Secondo quanto rende noto il Codacons, il Tar del Lazio, avrebbe respinto il ricorso, depositato dal Comitato Co.F. O. (acronimo di Comitato Fannulloni Operosi) contro il decreto brunetta, per l’illegittimità dello stesso che, secondo il giudizio dell’associazione, sarebbe lesivo del diritto alla salute dei lavoratori e del diritto al ristoro economico per chi subisce una lesione invalidante per causa di servizio. L’articolo incriminato è il famoso art.71 (Assenze per malattia e per permesso retribuito dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni): “Nell’ipotesi di assenza per malattia protratta per un periodo superiore a dieci giorni, - si legge dal testo dell’articolo - e, in ogni caso, dopo il secondo evento di malattia nell’anno solare l’assenza viene giustificata esclusivamente mediante presentazione di certificazione medica rilasciata da struttura sanitaria pubblica”, e nel terzo comma si legge che “l’Amministrazione dispone il controllo in ordine alla sussistenza della malattia del dipendente anche nel caso di assenza di un solo giorno, tenuto conto delle esigenze funzionali e organizzative.
Le fasce orarie di reperibilità del lavoratore, entro le quali devono essere effettuate le visite mediche di controllo, e’ dalle ore 8.00 alle ore 13.00 e dalle ore 14 alle ore 20.00 di tutti i giorni, compresi i non lavorativi e i festivi”. Il Tar, chiamato a esprimersi sui presupposti di legittimità dell’atto della funzione Pubblica, ha ritenuto infondati i motivi del ricorso per l’annullamento del cd. decreto anti-fannulloni. “La circostanza che la trattenuta opera soltanto per i primi dieci giorni e su voci non fondamentali del trattamento economico fa ragione sulla manifesta non fondatezza dei rilievi di costituzionalità sollevati con riguardo all'art. 27, primo comma della Cost. affatto non potendo derivare al lavoratore - dalla decurtazione di emolumenti aggiuntivi e/o accessori - alcun serio e credibile pregiudizio ai suoi mezzi di sussistenza” (…) Quanto alla disparità di trattamento con i lavoratori privati, il Collegio osserva che anche per costoro, in situazioni simili, opera immediatamente una cesura della retribuzione economica a carico del datore di lavoro tant'è che scatta, in sostituzione, una indennità (e non una retribuzione) a carico del fondo INPS; si può dire, anzi, che l'art. 71 in commento ha tentato, in parte qua, un'operazione di avvicinamento alla disciplina del lavoro privato; (…) mal si comprende come la norma violerebbe gli artt. 3, 32 e 117 della Cost. sotto il profilo della irrazionalità e della disparità di trattamento che si determinerebbe per non essere stata prevista la possibilità per il lavoratore di assentarsi con giustificato motivo”. A fronte della Sentenza del Tar, il Presidente dell’associazione annuncia quindi ricorso al Consiglio di Stato, “nella speranza che in tale sede si vedano riconosciuti i diritti dei dipendenti pubblici”.

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