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale degli artt. degli artt. 35 e 69 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'), quest'ultimo come sostituito dall'art. 21 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui non prevedono una tutela giurisdizionale nei confronti degli atti della amministrazione penitenziaria lesivi di diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della liberta' personale.
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AGGIORNAMENTO (60)
La Corte Costituzionale, con sentenza 23-27 ottobre 2006, n. 341 (in G.U. 1a s.s. 02/11/2006, n. 1000) come modificata dal Comunicato 23 ottobre 2006, n. 341 (in G.U. 1a s.s. 8/11/2006, n. 44) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 69, sesto comma, lettera a), della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta).
Art. 69-bis
(Procedimento in materia di liberazione anticipata).
1. Sull'istanza di concessione della liberazione anticipata, il magistrato di sorveglianza provvede con ordinanza, adottata in camera di consiglio senza la presenza delle parti, che e' comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nell'articolo 127 del codice di procedura penale.
2. Il magistrato di sorveglianza decide non prima di quindici giorni dalla richiesta del parere al pubblico ministero e anche in assenza di esso. (71)
3. Avverso l'ordinanza di cui al comma 1 il difensore, l'interessato e il pubblico ministero possono, entro dieci giorni dalla comunicazione o notificazione, proporre reclamo al tribunale di sorveglianza competente per territorio.
4. Il tribunale di sorveglianza decide ai sensi dell'articolo 678 del codice di procedura penale. Si applicano le disposizioni del quinto e del sesto comma dell'articolo 30-bis.
5. ((COMMA ABROGATO DAL D.LGS. 2 OTTOBRE 2018, N. 123)).
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AGGIORNAMENTO (71)
La L. 26 novembre 2010, n. 199 ha disposto (con l'art. 1, comma 5) che "Il magistrato di sorveglianza provvede ai sensi dell'articolo 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, ma il termine di cui al comma 2 del predetto articolo e' ridotto a cinque giorni".
Art. 70.
(Funzioni e provvedimenti della sezione di sorveglianza).
1. In ciascun distretto di corte d'appello e in ciascuna
circoscrizione territoriale di sezione distaccata di corte d'appello e' costituito un tribunale di sorveglianza competente per l'affidamento in prova al servizio sociale, la detenzione domiciliare, la detenzione domiciliare speciale, la semiliberta', la liberazione condizionale, ((...)) la revoca o cessazione dei suddetti benefici ((nonche' della riduzione di pena per la liberazione anticipata)), il rinvio obbligatorio o facoltativo dell'esecuzione delle pene detentive ai sensi degli articoli 146 e 147, numeri 2) e 3), del codice penale, nonche' per ogni altro provvedimento ad esso attribuito dalla legge.
2. Il tribunale di sorveglianza decide inoltre in sede di appello
sui ricorsi avverso i provvedimenti di cui al comma 4 dell'articolo 69. Il magistrato che ha emesso il provvedimento non fa parte del collegio.
3. Il tribunale e' composto da tutti i magistrati di sorveglianza
in servizio nel distretto o nella circoscrizione territoriale della sezione distaccata di corte d'appello e da esperti scelti fra le categorie indicate nel quarto comma dell'articolo 80, nonche' fra docenti di scienze criminalistiche.
4. Gli esperti effettivi e supplenti sono nominati dal Consiglio
superiore della magistratura in numero adeguato alle necessita' del servizio presso ogni tribunale per periodi triennali rinnovabili.
5. I provvedimenti del tribunale sono adottati da un collegio
composto dal presidente o, in sua assenza o impedimento, dal magistrato di sorveglianza che lo segue nell'ordine delle funzioni giudiziarie e, a parita' di funzioni, nell'anzianita'; da un magistrato di sorveglianza e da due fra gli esperti di cui al precedente comma 4.
6. Uno dei due magistrati ordinari deve essere il magistrato di
sorveglianza sotto la cui giurisdizione e' posto il condannato o l'internato in ordine alla cui posizione si deve provvedere.
7. La composizione dei collegi giudicanti e' annualmente
determinata secondo le disposizioni dell'ordinamento giudiziario.
8. Le decisioni del tribunale sono emesse con ordinanza in camera
di consiglio; in caso di parita' di voti prevale il voto del presidente.
9. COMMA ABROGATO DAL D.P.R. 30 MAGGIO 2002, N. 115.
Art. 70-bis
(((Presidente del tribunale di sorveglianza).
