Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati

Illeciti disciplinari dei magistrati
DECRETO LEGISLATIVO 23 febbraio 2006, n. 109


Vedi anche la Guida sulla responsabilità disciplinare dei magistrati


Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilita', nonche' modifica della disciplina in tema di incompatibilita', dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005, n. 150.

Capo I
Della responsabilita' disciplinare dei magistrati
Sezione I
Degli illeciti disciplinari

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 25 luglio 2005, n. 150, recante delega al Governo

per la riforma dell'ordinamento giudiziario di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, per il decentramento del Ministero della giustizia, per la modifica della disciplina concernente il Consiglio di presidenza della Corte dei conti e il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, nonche' per l'emanazione di un testo unico;

Visti, in particolare, gli articoli 1, comma 1, lettera f), e 2,

commi 6 e 7, della citata legge n. 150 del 2005 che prevedono la individuazione delle fattispecie tipiche di illecito disciplinare dei magistrati e delle relative sanzioni, la modifica della procedura per l'applicazione delle medesime, nonche' la modifica della disciplina in tema di incompatibilita', dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,

adottata nella riunione del 28 ottobre 2005;

Aquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei

deputati, espressi in data 20 dicembre 2005 ed in data 22 dicembre 2005, e del Senato della Repubblica, espressi in data 7 dicembre 2005 ed in data 30 novembre 2005, a norma dell'articolo 1, comma 4, della citata legge n. 150 del 2005;

Ritenuto di conformarsi alla condizione formulata dalla Commissione

giustizia del Senato della Repubblica in ordine alla soppressione dell'articolo 2, con cio' dovendosi ritenere contestualmente assorbita anche la condizione formulata dalla Commissione giustizia della Camera dei deputati in ordine al medesimo articolo;

Esaminate le osservazioni formulate dalla Commissione giustizia del

Senato della Repubblica;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella

riunione del 19 gennaio 2006;

Sulla proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i

Ministri dell'economia e delle finanze e per la funzione pubblica;

E m a n a il seguente decreto legislativo:


Art. 1

Doveri del magistrato


1. Il magistrato esercita le funzioni attribuitegli con

imparzialita', correttezza, diligenza, laboriosita', riserbo e equilibrio e rispetta la dignita' della persona nell'esercizio delle funzioni.

2. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).

3. ((COMMA ABROGATO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).

Art. 2

Illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni


1. Costituiscono illeciti disciplinari nell'esercizio delle funzioni:

a) fatto salvo quanto previsto dalle lettere b) e c), i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1, arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio ad una delle parti;

b) l'omissione della comunicazione, al Consiglio superiore della magistratura, della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilita' di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

c) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei casi previsti dalla legge;

d) i comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell'ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei confronti di altri magistrati o di collaboratori;

e) l'ingiustificata interferenza nell'attivita' giudiziaria di altro magistrato;

f) l'omessa comunicazione al capo dell'ufficio, da parte del magistrato destinatario, delle avvenute interferenze;

g) la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza inescusabile;

h) il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile;

i) LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269;

l) l'emissione di provvedimenti privi di motivazione, ovvero la cui motivazione consiste nella sola affermazione della sussistenza dei presupposti di legge senza indicazione degli elementi di fatto dai quali tale sussistenza risulti, quando la motivazione e' richiesta dalla legge;

m) l'adozione di provvedimenti adottati nei casi non consentiti dalla legge, per negligenza grave e inescusabile, che abbiano leso diritti personali o, in modo rilevante, diritti patrimoniali;

n) la reiterata o grave inosservanza delle norme regolamentari o delle disposizioni sul servizio giudiziario o sui servizi organizzativi e informatici adottate dagli organi competenti;

o) l'indebito affidamento ad altri di attivita' rientranti nei propri compiti;

p) l'inosservanza dell'obbligo di risiedere nel comune in cui ha sede l'ufficio in assenza dell'autorizzazione prevista dalla normativa vigente se ne e' derivato concreto pregiudizio all'adempimento dei doveri di diligenza e laboriosita';

q) il reiterato, grave e ingiustificato ritardo nel compimento degli atti relativi all'esercizio delle funzioni; si presume non grave, salvo che non sia diversamente dimostrato, il ritardo che non eccede il triplo dei termini previsti dalla legge per il compimento dell'atto;

r) il sottrarsi in modo abituale e ingiustificato all'attivita' di servizio;

s) per il dirigente dell'ufficio o il presidente di una sezione o il presidente di un collegio, l'omettere di assegnarsi affari e di redigere i relativi provvedimenti;

t) l'inosservanza dell'obbligo di rendersi reperibile per esigenze di ufficio quando esso sia imposto dalla legge o da disposizione legittima dell'organo competente;

u) la divulgazione, anche dipendente da negligenza, di atti del procedimento coperti dal segreto o di cui sia previsto il divieto di pubblicazione, nonche' la violazione del dovere di riservatezza sugli affari in corso di trattazione, o sugli affari definiti, quando e' idonea a ledere indebitamente diritti altrui;

v) pubbliche dichiarazioni o interviste che riguardino i soggetti coinvolti negli affari in corso di trattazione, ovvero trattati e non definiti con provvedimento non soggetto a impugnazione ordinaria, quando sono dirette a ledere indebitamente diritti altrui nonche' la violazione del divieto di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106;

z) LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269;

aa) il sollecitare la pubblicita' di notizie attinenti alla propria attivita' di ufficio ovvero il costituire e l'utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;

bb) LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269;

cc) l'adozione intenzionale di provvedimenti affetti da palese incompatibilita' tra la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una precostituita e inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o argomentativo;

