La Sezione Tributaria Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 17365/2009) ha stabilito che la contabilità in nero contenuta nel floppy disc costituisce prova valida per l'Agenzia delle Entrate. È infatti valido l'accertamento induttivo basato sulla documentazione extracontabile senza la necessità di verifiche incrociate sui conti bancari e sui nominativi dei clienti. I Giudici del Palazzaccio hanno infatti evidenziato che "il ritrovamento da parte della Guardia di Finanza, sia presso la sede dell'impresa (…) che nei locali diversi da quelli societari (…), di una ‘contabilità parallela' a quella ufficialmente tenuta dalla società sottoposta a verifica fiscale legittima di per sé, a prescindere cioè dalla sussistenza di qualsivoglia altro elemento, il ricorso al cd. accertamento induttivo di cui all'art. 39, 2° e 3° co., d.p.r. n. 600 del 1973 (…). Trattasi invero di dati e notizie da cui possono essere desunte omissioni o false o inesatte indicazioni, atteso che fermi restando i limiti di efficacia delle scritture contabili delle imprese soggette a registrazione anche le altre scritture provenienti dall'imprenditore
possono operare come prova contra se. Si è più in particolare precisato che la cd. contabilità ‘in nero', risultante da appunti personali ed informali dell'imprenditore ovvero come nella specie in indicazioni contenute in floppy disk, costituisce valido elemento indiziario dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dalla legge (…). Tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 ss. c.c. vanno infatti ricompresi tutti i documenti che registrano, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d'impresa ovvero rappresentano la situazione patrimoniale dell'imprenditore e il risultato economico dell'attività svolta (…)"
La Corte ha quindi precisato che spetta al contribuente fornire la prova contraria.

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