1. Le funzioni di presidente del tribunale di sorveglianza sono
conferite a un magistrato di cassazione o, per i tribunali istituiti nelle sezioni distaccate di corte d'appello, a un magistrato d'appello.
2. Il presidente del tribunale, fermo l'espletamento delle funzioni
di magistrato di sorveglianza nell'ufficio di appartenenza, provvede:
a) a dirigere e ad organizzare le attivita' del tribunale di
sorveglianza;
b) a coordinare, in via organizzativa, in funzione del disbrigo
degli affari di competenza del tribunale, l'attivita' degli uffici di sorveglianza compresi nella giurisdizione del tribunale medesimo;
c) a disporre le applicazioni dei magistrati e del personale
ausiliario nell'ambito dei vari uffici di sorveglianza nei casi di assenza, impedimento o urgenti necessita' di servizio;
d) a richiedere al presidente della corte di appello l'emanazione
dei provvedimenti di cui al comma 3 dell'articolo 68;
e) a proporre al Consiglio superiore della magistratura la nomina
degli esperti effettivi o supplenti componenti del tribunale e a compilare le tabelle per gli emolumenti loro spettanti;
f) a svolgere tutte le altre attivita' a lui riservate dalla
legge e dai regolamenti)).
Art. 70-ter
(((Nuove denominazioni).
1. Le denominazioni "sezione di sorveglianza" e "giudice di
sorveglianza" di cui alle leggi vigenti sono rispettivamente sostituite dalle seguenti: "tribunale di sorveglianza" e "magistrato di sorveglianza".
2. Per il funzionamento del tribunale di sorveglianza nonche' degli
uffici di sorveglianza di cui all'articolo 68 si provvede con assegnazioni dirette di fondi e di attrezzature mediante prelievo delle somme necessarie dagli appositi capitoli del bilancio di previsione del Ministero di grazia e giustizia)).
((Capo II-bis
PROCEDIMENTO DI SORVEGLIANZA))
Art. 71.
(((Norme generali).
1. Per l'adozione dei provvedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza espressamente indicati nei commi 1 e 2 dell'articolo 70, nonche' dei provvedimenti del magistrato di sorveglianza in materia di remissione del debito, di ricoveri di cui all'articolo 148 del codice penale, di applicazione, esecuzione, trasformazione o revoca anche anticipata delle misure di sicurezza e di quelli relativi all'accertamento dell'identita' personale ai fini delle dette misure, si applica il procedimento di cui ai commi e agli articoli seguenti.
2. Il presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza, a seguito di richiesta o di proposta ovvero di ufficio, invita l'interessato ad esercitare la facolta' di nominare un difensore. Se l'interessato non vi provvede entro cinque giorni dalla comunicazione dell'invito, il difensore e nominato di ufficio dal presidente del tribunale o dal magistrato di sorveglianza. Successivamente il presidente del tribunale o il magistrato di sorveglianza fissa con decreto il giorno della trattazione e ne fa comunicare avviso al pubblico ministero, all'interessato e al difensore almeno cinque giorni prima di quello stabilito.
3. La competenza spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta o della proposta o all'inizio d'ufficio del procedimento.
4. Se l'interessato non e' detenuto o internato, la competenza spetta al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione nel luogo in cui l'interessato ha la residenza o il domicilio. Nel caso in cui non sia possibile determinare la competenza secondo il criterio sopra indicato, si applica la disposizione del secondo comma dell'articolo 635 del codice di procedura penale.
5. Le disposizioni contenute nel capo I del titolo V del libro IV del codice di procedura penale sono applicabili in quanto non diversamente disposto dalla presente legge. L'articolo 641 del codice di procedura penale resta in vigore limitatamente ai casi di cui all'articolo 212 dello stesso codice)).
Art. 71-bis
(((Udienza).
L'udienza si svolge con la partecipazione del difensore e del rappresentante dell'ufficio del pubblico ministero. L'interessato puo' partecipare personalmente alla discussione e presentare memorie.
Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti alla sezione di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte d'appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.
I provvedimenti della sezione e del magistrato di sorveglianza sono emessi sulla base dell'acquisizione in udienza dei documenti relativi all'osservazione e al trattamento nonche', quando occorre, svolgendo i necessari accertamenti ed avvalendosi della consulenza dei tecnici del trattamento.
L'ordinanza che conclude il procedimento di sorveglianza e' comunicata al pubblico ministero, all'interessato e al difensore nel termine di dieci giorni dalla data della deliberazione)).