dd) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio o del presidente di una sezione o di un collegio, della comunicazione agli organi competenti di fatti a lui noti che possono costituire illeciti disciplinari compiuti da magistrati dell'ufficio, della sezione o del collegio;

ee) l'omissione, da parte del dirigente l'ufficio ovvero da parte del magistrato cui compete il potere di sorveglianza, della comunicazione al Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilita' previste dagli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come da ultimo modificati dall'articolo 29 del presente decreto, ovvero delle situazioni che possono dare luogo all'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 2 e 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, come modificati dagli articoli 26, comma 1 e 27 del presente decreto;

ff) l'adozione di provvedimenti non previsti da norme vigenti ovvero sulla base di un errore macroscopico o di grave e inescusabile negligenza;

gg) l'emissione di un provvedimento restrittivo della liberta' personale fuori dei casi consentiti dalla legge, determinata da negligenza grave ed inescusabile.

((gg-bis) l'inosservanza dell'articolo 123 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271))

2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), i), l), m), n), o), p), cc) e ff), l'attivita' di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilita' disciplinare.

Art. 3

Illeciti disciplinari fuori dell'esercizio delle funzioni


1. Costituiscono illeciti disciplinari al di fuori dell'esercizio

delle funzioni:

a) l'uso della qualita' di magistrato al fine di conseguire vantaggi ingiusti per se' o per altri;

b) il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a

questi consta essere stata dichiarata delinquente abituale,

professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti

non colposi alla pena della reclusione superiore a tre anni o

essere sottoposto ad una misura di prevenzione, salvo che sia

intervenuta la riabilitazione, ovvero l'intrattenere rapporti

consapevoli di affari con una di tali persone;

c) l'assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del Consiglio superiore della magistratura;

d) lo svolgimento di attivita' incompatibili con la funzione giudiziaria di cui all'articolo 16, comma 1, del regio decreto 30

gennaio 1941, n. 12, e succesive modificazioni, o di attivita'

tali da recare concreto pregiudizio all'assolvimento dei doveri

disciplinati dall'articolo 1;

e) l'ottenere, direttamente o indirettamente, prestiti o agevolazioni da soggetti che il magistrato sa essere parti o indagati in

procedimenti penali o civili pendenti presso l'ufficio giudiziario

di appartenenza o presso altro ufficio che si trovi nel distretto

di Corte d'appello nel quale esercita le funzioni giudiziarie,

ovvero dai difensori di costoro, nonche' ottenere, direttamente o

indirettamente, prestititi o agevolazioni, a condizioni di

eccezionale favore, da parti offese o testimoni o comunque da

soggetti coinvolti in detti procedimenti;

f) ((LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269));

g) la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente incompatibili con l'esercizio delle funzioni

giudiziarie;

((h) l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attivita' di

soggetti operanti nel settore economico o finanziario che possono

condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere

l'immagine del magistrato));

((i) l'uso strumentale della qualita' che, per la posizione del magistrato o per le modalita' di realizzazione, e' diretto a

condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente

previste));

l) ((LETTERA ABROGATA DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).

Art. 3-bis

(( (Condotta disciplinare irrilevante) ))


((1. L'illecito disciplinare non e' configurabile quando il fatto

e' di scarsa rilevanza.))

Art. 4.

Illeciti disciplinari conseguenti a reato

1. Costituiscono illeciti disciplinari conseguenti al reato:

a) i fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e'

stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto doloso o preterintenzionale, quando la legge stabilisce la pena detentiva sola o congiunta alla pena pecuniaria;

b) i fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e'

stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, per delitto colposo, alla pena della reclusione, sempre che presentino, per modalita' e conseguenze, carattere di particolare gravita';

c) i fatti per i quali e' intervenuta condanna irrevocabile o e'

stata pronunciata sentenza ai sensi dell'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, alla pena dell'arresto, sempre che presentino, per le modalita' di esecuzione, carattere di particolare gravita';

d) qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l'immagine

del magistrato, anche se il reato e' estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non puo' essere iniziata o proseguita.

Sezione II
Delle sanzioni disciplinari

Art. 5.

Sanzioni

1. Il magistrato che viola i suoi doveri e' soggetto alle seguenti

sanzioni disciplinari:

a) l'ammonimento;

b) la censura;

c) la perdita dell'anzianita';

d) l'incapacita' temporanea a esercitare un incarico direttivo o

semidirettivo;

e) la sospensione dalle funzioni da tre mesi a due anni;

f) la rimozione.

2. Quando per il concorso di piu' illeciti disciplinari si debbono

irrogare piu' sanzioni di diversa gravita', si applica la sanzione prevista per l'infrazione piu' grave; quando piu' illeciti disciplinari, commessi in concorso tra loro, sono puniti con la medesima sanzione, si applica la sanzione immediatamente piu' grave. Nell'uno e nell'altro caso puo' essere applicata anche la sanzione meno grave se compatibile.

Art. 6.

Ammonimento

1. L'ammonimento e' un richiamo, espresso nel dispositivo della

decisione disciplinare, all'osservanza, da parte del magistrato, dei suoi doveri, in rapporto all'illecito commesso.

Art. 7.

Censura

1. La censura e' una dichiarazione formale di biasimo contenuta nel

dispositivo della decisione disciplinare.

Art. 8.

Perdita dell'anzianita'

1. La perdita dell'anzianita' non puo' essere inferiore a due mesi

e non puo' superare i due anni.

Art. 9.

Temporanea incapacita' ad esercitare

un incarico direttivo o semidirettivo

1. La temporanea incapacita' ad esercitare un incarico direttivo o

semidirettivo non puo' essere inferiore a sei mesi e non puo' superare i due anni. Se il magistrato svolge funzioni direttive o semidirettive, debbono essergli conferite di ufficio altre funzioni non direttive o semidirettive, corrispondenti alla sua qualifica.

