Sei in: Home » Guide Legali » Rapporto di Lavoro » Le dimissioni del lavoratore

Le dimissioni

Le dimissioni sono l'atto formale con il quale il lavoratore attua la propria volontà di porre fine al rapporto di lavoro che lo lega al datore di lavoro  

Dimissioni: cosa sono

[Torna su]

Le dimissioni determinano il recesso dal rapporto di lavoro ad opera del lavoratore. Si tratta di un atto unilaterale che non necessita del consenso del datore di lavoro.

Esse, a differenza dei licenziamenti, non devono essere motivate e sono insindacabili, salvo il caso in cui il rapporto di lavoro sia a tempo determinato: in tale ipotesi, le dimissioni devono essere necessariamente sorrette da una giusta causa.

Differenza con il licenziamento

Le dimissioni, quindi, per certi versi sono un simili al licenziamento, che è l'atto con il quale il datore di lavoro a porre fine unilateralmente al rapporto lavorativo.

Il licenziamento, essendo posto in essere dalla parte "forte" del contratto, è tuttavia contornato da maggiori tutele.

Vai alla guida: "Il licenziamento"

Dimissioni: il preavviso

[Torna su]

Il lavoratore che intende rassegnare le proprie dimissioni deve rispettare il termine di preavviso. 

Il che vuol dire che non potrà comunicare al datore di lavoro che dal giorno successivo non andrà più a lavorare, ma deve manifestargli tale sua volontà con i giorni di anticipo fissati dal contratto collettivo di riferimento. 

Alla base di tale obbligo vi è l'esigenza di dare al datore di lavoro la possibilità  di organizzarsi per far fronte alla carenza di personale, prima che questa divenga effettiva e il rapporto di lavoro si interrompa.

Se il lavoratore non dà il preavviso, il datore di lavoro è legittimato a trattenere dalla busta paga un importo pari alla retribuzione spettante per i giorni di preavviso non dati.

Per approfondimenti leggi: "Preavviso di licenziamento e dimissioni".

Dimissioni per giusta causa

In alcuni casi, tuttavia, l'obbligo di preavviso per le dimissioni viene meno: così come per il licenziamento, anche per le dimissioni la presenza di una giusta causa legittima infatti l'interruzione in tronco del rapporto di lavoro.

Si tratta, in sostanza, di un fatto, addebitabile al datore di lavoro, tale da ledere il legame di fiducia e talmente grave da non consentire la prosecuzione neanche temporanea del rapporto di lavoro (si pensi, ad esempio, alle dimissioni rassegnate a seguito di minacce o di episodi di mobbing).

Lettera di dimissioni in bianco

[Torna su]

Per molto tempo, nel nostro paese, è stato ampiamente diffuso un fenomeno deplorevole, oggi in parte arginato: quello delle dimissioni in bianco.

All'atto dell'assunzione, in sostanza, il datore di lavoro faceva firmare al lavoratore una dichiarazione di dimissioni non datata, da utilizzare per ricattarlo ed eventualmente aggirare la normativa in materia di licenziamenti.

La legge Fornero

La lotta contro tale fenomeno ha conosciuto un primo importante punto di svolta con la legge Fornero numero 92 del 2012, che ha elaborato un meccanismo per le dimissioni complesso e volto ad ottenere la certezza circa la genuinità delle intenzioni dei lavoratori.

In sostanza tale legge ha introdotto l'obbligo per il dipendente dimissionario di convalidare le proprie dimissioni presso la Direzione Territoriale del Lavoro, presso il Centro per l'impiego o presso le altre sedi contemplate dai contratti collettivi. In alternativa, al lavoratore è stata data la possibilità di firmare, come conferma della propria volontà di dimettersi, la ricevuta di trasmissione al Centro per l'impiego della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.

In assenza di convalida, il datore di lavoro, entro trenta giorni, poteva invitare il lavoratore ad attivarsi in tal senso. Quest'ultimo, a questo punto, entro sette giorni poteva contestare le dimissioni replicando al datore di lavoro, ritirarle offrendosi di proseguire il rapporto o convalidarle, anche firmando la predetta ricevuta di trasmissione.

Nel caso in cui, nel termine sopra indicato, il lavoratore non poneva in essere alcuna di tali attività, il rapporto di lavoro si reputava validamente concluso.

Sempre la riforma Fornero ha inoltre introdotto una pesante sanzione amministrativa per coloro che si avvalevano delle dimissioni in bianco, di importo compreso tra 5mila e 10mila euro.

Dimissioni con cliclavoro

La lotta al fenomeno delle dimissioni in bianco è proseguita anche con il Jobs Act, che ha introdotto un diverso e ancor più garantista strumento di difesa della genuinità  delle intenzioni del lavoratore: a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie (così come la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro) possono aver luogo solo mediante strumenti telematici.