Art. 71-ter
(((Ricorso per cassazione).
1. Avverso le ordinanze del tribunale di sorveglianza e del
magistrato di sorveglianza, il pubblico ministero, l'interessato e, nei casi di cui agli articoli 14-ter e 69, comma 6, l'amministrazione penitenziaria, possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento. Si applicano le disposizioni del terzo comma dell'articolo 640 del codice di procedura penale. Si applica, altresi', l'ultimo comma dell'articolo 631 del codice di procedura penale)).
Art. 71-quater
(((Comunicazioni).
Le comunicazioni all'interessato degli avvisi e dei provvedimenti
previsti negli articoli precedenti sono effettuati ai sensi dell'articolo 645 del codice di procedura penale)).
Art. 71-quinquies
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663)).
Art. 71-sexies
(((Inammissibilita').
Qualora l'istanza per l'adozione dei provvedimenti indicati nel primo comma dell'articolo 71, appaia manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge, ovvero costituisca mera riproposizione di una istanza gia' rigettata, basata sui medesimi elementi, il presidente, sentito il pubblico ministero, emette decreto motivato con il quale dichiara inammissibile l'istanza e dispone non farsi luogo a procedimento di sorveglianza.
Il decreto e' comunicato entro cinque giorni all'interessato, il quale ha facolta' di proporre opposizione nel termine di cinque giorni dalla comunicazione stessa facendo richiesta di trattazione.
A seguito dell'opposizione, il presidente della sezione da' corso al procedimento di sorveglianza)).
Capo III
((ESECUZIONE PENALE ESTERNA ED ASSISTENZA))
Art. 72.
(Uffici locali di esecuzione penale esterna).
1. Gli uffici locali di esecuzione penale esterna dipendono dal Ministero della giustizia e la loro organizzazione e' disciplinata con regolamento adottato dal Ministro ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni.
2. Gli uffici:
a) svolgono, su richiesta dell'autorita' giudiziaria, le inchieste utili a fornire i dati occorrenti per l'applicazione, la modificazione, la proroga e la revoca delle misure di sicurezza;
b) svolgono le indagini socio-familiari ((e l'attivita' di osservazione del comportamento)) per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione ai condannati;
c) propongono all'autorita' giudiziaria il programma di trattamento da applicare ai condannati che chiedono di essere ammessi all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare;
d) controllano l'esecuzione dei programmi da parte degli ammessi alle misure alternative, ne riferiscono all'autorita' giudiziaria, proponendo eventuali interventi di modificazione o di revoca;
e) su richiesta delle direzioni degli istituti penitenziari, prestano consulenza per favorire il buon esito del trattamento penitenziario;
f) svolgono ogni altra attivita' prescritta dalla legge e dal regolamento.
Art. 73.
Cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Presso la direzione generale per gli istituti di prevenzione e di
pena e' istituita la cassa per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto.
La cassa ha personalita' giuridica, e' amministrata con le norme
della contabilita' di Stato e puo' avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.
Per il bilancio, l'amministrazione e il servizio della cassa si
applicano le norme previste dall'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547.
La cassa e' amministrata da un consiglio composto:
1) dal direttore generale per gli istituti di prevenzione e di
pena, presidente;
2) da un rappresentante del Ministero del tesoro;
3) da un rappresentante del Ministero dell'interno.
Le funzioni di segretario sono esercitate dal direttore
dell'ufficio della direzione generale per gli istituti di prevenzione e di pena, competente per l'assistenza.
Nessuna indennita' o retribuzione e' dovuta alle persone suddette.
Il patrimonio della cassa e' costituito, oltre che dai lasciti,
donazioni o altre contribuzioni, dalle somme costituenti le differenze fra mercede e remunerazione di cui all'articolo 23.
I fondi della cassa sono destinati a soccorrere e ad assistere le
vittime che a causa del delitto si trovino in condizioni di comprovato bisogno.
Art. 74.
Consigli di aiuto sociale
Nel capoluogo di ciascun circondario e' costituito un consiglio di aiuto sociale, presieduto dal presidente del tribunale o da un magistrato da lui delegato, e composto dal presidente del tribunale dei minorenni o da un altro magistrato da lui designato, da un magistrato di sorveglianza, da un rappresentante della regione, da un rappresentante della provincia, da un funzionario dell'amministrazione civile dell'interno designato dal prefetto, dal sindaco o da un suo delegato, dal medico provinciale, dal dirigente dell'ufficio provinciale del lavoro, da un delegato dell'ordinario diocesano, dai direttori degli istituti penitenziari del circondario.