2. Applicata la sanzione, il magistrato non puo' riprendere

l'esercizio delle funzioni direttive o semidirettive presso l'ufficio ove le svolgeva anteriormente al provvedimento disciplinare.

Art. 10.

Sospensione dalle funzioni

1. La sospensione dalle funzioni consiste nell'allontanamento dalle

funzioni con la sospensione dallo stipendio e il collocamento del magistrato fuori dal ruolo organico della magistratura.

2. Al magistrato sospeso e' corrisposto un assegno alimentare pari

ai due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere continuativo, se il magistrato sta percependo il trattamento economico riservato alla prima o seconda o terza classe stipendiale; alla meta', se alla quarta o quinta classe; a un terzo, se alla sesta o settima classe.

Art. 11.

Rimozione

1. La rimozione determina la cessazione del rapporto di servizio e

viene attuata mediante decreto del Presidente della Repubblica.

Art. 12.

Sanzioni applicabili

1. Si applica una sanzione non inferiore alla censura per:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1,

arrecano ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

b) la consapevole inosservanza dell'obbligo di astensione nei

casi previsti dalla legge;

c) l'omissione, da parte dell'interessato, della comunicazione al

Consiglio superiore della magistratura della sussistenza di una delle cause di incompatibilita' di cui agli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modificati dall'articolo 29 del presente decreto;

d) il tenere comportamenti che, a causa dei rapporti comunque

esistenti con i soggetti coinvolti nel procedimento ovvero a causa di avvenute interferenze, costituiscano violazione del dovere di imparzialita';

e) i comportamenti previsti dall'articolo 2, comma 1, lettere d),

e) ed f);

f) il perseguimento di fini diversi da quelli di giustizia;

g) il reiterato o grave ritardo nel compimento degli atti

relativi all'esercizio delle funzioni;

h) la scarsa laboriosita', se abituale;

i) la grave o abituale violazione del dovere di riservatezza;

l) l'uso della qualita' di magistrato al fine di conseguire

vantaggi ingiusti;

m) lo svolgimento di incarichi extragiudiziari senza avere

richiesto o ottenuto la prescritta autorizzazione dal Consiglio superiore della magistratura, qualora per l'entita' e la natura dell'incarico il fatto non si appalesi di particolare gravita'.

2. Si applica una sanzione non inferiore alla perdita

dell'anzianita' per:

a) i comportamenti che, violando i doveri di cui all'articolo 1,

arrecano grave e ingiusto danno o indebito vantaggio a una delle parti;

b) l'uso della qualita' di magistrato al fine di conseguire

vantaggi ingiusti, se abituale e grave;

c) i comportamenti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera b).

3. Si applica la sanzione della incapacita' a esercitare un

incarico direttivo o semidirettivo per l'interferenza, nell'attivita' di altro magistrato, da parte del dirigente dell'ufficio o del presidente della sezione, se ripetuta o grave.

4. Si applica una sanzione non inferiore alla sospensione dalle

funzioni per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi e uffici vietati dalla legge ovvero per l'accettazione e lo svolgimento di incarichi per i quali non e' stata richiesta o ottenuta la prescritta autorizzazione, qualora per l'entita' e la natura dell'incarico il fatto si appalesi di particolare gravita'.

5. Si applica la sanzione della rimozione al magistrato che sia

stato condannato in sede disciplinare per i fatti previsti dall'articolo 3, comma 1, lettera e), che incorre nella interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a condanna penale o che incorre in una condanna a pena detentiva per delitto non colposo non inferiore a un anno la cui esecuzione non sia stata sospesa, ai sensi degli articoli 163 e 164 del Codice penale o per la quale sia intervenuto provvedimento di revoca della sospensione ai sensi dell'articolo 168 dello stesso Codice.

Art. 13.

Trasferimento d'ufficio e provvedimenti cautelari

1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nell'infliggere una sanzione diversa dall'ammonimento e dalla rimozione, puo' disporre il trasferimento del magistrato ad altra sede o ad altro ufficio quando, per la condotta tenuta, la permanenza nella stessa sede o nello stesso ufficio appare in contrasto con il buon andamento dell'amministrazione della giustizia. ((5))

Il trasferimento e' sempre disposto quando ricorre una delle violazioni previste dall'articolo 2, comma 1, lettera a), nonche' nel caso in cui e' inflitta la sanzione della sospensione dalle funzioni.

2. Nei casi di procedimento disciplinare per addebiti punibili con una sanzione diversa dall'ammonimento, su richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore generale presso la Corte di cassazione, ove sussistano gravi elementi di fondatezza dell'azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, in via cautelare e provvisoria, puo' disporre il trasferimento ad altra sede o la destinazione ad altre funzioni del magistrato incolpato.


------------

AGGIORNAMENTO (5)

La Corte Costituzionale con sentenza 23 giugno - 16 luglio 2015, n. 170 (in G.U. 1ª s.s. 22/07/2015, n. 29) ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 1, secondo periodo, del presente articolo limitatamente alle parole da «quando ricorre» a «nonche'».

Capo II
Del procedimento disciplinare

Art. 14

Titolarita' dell'azione disciplinare


1. L'azione disciplinare e' promossa dal Ministro della giustizia e

dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

2. Il Ministro della giustizia ha facolta' di promuovere ((, entro

un anno dalla notizia del fatto,)) l'azione disciplinare mediante richiesta di indagini al Procuratore generale presso la Corte di cassazione. Dell'iniziativa il Ministro da' comunicazione al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha

l'obbligo di esercitare l'azione disciplinare, dandone comunicazione al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, con indicazione sommaria dei fatti per i quali si procede. Il Ministro della giustizia, se ritiene che l'azione disciplinare deve essere estesa ad altri fatti, ne fa richiesta, nel corso delle indagini, al Procuratore generale.

