In base all'art. 2697 del codice civile, chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento

Cos'è l'onere della prova

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L'art. 2697 del codice civile contiene una delle norme più importanti dell'impianto processuale civilistico italiano.

La ripartizione dell'onere della prova, infatti, è la regola fondamentale che consente di individuare il soggetto tenuto a dimostrare i fatti di causa, al fine di mettere il giudice in condizioni di prendere una decisione e di emanare una sentenza.

Quest'ultimo, peraltro, può, in determinati casi previsti dalla legge, disporre mezzi di prova anche d'ufficio (art. 183 c.p.c.).

La ripartizione dell'onere della prova

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Di regola, chi intende far valere un diritto in giudizio deve dar prova dei fatti che ne sono a fondamento (art. 2697 c.c., primo comma).

Ciò significa, ad esempio, che quando l'attore deduca in giudizio l'inadempimento contrattuale della controparte, sarà tenuto a provare l'esistenza del contratto, al fine di ottenere l'esatto adempimento o la risoluzione del contratto.

Se, invece, voglia far valere la responsabilità extracontrattuale del convenuto, ad esempio a seguito di un sinistro, egli sarà tenuto a provare il verificarsi dell'evento, l'insorgere di un danno a suo carico e l'elemento psicologico di dolo o di colpa in capo al soggetto ritenuto responsabile, oltre al nesso di causalità.

Quando l'attore manchi di fornire le sopra descritte dimostrazioni, il giudice non riterrà provati i fatti addotti e rigetterà la domanda.

Le eccezioni del convenuto

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Cosa succede, invece, se l'attore riesce a dimostrare quanto gli sia richiesto?

In tal caso sarà il convenuto, in via di eccezione, a dover provare l'inefficacia dei fatti allegati dall'attore o dimostrare che il diritto da questi vantato si sia modificato o estinto (art. 2697 c.c., secondo comma).

A tal fine, egli dovrà provare i fatti a fondamento di tali eccezioni: ad esempio, dimostrando che il contratto sia risolto o presenti caratteri di invalidità.

Breve rassegna giurisprudenziale

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La ripartizione dell'onere della prova è una regola di primaria importanza nel nostro sistema processuale e proprio per tale motivo risulta di frequente al centro di significative pronunce giurisprudenziali.

Ad esempio, in tema di compravendita (nella specie nel settore edilizio), si è di recente affermato che l'onere della prova dei vizi della cosa ricade sul compratore: "in materia di garanzia per i vizi della cosa venduta di cui all'art. 1490 c.c., il compratore che esercita le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo di cui all'art. 1492 c.c. è gravato dell'onere di offrire la prova della esistenza dei vizi" (Cass., SS. UU. n. 11748/19).

In ambito sanitario invece, la Suprema Corte ha chiarito che "ove sia dedotta una responsabilità contrattuale della struttura sanitaria per l'inesatto adempimento della prestazione sanitaria, il danneggiato deve fornire la prova del contratto e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari, restando a carico dell'obbligato la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile" (Cass. n. 5128/20).

Su un piano più generale, di rilevante importanza è stata la sentenza n. 13533 del 2001, con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, in contrasto con la giurisprudenza al tempo dominante, affermarono che "il creditore, sia che agisca per l'adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l'inadempimento della controparte: sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall'avvenuto adempimento".

La stessa sentenza, tra l'altro, chiariva che "la diversa consistenza dell'inadempimento totale e dell'inadempimento inesatto non può giustificare il diverso regime probatorio. (…) In entrambi i casi la pretesa del creditore si fonda sulla allegazione di un inadempimento alla quale il debitore dovrà contrapporre la prova del fatto estintivo costituito dall'esatto adempimento", precisando, inoltre, che "una eccezione all'affermato principio va invece ravvisata nel caso di inadempimento di obbligazioni negative. Ove sia dedotta la violazione di una obbligazione di non fare, la prova dell'inadempimento è sempre a carico del creditore, anche nel caso in cui agisca per l'adempimento".

Da ultimo, appare degna di menzione la pronuncia secondo cui "in tema di onere della prova, la parte convenuta in giudizio per il pagamento di una somma di denaro che eccepisca di avere adempiuto alla propria obbligazione ammette, per ciò stesso, sia pur implicitamente, l'esistenza del rapporto su cui si fonda la pretesa della controparte, la quale, conseguentemente, è sollevata dall'onere della relativa prova, incombendo sul convenuto il compito di dimostrare il proprio assunto difensivo in base al principio per cui chi eccepisce l'estinzione del diritto fatto valere nei suoi confronti deve provare il fatto su cui l'eccezione si fonda" (Cass. sez. lav. n. 14610/14).


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