Ne fanno parte, inoltre, sei componenti nominati dal presidente del tribunale fra i designati da enti pubblici e privati qualificati nell'assistenza sociale.
Il consiglio di aiuto sociale ha personalita' giuridica, e' sottoposto alla vigilanza del Ministero di grazia e giustizia e puo' avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.
I componenti del consiglio di aiuto sociale prestano la loro opera gratuitamente.
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, puo' essere disposta la fusione di piu' consigli di aiuto sociale in un unico ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore dell'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria si provvede:
1) con le assegnazioni della cassa delle ammende di cui all'articolo 4 della legge 9 maggio 1932, n. 547;
2) con lo stanziamento annuale previsto dalla legge 23 maggio 1956, n. 491;
3) ((NUMERO ABROGATO DAL D.LGS. 2 OTTOBRE 2018, N. 124));
4) con i fondi ordinari di bilancio;
5) con gli altri fondi costituenti il patrimonio dell'ente.
Alle spese necessarie per lo svolgimento dei compiti del consiglio di aiuto sociale nel settore del soccorso e dell'assistenza alle vittime del delitto si provvede con le assegnazioni della cassa prevista dall'articolo precedente e con i fondi costituiti da lasciti, donazioni o altre contribuzioni ricevuti dall'ente a tale scopo.
Il regolamento stabilisce l'organizzazione interna e le modalita' del funzionamento del consiglio di aiuto sociale, che delibera con la presenza di almeno sette componenti.
Art. 75.
Attivita' del consiglio di aiuto sociale per l'assistenza penitenziaria e post-penitenziaria
Il consiglio di aiuto sociale svolge le seguenti attivita':
1) cura che siano fatte frequenti visite ai liberandi, al fine di favorire, con opportuni consigli e aiuti, il loro reinserimento nella vita sociale;
2) cura che siano raccolte tutte le notizie occorrenti per accertare i reali bisogni dei liberandi e studia il modo di provvedervi, secondo le loro attitudini e le condizioni familiari;
3) assume notizie sulle possibilita' di collocamento al lavoro nel circondario e svolge, anche a mezzo del comitato di cui all'articolo 77, opera diretta ad assicurare una occupazione ai liberati che abbiano o stabiliscano residenza nel circondario stesso;
4) organizza, anche con il concorso di enti o di privati, corsi
di addestramento e attivita' lavorative per i liberati che hanno bisogno di integrare la loro preparazione professionale e che non possono immediatamente trovare lavoro; promuove altresi' la frequenza dei liberati ai normali corsi di addestramento e di avviamento professionale predisposti dalle regioni;
5) cura il mantenimento delle relazioni dei detenuti e degli internati con le loro famiglie;
6) segnala alle autorita' e agli enti competenti i bisogni delle famiglie dei detenuti e degli internati, che rendono necessari speciali interventi;
7) concede sussidi in denaro o in natura;
8) collabora con i competenti organi per il coordinamento dell'attivita' assistenziale degli enti e delle associazioni pubbliche e private nonche' delle persone che svolgono opera di assistenza e beneficenza diretta ad assicurare il piu' efficace e appropriato intervento in favore dei liberati e dei familiari dei detenuti e degli internati.
Art. 76.
Attivita' del consiglio di aiuto sociale per il soccorso e l'assistenza alle vittime del delitto
Il consiglio di aiuto sociale presta soccorso, con la concessione
di sussidi in natura o in denaro, alle vittime del delitto e provvede all'assistenza in favore dei minorenni orfani a causa del delitto.
Art. 77.
Comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale
Al fine di favorire l'avviamento al lavoro dei dimessi dagli
istituiti di prevenzione e di pena, presso ogni consiglio di aiuto sociale, ovvero presso l'ente di cui al quarto comma dell'articolo 74, e' istituito il comitato per l'occupazione degli assistiti dal consiglio di aiuto sociale.
Di tale comitato, presieduto dal presidente del consiglio di aiuto
sociale o da un magistrato da lui delegato, fanno parte quattro rappresentanti rispettivamente dell'industria, del commercio, dell'agricoltura e dell'artigianato locale, designati dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, tre rappresentanti dei datori di lavoro e tre rappresentanti dei prestatori d'opera, designati dalle organizzazioni sindacali piu' rappresentative sul piano nazionale, un rappresentante dei coltivatori diretti, il direttore dell'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, un impiegato della carriera direttiva dell'amministrazione penitenziaria e un assistente sociale del centro di servizio sociale di cui all'articolo 72.