4. Il Consiglio superiore della magistratura, i consigli giudiziari

e i dirigenti degli uffici hanno l'obbligo di comunicare al Ministro della giustizia e al Procuratore generale presso la Corte di cassazione ogni fatto rilevante sotto il profilo disciplinare. I presidenti di sezione e i presidenti di collegio nonche' i procuratori aggiunti debbono comunicare ai dirigenti degli uffici i fatti concernenti l'attivita' dei magistrati della sezione o del collegio o dell'ufficio che siano rilevanti sotto il profilo disciplinare.

5. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione puo'

contestare fatti nuovi nel corso delle indagini, anche se l'azione e' stata promossa dal Ministro della giustizia, salva la facolta' del Ministro di cui al comma 3, ultimo periodo.

Art. 15

Termini dell'azione disciplinare


1. L'azione disciplinare e' promossa entro un anno dalla notizia

del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a seguito dell'espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di segnalazione del Ministro della giustizia. La denuncia e' circostanziata quando contiene tutti gli elementi costitutivi di una fattispecie disciplinare. In difetto di tali elementi, la denuncia non costituisce notizia di rilievo disciplinare.

((1-bis. Non puo' comunque essere promossa l'azione disciplinare

quando sono decorsi dieci anni dal fatto.))

2. Entro un anno dall'inizio del procedimento il Procuratore

generale deve formulare le richieste conclusive di cui all'articolo 17, commi 2 e 6; entro ((due anni)) dalla richiesta, la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, nella composizione di cui all'articolo 4 della legge 24 marzo 1958, n. 195, si pronuncia.

3. La richiesta di indagini rivolta dal Ministro della giustizia al

Procuratore generale o la comunicazione da quest'ultimo data al Consiglio superiore della magistratura ai sensi dell'articolo 14, comma 3, determinano, a tutti gli effetti, l'inizio del procedimento.

4. Dell'inizio del procedimento deve essere data comunicazione,

entro trenta giorni, all'incolpato, con l'indicazione del fatto che gli viene addebitato. Deve procedersi ad analoga comunicazione per le ulteriori contestazioni di cui all'articolo 14, comma 5. L'incolpato puo' farsi assistere da altro magistrato, anche in quiescenza, o da un avvocato, designati in qualunque momento dopo la comunicazione dell'addebito, nonche', se del caso, da un consulente tecnico.

5. Gli atti di indagine non preceduti dalla comunicazione

all'incolpato o da avviso al difensore, quando e' previsto, se gia' designato, sono nulli, ma la nullita' non puo' essere piu' rilevata quando non e' dedotta con dichiarazione scritta e motivata nel termine di dieci giorni dalla data in cui l'interessato ha avuto conoscenza del contenuto di tali atti o, in mancanza, da quella della comunicazione del decreto che fissa la discussione orale davanti alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

6. Se la sentenza della sezione disciplinare del Consiglio

superiore della magistratura e' annullata in tutto o in parte a seguito del ricorso per cassazione, il termine per la pronuncia nel giudizio di rinvio e' di un anno e decorre dalla data in cui vengono restituiti gli atti del procedimento dalla Corte di cassazione.

7. Se i termini non sono osservati, il procedimento disciplinare si

estingue, sempre che l'incolpato vi consenta.

8. Il corso dei termini ((, compreso quello di cui al comma

1-bis,)) e' sospeso:

a) se per il medesimo fatto e' stata esercitata l'azione penale, ovvero il magistrato e' stato arrestato o fermato o si trova in

stato di custodia cautelare, riprendendo a decorrere dalla data in

cui non e' piu' soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo

a procedere ovvero sono divenuti irrevocabili la sentenza o il

decreto penale di condanna;

b) se durante il procedimento disciplinare viene sollevata questione di legittimita' costituzionale, riprendendo a decorrere dal giorno

in cui e' pubblicata la decisione della Corte costituzionale;

c) se l'incolpato e' sottoposto a perizia o ad accertamenti specialistici, e per tutto il tempo necessario;

d) se il procedimento disciplinare e' rinviato a richiesta dell'incolpato o del suo difensore o per impedimento

dell'incolpato o del suo difensore;

((d-bis) se, nei casi di cui all'articolo 2, comma 1, lettere g) ed h), all'accertamento del fatto costituente illecito disciplinare

e' pregiudiziale l'esito di un procedimento civile, penale o

amministrativo;

d-ter) se il procedimento e' sospeso a seguito di provvedimento a norma dell'articolo 16.))

Art. 16

Indagini nel procedimento disciplinare ((.

Potere di archiviazione))


1. Il pubblico ministero procede all'attivita' di indagine. Le

funzioni di pubblico ministero sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un magistrato del suo ufficio.

2. Per l'attivita' di indagine si osservano, in quanto compatibili,

le norme del codice di procedura penale, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, delle persone informate sui fatti, dei periti e degli interpreti. Si applica, comunque, quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.

3. Alle persone informate sui fatti, ai periti e interpreti si

applicano le disposizioni degli articoli 366, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.

