Governo e parti sociali hanno raggiunto a Palazzo Chigi l'accordo quadro per la riforma dei contratti. Non ha firmato però la Cgil. Secondo Epifani, segretario generale dell CGIL, "nelle modalità scelte il contratto nazionale non sarà mai in grado di assicurare il recupero del potere d'acquisto rispetto all'inflazione reale" La riforma del modello contrattuale riguarda sia il settore pubblico sia quello privato e le nuove regole della contrattazione collettiva andranno dunque a sostituire lo storico accordo del 93. L'obiettivo dichiarato della riforma è "il rilancio della crescita economica, lo sviluppo occupazionale e l'aumento della produttivita'", da perseguire anche attraverso "una politica di riduzione della pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese, nell'ambito degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica". La durata dell'accordo, che per il momento ha carattere sperimentale, è di 4 anni. Trale principali novità che sono contenute in 19 punti:
1. la conferma i due livelli contrattuali (il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e la contrattazione di secondo livello come definita dalle specifiche intese);
2. la previsione di un sistema che lega i termini economici dei rinnovi a un nuovo indice previsionale costruito sulla base dell'indice dei prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo per l'Italia, depurato dalla dinamica dei prezzi dei beni energetici importati.
Per evitare un prolungamento eccessivo delle trattative di rinnovo dei contratti collettivi, le specifiche intese ridefiniscono i tempi e le procedure per la presentazione delle richieste sindacali, l'avvio e lo svolgimento delle trattative stesse.
Per maggiori dettagli pubblichiamo il testo integrale dell'accordo quadro per la riforma degli assetti contrattuali

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