I componenti del comitato sono nominati dal presidente del
consiglio di aiuto sociale.
Il comitato delibera con la presenza di almeno cinque componenti.
Art. 78.
Assistenti volontari
L'amministrazione penitenziaria puo', su proposta del magistrato di
sorveglianza, autorizzare persone idonee all'assistenza e all'educazione a frequentare gli istituti penitenziari allo scopo di partecipare all'opera rivolta al sostegno morale dei detenuti e degli internati, e al futuro reinserimento nella vita sociale.
Gli assistenti volontari possono cooperare nelle attivita'
culturali e ricreative dell'istituto sotto la guida del direttore, il quale ne coordina l'azione con quella di tutto il personale addetto al trattamento.
L'attivita' prevista nei commi precedenti non puo' essere
retribuita.
Gli assistenti volontari possono collaborare coi centri di servizio
sociale per l'affidamento in prova, per il regime di semiliberta' e per l'assistenza ai dimessi e alle loro famiglie.
Capo IV
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art. 79.
(((Minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali. Magistratura di sorveglianza).
Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei
minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sara' provveduto con apposita legge.
Nei confronti dei minori di cui al comma precedente e dei soggetti
maggiorenni che commisero il reato quando erano minori degli anni diciotto, le funzioni della sezione di sorveglianza e del magistrato di sorveglianza sono esercitate, rispettivamente, dal tribunale per i minorenni e dal giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni.
Al giudice di sorveglianza per i minorenni non si applica l'ultimo
comma dell'articolo 68)).
Art. 80.
Personale dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena
Presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti, oltre al personale previsto dalle leggi vigenti, operano gli educatori per adulti e gli assistenti sociali dipendenti dai centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72.
L'amministrazione penitenziaria puo' avvalersi, per lo svolgimento delle attivita' di osservazione e di trattamento, di personale incaricato giornaliero, entro limiti numerici da concordare annualmente, con il Ministero del tesoro.
Al personale incaricato giornaliero e' attribuito lo stesso trattamento ragguagliato a giornata previsto per il corrispondente personale incaricato.
Per lo svolgimento delle attivita' di osservazione e di trattamento, l'amministrazione penitenziaria puo' avvalersi di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica, ((nonche' di mediatori culturali e interpreti,)) corrispondendo ad essi onorari proporzionati alle singole prestazioni effettuate.
Il servizio infermieristico degli istituti penitenziari previsti dall'art. 59, e' assicurato mediante operai specializzati con la qualifica di infermieri.
A tal fine la dotazione organica degli operai dell'amministrazione degli istituti di prevenzione e di pena, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 275, emanato a norma dell'articolo 17 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, e' incrementata di 800 unita' riservate alla suddetta categoria. Tali unita' sono attribuite nella misura di 640 agli operai specializzati e di 160 ai capi operai.
Le modalita' relative all'assunzione di detto personale saranno stabilite dal regolamento di esecuzione.
Art. 81.
Attribuzioni degli assistenti sociali
Gli assistenti sociali della carriera direttiva esercitano le
attribuzioni previste dagli articoli 9, 10 e 11 della legge 16 luglio 1962, n. 1085, anche nell'ambito dei centri di servizio sociale previsti dall'articolo 72 della presente legge.
((Gli assistenti sociali della carriera di concetto esercitano le
attivita' indicate nell'articolo 72 della presente legge nell'ambito dei centri di servizio sociale. Essi espletano compiti di vigilanza e di assistenza nei confronti dei sottoposti a misure alternative alla detenzione nonche' compiti di sostegno e di assistenza nei confronti dei sottoposti alla liberta' vigilata; partecipano, inoltre, alle attivita' di assistenza ai dimessi)).
Art. 82.
Attribuzioni degli educatori
Gli educatori partecipano all'attivita' di gruppo per
l'osservazione scientifica della personalita' dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attivita' concernenti la rieducazione.
Essi svolgono, quando sia consentito, attivita' educative anche nei
confronti degli imputati.
Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella
distribuzione dei libri, delle riviste e dei giornali.
Art. 83.
Ruoli organici del personale di servizio sociale e degli educatori
La tabella dell'organico del personale della carriera direttiva di
servizio sociale, annessa alla legge 16 luglio 1962, n. 1085, e' sostituita dalla tabella B allegata alla presente legge.