((4. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, se lo

ritiene necessario ai fini delle determinazioni sull'azione disciplinare, puo' acquisire atti coperti da segreto investigativo senza che detto segreto possa essergli opposto. Nel caso in cui il procuratore della Repubblica comunichi, motivatamente, che dalla divulgazione degli atti coperti da segreto investigativo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il Procuratore generale dispone, con decreto, che i detti atti rimangano segreti per un periodo non superiore a dodici mesi, prorogabile di altri sei mesi su richiesta motivata del procuratore della Repubblica ovvero di altri dodici mesi quando si procede per reati di cui all'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale, e sospende il procedimento disciplinare per un analogo periodo. Successivamente il Procuratore generale presso la Corte di cassazione puo' prendere visione degli atti. Il procedimento puo' essere altresi' sospeso nel corso delle indagini preliminari.))

5. Il pubblico ministero, per gli atti da compiersi fuori dal suo

ufficio, puo' richiedere altro magistrato in servizio presso la procura generale della corte d'appello nel cui distretto l'atto deve essere compiuto.

((5-bis. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione

procede all'archiviazione se il fatto addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante ai sensi dell'articolo 3-bis o forma oggetto di denuncia non circostanziata ai sensi dell'articolo 15, comma 1, ultimo periodo, o non rientra in alcuna delle ipotesi previste dagli articoli 2, 3 e 4 oppure se dalle indagini il fatto risulta inesistente o non commesso. Il provvedimento di archiviazione e' comunicato al Ministro della giustizia, il quale, entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, puo' richiedere la trasmissione di copia degli atti e, nei sessanta giorni successivi alla ricezione degli stessi, puo' richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 dell'articolo 17 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto. Il provvedimento di archiviazione acquista efficacia solo se il termine di cui sopra sia interamente decorso senza che il Ministro abbia avanzato la richiesta di fissazione dell'udienza di discussione orale davanti alla sezione disciplinare. In tale caso e' sospeso il termine di cui al comma 1 dell'articolo 15.))

Art. 17

Chiusura delle indagini


1. Compiute le indagini, il Procuratore generale formula le

richieste conclusive di cui ai commi 2 e 6 e invia alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura il fascicolo del procedimento, dandone comunicazione all'incolpato. Il fascicolo e' depositato nella segreteria della sezione a disposizione dell'incolpato, che puo' prenderne visione ed estrarre copia degli atti.

2. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, al

termine delle indagini, se non ritiene di dover chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione da' comunicazione al Ministro della giustizia delle sue determinazioni ed invia copia dell'atto.

3. Il Ministro della giustizia, entro venti giorni dal ricevimento

della comunicazione di cui al comma 2, puo' chiedere l'integrazione e, nel caso di azione disciplinare da lui promossa, la modificazione della contestazione, cui provvede il Procuratore generale presso la Corte di cassazione.

4. Il presidente della sezione disciplinare fissa, con suo decreto,

il giorno della discussione orale, con avviso ai testimoni e ai periti.

((5. Il decreto di cui al comma 4 e' comunicato, almeno dieci

giorni prima della data fissata per la discussione orale, al pubblico ministero e all'incolpato nonche' al difensore di quest'ultimo, se gia' designato, e, nelle ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare o abbia richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, al Ministro della giustizia.))

6. Il Procuratore generale, nel caso in cui ritenga che si debba

escludere l'addebito, fa richiesta motivata alla sezione disciplinare per la declaratoria di non luogo a procedere. Della richiesta e' data comunicazione al Ministro della giustizia, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, con invio di copia dell'atto.

7. Il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dal ricevimento

della comunicazione di cui al comma 6, puo' richiedere copia degli atti del procedimento, nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione della contestazione, e, nei venti giorni successivi alla ricezione degli stessi, puo' richiedere al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale, formulando l'incolpazione. Sulla richiesta, si provvede nei modi previsti nei commi 4 e 5 e le funzioni di pubblico ministero, nella discussione orale, sono esercitate dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione o da un suo sostituto. ((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N. 269)).

8. Decorsi i termini di cui al comma 7, sulla richiesta di non

luogo a procedere la sezione disciplinare decide in camera di consiglio. Se accoglie la richiesta, provvede con ordinanza di non luogo a procedere. Se rigetta la richiesta, il Procuratore generale formula l'incolpazione e chiede al presidente della sezione disciplinare la fissazione dell'udienza di discussione orale. Si provvede nei modi previsti dai commi 4 e 5.

Art. 18

Discussione nel giudizio disciplinare


1. Nella discussione orale un componente della sezione disciplinare

del Consiglio superiore della magistratura nominato dal presidente svolge la relazione. ((PERIODO SOPPRESSO DALLA L. 24 OTTOBRE 2006, N.

269)).

2. L'udienza e' pubblica. La sezione disciplinare, su richiesta di

una delle parti, puo' disporre che la discussione si svolga a porte chiuse se ricorrono esigenze di tutela della credibilita' della funzione giudiziaria, con riferimento ai fatti contestati ed all'ufficio che l'incolpato occupa, ovvero esigenze di tutela del diritto dei terzi.

3. La sezione disciplinare puo':

a) assumere, anche d'ufficio, tutte le prove che ritiene utili;

b) disporre o consentire la lettura di rapporti dell'Ispettorato generale del Ministero della giustizia, dei consigli giudiziari e

dei dirigenti degli uffici, la lettura di atti dei fascicoli

personali nonche' delle prove acquisite nel corso delle indagini;

c) consentire l'esibizione di documenti da parte del pubblico ministero, dell'incolpato e del delegato del Ministro della

giustizia.

4. Si osservano, in quanto compatibili, le norme del codice di

procedura penale sul dibattimento, eccezione fatta per quelle che comportano l'esercizio di poteri coercitivi nei confronti dell'imputato, dei testimoni, dei periti e degli interpreti. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 133 del codice di procedura penale.