Di conseguenza, oggi il lavoratore che intenda dimettersi, se munito del Pin Inps Dispositivo, può inviare il nuovo modulo di dimissioni tramite il sito del Ministero del lavoro (CLICLAVORO) in maniera autonoma, inserendo tutti i dati richiesti nell'apposito form online e recuperando da questo tutte le informazioni necessarie relative al rapporto di lavoro dal quale si intende recedere.

Nel caso in cui tale rapporto sia stato instaurato precedentemente al 2008, però, bisognerà recuperare da soli con esattezza la data di inizio del rapporto, la tipologia contrattuale e i dati del datore di lavoro comprensivi di e-mail o pec.

Si precisa che l'applicazione della nuova norma non riguarda nè il lavoro domestico nè le dimissioni (così come le risoluzioni consensuali) disposte nelle sedi conciliative di cui al quarto comma dell'articolo 2113 del codice civile e nelle commissioni di certificazione.

Dimissioni online con CAF e patronato

In alternativa alla procedura autonoma, i lavoratori possono anche presentare le proprie dimissioni in via telematica tramite soggetti abilitati, come caf, patronati, sindacati, commissioni di certificazione, enti bilaterali.

Revoca delle dimissioni

[Torna su]

Il lavoratore che ha rassegnato le proprie dimissioni può decidere di cambiare idea e renderle prive di effetto. Ciò anche se la relativa procedura è stata compiuta correttamente, ovverosia eseguendo la comunicazione con modalità telematiche.

Il diritto di ripensamento va esercitato nel termine massimo di 7 giorni, decorsi i quali le dimissioni si perfezionano definitivamente.

Data decorrenza dimissioni

[Torna su]

Va infine precisato che la decorrenza delle dimissioni non coincide con la data di invio telematico della relativa comunicazione, ma con quella a partire dalla quale il rapporto di lavoro cessa effettivamente.

Quindi bisogna considerare il periodo di preavviso: le dimissioni decorrono dal giorno successivo all'ultimo giorno di lavoro.

Giurisprudenza

[Torna su]

Ecco alcune pronunce della Cassazione rilevanti in materia di dimissioni: 

Cassazione n. 7711/2019

Sebbene la mancata corresponsione della retribuzione per un periodo significativo possa costituire giusta causa di dimissioni, tuttavia la stessa è da escludere nel caso in cui il lavoratore, manifestando la volontà di dimettersi, abbia consentito a continuare l’attività per tutto o per parte del periodo di preavviso. In tal caso, infatti, è lo stesso comportamento concludente del lavoratore ad escludere la ravvisabilità di circostanze tali da impedire la prosecuzione anche soltanto temporanea del rapporto. 

Cassazione n. 30126/2018

Ai fini della sussistenza di una situazione di incapacità di intendere e di volere (quale prevista dall'art. 428 cod. civ.) costituente causa di annullamento del negozio (nella specie, dimissioni), non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente un turbamento psichico tale da impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all'importanza dell'atto che sta per compiere. 

Cassazione n. 12586/2016

Qualora il lavoratore deduca di essere stato licenziato oralmente e faccia valere in giudizio l'inefficacia o l'invalidità  di tale licenziamento, mentre il datore di lavoro deduca la sussistenza di dimissioni del lavoratore, il materiale probatorio deve essere raccolto (dal giudice di merito) tenendo conto che la prova gravante sul lavoratore è limitata alla sua estromissione dal rapporto, mentre la controdeduzione del datore di lavoro assume la valenza di un'eccezione in senso stretto, il cui onere probatorio ricade sull'eccipiente ex art. 2697, comma 2, c.c.

Cassazione n. 1534/2016

Le dimissioni del lavoratore da un contratto a tempo determinato, facente parte di una sequenza di contratti similari succedutisi nel corso del tempo, esplicano i propri effetti sul rapporto intercorso tra le parti ma non elidono il diritto all'accertamento dell'invalidità  del termine apposto al primo contratto di lavoro, permanendo l'interesse alle conseguenze di ordine economico che da tale nullità  parziale scaturiscono. 

Cassazione n. 15161/2015

Le dimissioni rassegnate dal lavoratore sono annullabili per violenza morale ove siano determinate da una condotta intimidatoria, oggettivamente ingiusta, tale da costituire una decisiva coazione psicologica; il relativo accertamento da parte del giudice di merito si risolve in un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione se motivato in modo sufficiente e non contraddittorio. 

Cassazione n. 4919/2014

In caso di dimissioni volontarie nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento, la lavoratrice madre ha diritto, a norma dell'art. 55 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, alle indennità  previste dalla legge o dal contratto per il caso di licenziamento, ivi compresa l'indennità  sostitutiva del preavviso, indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell'ipotesi in cui esse risultino preordinate all'assunzione della lavoratrice alle dipendenze di altro datore di lavoro. 

Data 18 marzo 2020