Sono istituiti i ruoli organici delle carriere di concetto degli
educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le dotazioni organiche dei ruoli, di cui al precedente comma, sono
stabilite rispettivamente dalle tabelle C e D allegate alla presente legge.
Al personale delle carriere suddette si applicano le disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, nonche', in quanto compatibili, quelle di cui al regio decreto 30 luglio 1940, n. 2041, e successive modificazioni; lo stesso personale dipende direttamente dall'amministrazione penitenziaria e dai suoi organi periferici.
Gli impiegati della carriera direttiva di servizio sociale che al 1
luglio 1970 rivestivano la qualifica di direttore, al conseguimento dell'anzianita' di cui al primo comma dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, sono esonerati, per la nomina alla qualifica di primo dirigente, dalla partecipazione al corso previsto dagli articoli 22 e 23 del decreto stesso.
La nomina e' effettuata, nei limiti dei posti disponibili, con
decreto del Ministro, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione sulla base dei rapporti informativi e dei giudizi complessivi conseguiti dagli interessati.
Art. 84.
Concorso per esame speciale per l'accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti
Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge
il Ministro per la grazia e giustizia indira' un concorso, per esame speciale, di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, istituito dal precedente articolo, nel limite del cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso.
Entro trenta mesi dall'entrata in vigore della presente legge sara'
indetto un concorso pubblico di accesso al ruolo della carriera di concetto degli assistenti sociali per adulti, nel limite del residuo cinquanta per cento della complessiva dotazione organica del ruolo stesso. A tale concorso sono ammessi anche gli assistenti sociali immessi nel ruolo del servizio sociale per i minorenni per effetto del concorso a 160 posti di assistente sociale, di cui al decreto ministeriale 21 giugno 1971.
Il concorso previsto al primo comma e' riservato, indipendentemente
dai limiti di eta' previsti dalle vigenti disposizioni per l'accesso agli impieghi dello Stato, a coloro i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, svolgano attivita' retribuita di assistente sociale presso gli istituti di prevenzione e di pena per adulti e siano forniti di diploma di istituto di istruzione di secondo grado nonche' di certificato di qualificazione professionale rilasciato da una scuola biennale o triennale di servizio sociale.
Il concorso consiste in una prova orale avente per oggetto le
seguenti materie:
1) teoria e pratica del servizio sociale;
2) psicologia;
3) nozioni di diritto e procedura penale;
4) regolamenti per gli istituti di prevenzione e di pena.
La commissione esaminatrice e' presieduta dal direttore generale
per gli istituti di prevenzione e di pena o dal magistrato che ne fa le veci ed e' composta dai seguenti membri:
un magistrato di corte d'appello addetto alla direzione generale
per gli istituti di prevenzione e di pena;
un docente universitario in neuropsichiatria o in psicologia o in
criminologia o in antropologia criminale;
un ispettore generale dell'amministrazione degli istituti di
prevenzione e di pena;
un docente di materie di servizio sociale.
Le funzioni di segretario sono esercitate da un impiegato del ruolo
amministrativo della carriera direttiva della detta amministrazione con qualifica non inferiore a direttore alla seconda classe di stipendio (ex coefficiente 257).
La prova si considera superata dai candidati che hanno riportato un
punteggio non inferiore a sei decimi.
I vincitori del concorso sono nominati:
a) alla prima classe di stipendio della qualifica di assistente
sociale se abbiano prestato servizio continuativo ai sensi del terzo comma del presente articolo per almeno due anni;
b) alla seconda classe di stipendio della qualifica di assistente
sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno quattro anni;
c) alla terza classe di stipendio della qualifica di assistente
sociale se abbiano prestato tale servizio per almeno otto anni.
Nei confronti di coloro che sono inquadrati nella prima o nella
seconda classe di stipendio, ai sensi del comma precedente, gli anni di servizio di assistente sociale prestato in modo continuativo, ai sensi del terzo comma del presente articolo, oltre i limiti rispettivi di due e quattro anni sono computati ai fini dell'inquadramento nella classe di stipendio immediata mente superiore.
Entro tre mesi dalla data di pubblicazione del decreto di nomina i
vincitori del concorso hanno facolta' di chiedere il riscatto degli anni di servizio prestato ai sensi del terzo comma del presente articolo, ai fini del trattamento di quiescenza e della indennita' di buonuscita.
Art. 85.