5. Ai testimoni, periti e interpreti si applicano le disposizioni

di cui agli articoli 366, 372, 373, 376, 377 e 384 del codice penale.

Art. 19

Sentenza disciplinare


((1. La sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura delibera immediatamente dopo l'assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico ministero e della difesa dell'incolpato, il quale deve essere sentito per ultimo. Il pubblico ministero non assiste alla deliberazione in camera di consiglio.))

2. La Sezione disciplinare provvede con sentenza, irrogando una

sanzione disciplinare ovvero, se non e' raggiunta prova sufficiente, dichiarando esclusa la sussistenza dell'addebito. I motivi della sentenza sono depositati nella segreteria della sezione disciplinare entro trenta giorni dalla deliberazione.

3. I provvedimenti adottati dalla sezione disciplinare sono

comunicati al Ministro della giustizia nell'ipotesi in cui egli abbia promosso l'azione disciplinare, ovvero richiesto l'integrazione o la modificazione della contestazione, con invio di copia integrale, anche ai fini della decorrenza dei termini per la proposizione del ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione. Il Ministro puo' richiedere copia degli atti del procedimento.

Art. 20.

Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale

1. L'azione disciplinare e' promossa indipendentemente dall'azione

civile di risarcimento del danno o dall'azione penale relativa allo stesso fatto, ferme restando le ipotesi di sospensione dei termini di cui all'articolo 15, comma 8.

2. Hanno autorita' di cosa giudicata nel giudizio disciplinare

quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e dell'affermazione che l'imputato lo ha commesso:

a) la sentenza penale irrevocabile di condanna;

b) la sentenza irrevocabile prevista dall'articolo 444, comma 2,

del codice di procedura penale.

3. Ha autorita' di cosa giudicata nel giudizio disciplinare quanto

all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione.

Art. 21.

Sospensione cautelare obbligatoria

1. A richiesta del Ministro della giustizia o del Procuratore

generale presso la Corte di cassazione, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura sospende dalle funzioni e dallo stipendio e colloca fuori dal ruolo organico della magistratura il magistrato, sottoposto a procedimento penale, nei cui confronti sia stata adottata una misura cautelare personale.

2. La sospensione permane sino alla sentenza di non luogo a

procedere non piu' soggetta ad impugnazione o alla sentenza irrevocabile di proscioglimento.

3. La sospensione e' revocata, anche d'ufficio, dalla sezione

disciplinare, allorche' la misura cautelare e' revocata per carenza di gravi indizi di colpevolezza. Negli altri casi di revoca o di cessazione degli effetti della misura cautelare, la sospensione puo' essere revocata.

4. Al magistrato sospeso e' corrisposto un assegno alimentare nella

misura indicata nell'articolo 10, comma 2.

5. Il magistrato riacquista il diritto agli stipendi e alle altre

competenze non percepite, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, se e' prosciolto con sentenza irrevocabile ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale. Tale disposizione si applica anche se e' pronunciata nei suoi confronti sentenza di proscioglimento per ragioni diverse o sentenza di non luogo a procedere non piu' soggetta ad impugnazione, qualora, essendo stato il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare, lo stesso si sia concluso con la pronuncia indicata nell'articolo 22, comma 5.

Art. 22

Sospensione cautelare facoltativa


1. Quando il magistrato e' sottoposto a procedimento penale per

delitto non colposo punibile, anche in via alternativa, con pena detentiva, o quando al medesimo possono essere ascritti fatti rilevanti sotto il profilo disciplinare che, per la loro gravita', siano incompatibili con l'esercizio delle funzioni, il Ministro della giustizia o il Procuratore generale presso la Corte di cassazione possono chiedere alla Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio, e il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura, anche prima dell'inizio del procedimento disciplinare. ((Nei casi di minore gravita' il Ministro della giustizia o il Procuratore generale possono chiedere alla sezione disciplinare il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di un distretto limitrofo, ma diverso da quello indicato nell'articolo 11 del codice di procedura penale.))

2. La Sezione disciplinare del Consiglio superiore della

magistratura convoca il magistrato con un preavviso di almeno tre giorni e provvede dopo aver sentito l'interessato o dopo aver constatato la sua mancata presentazione. Il magistrato puo' farsi assistere da altro magistrato o da un avvocato.

3. La sospensione puo' essere revocata dalla Sezione disciplinare

in qualsiasi momento, anche d'ufficio.

4. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 21, commi 4 e

5.

5. Se e' pronunciata sentenza di non luogo a procedere o se

l'incolpato e' assolto o condannato ad una sanzione diversa dalla rimozione o dalla sospensione dalle funzioni per un tempo pari o superiore alla durata della sospensione cautelare eventualmente disposta, sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme gia' riscosse per assegno alimentare.

Art. 23.

Cessazione degli effetti della sospensione cautelare

1. Fatti salvi gli effetti delle disposizioni di cui agli articoli

3, commi 57 e 57-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni, e 2, comma 3, del decreto-legge 16 marzo 2004, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 maggio 2004, n. 126, il magistrato sottoposto a procedimento penale e sospeso in via cautelare, qualora sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non piu' soggetta ad impugnazione, ha diritto ad essere reintegrato a tutti gli effetti nella situazione anteriore, con attribuzione, nei limiti dei posti vacanti, di funzioni di livello pari a quelle piu' elevate assegnate ai magistrati che lo seguivano nel ruolo al momento della sospensione cautelare, ad eccezione delle funzioni direttive superiori giudicanti e requirenti di legittimita' e delle funzioni direttive superiori apicali di legittimita', previa valutazione, da parte del Consiglio superiore della magistratura, delle attitudini desunte dalle funzioni da ultimo esercitate. Qualora non possano essere assegnate funzioni piu' elevate rispetto a quelle svolte al momento della sospensione, il magistrato e' assegnato al posto precedentemente occupato, se vacante; in difetto, ha diritto di scelta fra quelli disponibili, ed entro un anno puo' chiedere l'assegnazione ad ufficio analogo a quello originariamente ricoperto, con precedenza rispetto ad altri eventuali concorrenti.

2. La sospensione cautelare cessa di diritto quando diviene

definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento.

Art. 24

Impugnazioni delle decisioni della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura


1. L'incolpato, il Ministro della giustizia e il Procuratore

generale presso la Corte di cassazione possono proporre, contro i provvedimenti in materia di sospensione di cui agli articoli 21 e 22 e contro le sentenze della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, ricorso per cassazione, nei termini e con le forme previsti dal codice di procedura penale. Nei confronti dei provvedimenti in materia di sospensione il ricorso non ha effetto sospensivo del provvedimento impugnato.

((2. La Corte di cassazione decide a sezioni unite civili, entro

sei mesi dalla data di proposizione del ricorso.))

Art. 25

Revisione


1. E' ammessa, in ogni tempo, la revisione delle sentenze divenute

irrevocabili, con le quali e' stata applicata una sanzione disciplinare, quando:

a) i fatti posti a fondamento della sentenza risultano incompatibili con quelli accertati in una sentenza penale irrevocabile ovvero in

una sentenza di non luogo a procedere non piu' soggetta ad

impugnazione;

b) sono sopravvenuti o si scoprono, dopo la decisione, nuovi elementi di prova, che, soli o uniti a quelli gia' esaminati nel

procedimento disciplinare, dimostrano l'insussistenza

dell'illecito;

c) il giudizio di responsabilita' e l'applicazione della relativa sanzione sono stati determinati da falsita' ovvero da altro reato

accertato con sentenza irrevocabile.

2. Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione debbono, a

pena di inammissibilita' della domanda, essere tali da dimostrare che, se accertati, debba essere escluso l'addebito o debba essere applicata una sanzione diversa da quella inflitta se trattasi della rimozione, ovvero se dalla sanzione applicata e' conseguito il trasferimento d'ufficio.

3. La revisione puo' essere chiesta dal magistrato al quale e'

stata applicata la sanzione disciplinare o, in caso di morte o di sopravvenuta incapacita' di questi, da un suo prossimo congiunto che vi abbia interesse anche soltanto morale.

4. L'istanza di revisione e' proposta personalmente o per mezzo di

procuratore speciale. Essa deve contenere, a pena di inammissibilita', l'indicazione specifica delle ragioni e dei mezzi di prova che la giustificano e deve essere presentata, unitamente ad eventuali atti e documenti, alla segreteria della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

5. Nei casi previsti dal comma 1, lettere a) e b), all'istanza deve

essere unita copia autentica della sentenza penale.

6. La revisione puo' essere chiesta anche dal Ministro della

giustizia e dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione, alle condizioni di cui ai commi 1 e 2 e con le modalita' di cui ai commi 4 e 5.

((7. La sezione disciplinare acquisisce gli atti del procedimento

disciplinare e, sentiti il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, l'istante ed il suo difensore, dichiara inammissibile l'istanza di revisione se proposta fuori dai casi di cui al comma 2, o senza l'osservanza delle disposizioni di cui al comma 4 ovvero se risulta manifestamente infondata; altrimenti, dispone il procedersi al giudizio di revisione, al quale si applicano le norme stabilite per il procedimento disciplinare.

8. Contro la decisione che dichiara inammissibile l'istanza di

revisione e' ammesso ricorso alle sezioni unite civili della Corte di cassazione.))

9. In caso di accoglimento dell'istanza di revisione la sezione

disciplinare revoca la precedente decisione.

10. Il magistrato assolto con decisione irrevocabile a seguito di

giudizio di revisione ha diritto alla integrale ricostruzione della carriera nonche' a percepire gli arretrati dello stipendio e delle altre competenze non percepiti, detratte le somme corrisposte per assegno alimentare, rivalutati in base alla variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e di impiegati.

Capo III
Modifica della disciplina in tema di incompati-bilita', dispensa dal
servizio e trasferimento di ufficio.

Art. 26.

Modifiche all'articolo 2 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in materia di trasferimento di ufficio di natura

amministrativa.

1. All'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31

maggio 1946, n. 511, le parole da: "per qualsiasi causa" a: "dell'ordine giudiziario" sono sostituite dalle seguenti: "per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialita".

2. Alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,

gli atti relativi ai procedimenti amministrativi di trasferimento di ufficio ai sensi dell'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, pendenti presso il Consiglio superiore della magistratura, per fatti astrattamente riconducibili alle fattispecie disciplinari previste dagli articoli 2, 3 e 4, del presente decreto, sono trasmessi al Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione per le sue determinazioni in ordine all'azione disciplinare.

Art. 27.

Modifiche all'articolo 3 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, in materia di trasferimento di ufficio di natura

amministrativa.

1. All'articolo 3, primo comma, del regio decreto legislativo 31

maggio 1946, n. 511, dopo il primo periodo e' aggiunto il seguente: "Se l'infermita' o la sopravvenuta inettitudine consentono l'efficace svolgimento di funzioni amministrative, il magistrato dispensato puo' essere destinato, a domanda, a prestare servizio, nei limiti dei posti disponibili, presso il Ministero della giustizia, secondo modalita' e criteri di comparazione definiti con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro dell'economia e delle finanze, tenuto conto del tipo e della gravita' dell'infermita' o della sopravvenuta inettitudine. Il magistrato dispensato mantiene il diritto al trattamento economico in godimento, con l'eventuale attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile, corrispondente alla differenza retributiva tra il trattamento economico in godimento alla data del provvedimento di dispensa e il trattamento economico corrispondente alla qualifica attribuita.".

Art. 28.

Modifiche all'articolo 11 del regio decreto

30 gennaio 1941, n. 12

1. L'articolo 11 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio

decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, e' sostituito dal seguente:

"Art. 11 (Decadenza per inosservanza del termine per assumere le

funzioni). - Il magistrato, che non assume le funzioni nel termine stabilito dall'articolo precedente, o in quello che gli e' stato assegnato con disposizione del Ministro, decade dall'impiego.

Il magistrato decaduto dall'impiego ai sensi del primo comma si

considera aver cessato di far parte dell'ordine giudiziario in seguito a dimissioni.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche alla

ipotesi di decadenza prevista dall'articolo 127, primo comma, lettera c), seconda parte, del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3.".

Art. 29.

Modifiche agli articoli 18 e 19 del regio decreto

30 gennaio 1941, n. 12

1. Gli articoli 18 e 19 dell'ordinamento giudiziario, di cui al

regio decreto n. 12 del 1941, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:

"Art. 18 (Incompatibilita' di sede per rapporti di parentela o

affinita' con esercenti la professione forense). - I magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.

La ricorrenza in concreto dell'incompatibilita' di sede e'

verificata sulla base dei seguenti criteri:

a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui

al primo comma avanti all'ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresi', conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell'attivita' da parte dei medesimi soggetti;

b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento

alla organizzazione tabellare;

c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista,

avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed ancora, all'interno dei predetti e specie del settore del diritto civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato, dalla organizzazione tabellare;

d) funzione specialistica dell'ufficio giudiziario.

Ricorre sempre una situazione di incompatibilita' con riguardo ai

Tribunali ordinari organizzati in un'unica sezione o alle Procure della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un'unica sezione, salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l'affine non svolga presso tale sezione alcuna attivita' o viceversa.

I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e

requirenti sono sempre in situazione di incompatibilita' di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l'Ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali ordinari organizzati con una pluralita' di sezioni per ciascun settore di attivita' civile e penale.

Il rapporto di parentela o affinita' con un praticante avvocato

ammesso all'esercizio della professione forense, e' valutato ai fini dell'articolo 2, comma 2, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di cui al secondo comma.

Art. 19 (Incompatibilita' di sede per rapporti di parentela o

affinita' con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria della stessa sede). - I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita' sino al secondo grado, di coniugio o di convivenza, non possono far parte della stessa Corte o dello stesso Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.

La ricorrenza in concreto dell'incompatibilita' di sede e'

verificata sulla base dei criteri di cui all'articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.

I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita'

sino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono mai fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in un'unica sezione ovvero di un Tribunale o di una Corte organizzati in un'unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo che uno dei due magistrati operi esclusivamente in sezione distaccata e l'altro in sede centrale.

I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinita'

fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle corti e nei tribunali.

I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o

requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di incompatibilita', salvo valutazione caso per caso per i Tribunali o le Corti organizzati con una pluralita' di sezioni per ciascun settore di attivita' civile e penale. Sussiste, altresi', situazione di incompatibilita', da valutare sulla base dei criteri di cui all'articolo 18, secondo comma, in quanto compatibili, se il magistrato dirigente dell'ufficio e' in rapporto di parentela o affinita' entro il terzo grado, o di coniugio o convivenza, con magistrato addetto al medesimo ufficio, tra il presidente del Tribunale del capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato addetto, rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale per i minorenni.

I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio

giudiziario ove i loro parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, svolgono attivita' di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. La ricorrenza in concreto dell'incompatibilita' e' verificata sulla base dei criteri di cui all'articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.".

Capo IV
Disposizioni finali e ambito di applicazione

Art. 30.

Ambito di applicazione

1. Il presente decreto non si applica ai magistrati amministrativi

e contabili.

Art. 31.

Abrogazioni

1. Oltre a quanto previsto dal decreto legislativo di attuazione

della delega di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 150 del 2005, sono abrogati, dalla data di acquisto di efficacia delle disposizioni contenute nel presente decreto:

a) l'articolo 12 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e

successive modificazioni;

b) gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33,

34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo n. 511 del 1946;

c) gli articoli 57, 58, 59, 60, 61 e 62 del decreto del

Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916;

d) l'articolo 14, primo comma, n. 1), della legge 24 marzo 1958,

n. 195.

Art. 32.

Decorrenza di efficacia

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo sono

efficaci a far data dal novantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito

nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addi' 23 febbraio 2006

CIAMPI

Berlusconi, Presidente del Consiglio

dei Ministri

Castelli, Ministro della giustizia

Tremonti, Ministro del-l'economia e

delle finanze

Baccini, Ministro per la funzione

pubblica

Visto, il Guardasigilli: Castelli

Art. 32-bis

(( (Disposizioni transitorie) ))


((1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano ai

procedimenti disciplinari promossi a decorrere dalla data della sua entrata in vigore.

2. Per i fatti commessi anteriormente alla data di entrata in

vigore delle disposizioni del presente decreto continuano ad applicarsi, se piu' favorevoli, gli articoli 17, 18, 19, 20, 21, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 37 e 38 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.

3. I ricorsi proposti avverso le sentenze pronunziate dalla sezione

disciplinare del Consiglio superiore della magistratura pendenti presso le sezioni unite penali della Corte di cassazione sono trasferiti alle sezioni unite civili della stessa Corte.))