Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 48011 del 20 novembre 2014

Certo, non è facile dire di no ad un amico che chiede del denaro in prestito. Ma se si è a conoscenza che lo stesso verrà utilizzato per l'acquisto di droga, può valere una condanna per concorso nel reato di spaccio.

Lo ha stabilito la terza sezione penale della Cassazione, con sentenza n. 48011 del 20 novembre 2014, confermando la condanna di un giovane, in ordine al delitto di concorso in acquisto di 95 pasticche di ecstasy (vendute poi a più riprese a Riccione), per aver prestato la somma di denaro necessaria al proprio compagno di viaggio.

In accordo con la sentenza della Corte d'Appello de L'Aquila, la Cassazione, ha escluso l'ipotesi della mera connivenza non punibile optando invece per il concorso nel reato commesso da altro soggetto, giacchè la prima "postula che l'agente mantenga un comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare alcun contributo alla realizzazione del reato, mentre il secondo richiede un contributo partecipativo positivo - morale o materiale - all'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente". 

Cosa avvenuta, secondo la S.C., nel caso di specie, in cui il ricorrente era a conoscenza delle intenzioni del compagno di viaggio di rifornirsi di droga e il prestito del denaro da lui effettuato "agevolò ed anzi fu determinante per l'acquisto delle pasticche", sicché non era possibile parlare di mera connivenza, bensì di condotta materiale "addirittura determinante per la commissione del reato dal momento che senza la somma, sia pure data a titolo di prestito, il cui uso il mutuante ben sapeva, il reato stesso non si sarebbe potuto commettere".

Cassazione Penale sentenza 20 novembre 2014, n. 48011

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