Accesso alla carriera direttiva di servizio sociale
Alla lettera e) dell'articolo 5 della legge 16 luglio 1962, n. 1085, sono soppresse le parole "istituita o autorizzata a norma di legge".
Art. 86.
Personale per gli uffici di sorveglianza
Con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per il tesoro, e' determinato, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, il contingente dai magistrati e del personale di cui all'articolo 68 da assegnare a ciascun ufficio di sorveglianza nei limiti delle attuali complessive dotazioni organiche.
Art. 87.
Norme di esecuzione
Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Ministro per la grazia e giustizia, di concerto con il Ministro per il tesoro, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente legge, sara' emanato il regolamento di esecuzione. Per quanto concerne la materia della istruzione negli istituti di prevenzione e di pena il regolamento di esecuzione sara' emanato di concerto anche con il Ministro per la pubblica istruzione.
Fino all'emanazione del suddetto regolamento restano applicabili,
in quanto non incompatibili con le norme della presente legge, le disposizioni del regolamento vigente.
Entro il termine indicato nel primo comma dovranno essere emanate
le norme che disciplinano lo ingresso in carriera del personale di concetto dei ruoli degli educatori per adulti e degli assistenti sociali per adulti.
Le disposizioni concernenti l'affidamento al servizio sociale e il
regime di semiliberta' entreranno in vigore un anno dopo la pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Art. 88.
Attuazione dei ruoli del personale
L'istituzione del ruolo organico del personale di concetto di
servizio sociale per adulti, l'ampliamento del ruolo organico del personale direttivo di servizio sociale, l'istituzione del ruolo organico della carriera di concetto degli educatori per adulti e l'ampliamento del ruolo degli operai specializzati addetti agli ospedali psichiatrici e alle case di cura e di custodia, previsti dalla presente legge, saranno attuati entro un periodo di sette anni.
Art. 89.
Norme abrogate
Sono abrogati gli articoli 141, 142, 143, 144, 149 e l'ultimo
capoverso dell'articolo 207 del codice penale, l'articolo 585 del codice di procedura penale nonche' ogni altra norma incompatibile con la presente legge.
Art. 90.
((ARTICOLO ABROGATO DALLA L. 10 OTTOBRE 1986, N. 663))
Art. 91.
Copertura finanziaria
All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in lire 25 miliardi per l'anno finanziario 1975, si provvede mediante riduzione di pari importo dello stanziamento iscritto al capitolo 6856 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro per l'anno finanziario medesimo.
Il Ministro per il tesoro e' autorizzato a provvedere, con propri decreti, alle occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 26 luglio 1975.
LEONE
MORO - REALE - COLOMBO
Visto, il Guardasigilli: REALE
Tabella A
(( ===================================================================== | | Ufficio di | | | Distretto di | Sorveglianza | Tribunale di | +======================+======================+=====================+ | |ANCONA |PESARO URBINO | |ANCONA |----------------------+---------------------+ | | |MACERATA ASCOLI | | |MACERATA |PICENO FERMO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |BARI |TRANI | |BARI |----------------------+---------------------+ | |FOGGIA |FOGGIA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |BOLOGNA FERRARA | | |BOLOGNA |FORLI' RAVENNA RIMINI| | |----------------------+---------------------+ |BOLOGNA |MODENA |MODENA | | |----------------------+---------------------+ | | |REGGIO EMILIA PARMA | | |REGGIO EMILIA |PIACENZA | +----------------------+----------------------+---------------------+ |BOLZANO/BOZEN |BOLZANO/BOZEN |BOLZANO/BOZEN | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |BRESCIA |BRESCIA BERGAMO | |BRESCIA |----------------------+---------------------+ | |MANTOVA |MANTOVA CREMONA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |CAGLIARI LANUSEI | |CAGLIARI |CAGLIARI |ORISTANO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |CALTANISSETTA ENNA | |CALTANISSETTA |CALTANISSETTA |GELA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |CAMPOBASSO ISERNIA | |CAMPOBASSO |CAMPOBASSO |LARINO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |CATANIA |CATANIA CALTAGIRONE | |CATANIA |----------------------+---------------------+ | |SIRACUSA |SIRACUSA RAGUSA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |CATANZARO CROTONE | | | |LAMEZIA TERME VIBO | |CATANZARO |CATANZARO |VALENTIA | | |----------------------+---------------------+ | | |COSENZA CASTROVILLARI| | |COSENZA |PAOLA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |FIRENZE AREZZO PRATO | | |FIRENZE |PISTOIA | | |----------------------+---------------------+ | |LIVORNO |LIVORNO | |FIRENZE |----------------------+---------------------+ | |PISA |PISA LUCCA | | |----------------------+---------------------+ | |SIENA |SIENA GROSSETO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |GENOVA |GENOVA IMPERIA SAVONA| |GENOVA |----------------------+---------------------+ | |MASSA |MASSA LA SPEZIA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |L'AQUILA |L'AQUILA | |L'AQUILA |----------------------+---------------------+ | |PESCARA |PESCARA CHIETI TERAMO| +----------------------+----------------------+---------------------+ |LECCE |LECCE |LECCE BRINDISI | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |MESSINA BARCELLONA | |MESSINA |MESSINA |POZZO DI GOTTO PATTI | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |MILANO |MILANO LODI MONZA | | |----------------------+---------------------+ | |PAVIA |PAVIA | |MILANO |----------------------+---------------------+ | | |VARESE BUSTO ARSIZIO | | |VARESE |COMO LECCO SONDRIO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |NAPOLI NAPOLI NORD | | |NAPOLI |NOLA TORRE ANNUNZIATA| | |----------------------+---------------------+ |NAPOLI |AVELLINO |AVELLINO BENEVENTO | | |----------------------+---------------------+ | |SANTA MARIA CAPUA |SANTA MARIA CAPUA | | |VETERE |VETERE | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |PALERMO TERMINI | | |PALERMO |IMERESE | | |----------------------+---------------------+ |PALERMO |AGRIGENTO |AGRIGENTO SCIACCA | | |----------------------+---------------------+ | |TRAPANI |TRAPANI MARSALA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |PERUGIA |PERUGIA | |PERUGIA |----------------------+---------------------+ | |SPOLETO |SPOLETO TERNI | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |POTENZA LAGONEGRO | |POTENZA |POTENZA |MATERA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |REGGIO CALABRIA LOCRI| |REGGIO CALABRIA |REGGIO CALABRIA |PALMI | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |CIVITAVECCHIA LATINA | | |ROMA |TIVOLI VELLETRI | | |----------------------+---------------------+ |ROMA |FROSINONE |FROSINONE CASSINO | | |----------------------+---------------------+ | |VITERBO |VITERBO RIETI | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |SALERNO NOCERA | | | |INFERIORE VALLO DELLA| |SALERNO |SALERNO |LUCANIA | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |SASSARI TEMPIO | |SASSARI |SASSARI |PAUSANIA | | |----------------------+---------------------+ | |NUORO |NUORO | +----------------------+----------------------+---------------------+ |TARANTO |TARANTO |TARANTO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |TORINO |TORINO ASTI | | |----------------------+---------------------+ | |ALESSANDRIA |ALESSANDRIA | | |----------------------+---------------------+ |TORINO |CUNEO |CUNEO | | |----------------------+---------------------+ | |NOVARA |NOVARA AOSTA VERBANIA| | |----------------------+---------------------+ | |VERCELLI |VERCELLI BIELLA IVREA| +----------------------+----------------------+---------------------+ |TRENTO |TRENTO |TRENTO ROVERETO | +----------------------+----------------------+---------------------+ | |TRIESTE |TRIESTE | | |----------------------+---------------------+ |TRIESTE | |UDINE GORIZIA | | |UDINE |PORDENONE | +----------------------+----------------------+---------------------+ | | |VENEZIA BELLUNO | | |VENEZIA |TREVISO | | |----------------------+---------------------+ |VENEZIA |PADOVA |PADOVA ROVIGO | | |----------------------+---------------------+ | |VERONA |VERONA VICENZA | +----------------------+----------------------+---------------------+ ))
TABELLA B
RUOLO ORGANICO DELLA CARRIERA DIRETTIVA DEGLI ASSISTENTI SOCIALI
Parte di provvedimento in formato grafico
TABELLA C
RUOLO DEGLI EDUCATORI PER ADULTI DELLA CARRIERA DI CONCETTO
Parte di provvedimento in formato grafico
TABELLA D
RUOLO DEGLI ASSISTENTI SOCIALI PER ADULTI DELLA CARRIERA DI CONCETTO
Parte di provvedimento in formato grafico
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AGGIORNAMENTO (93)
Il D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155 ha disposto (con l'art. 11, comma 2) che "Salvo quanto previsto al comma 3, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3, 4, 5 e 7 acquistano efficacia decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto".