Il Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 441/2024 pubblicata il 22 giugno 2025 sul sito del Codice deontologico, ha affermato un principio di rilievo in tema di responsabilità disciplinare dell'avvocato: l'illecito deontologico derivante dall'uso di espressioni sconvenienti o offensive si configura come illecito istantaneo e si consuma nel momento in cui il destinatario percepisce o è in grado di percepire l'offesa.
La decisione ha riguardato la contestazione dell'art. 52 del Codice Deontologico Forense, che vieta all'avvocato di utilizzare nei confronti di colleghi o controparti frasi che ledano il decoro e la dignità professionale.
Il caso
Il procedimento disciplinare era stato avviato a seguito di un esposto presentato da un avvocato che, nei propri atti difensivi, aveva visto rivolgersi dal collega della controparte accuse molto gravi.
In particolare, il professionista incolpato aveva imputato al collega la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall'art. 88 c.p.c., la commissione del reato di frode processuale previsto dall'art. 371 c.p. e persino di calunnia. Tali circostanze, tuttavia, erano state smentite dagli atti di causa e dai provvedimenti resi nei procedimenti oggetto dell'esposto disciplinare.
Secondo il CNF, il contenuto degli scritti difensivi integrava l'offesa alla reputazione e alla dignità del collega, con un evidente travalicamento dei limiti del diritto di critica e del diritto di difesa.
Il principio di diritto sul momento consumativo dell'illecito
La decisione ha chiarito che l'illecito disciplinare ha natura istantanea: si perfeziona nel momento in cui l'offesa viene percepita o può essere percepita dal destinatario.
Ciò significa che da quel momento decorre il termine di prescrizione per l'azione disciplinare previsto dall'art. 51 del Codice Deontologico. La successiva diffusione o persistenza dell'atto contenente le espressioni sconvenienti non determina la protrazione dell'illecito nel tempo.
Illecito istantaneo e illecito permanente
La sentenza precisa che l'illecito deontologico legato a espressioni offensive si distingue dall'illecito permanente, nel quale la condotta si protrae per una durata indefinita. Nel caso in esame, l'offesa si esaurisce con l'avvenuta percezione della comunicazione, che coincide con la conoscenza degli atti giudiziari da parte della parte lesa.
Per il CNF, ammettere una diversa ricostruzione significherebbe estendere in modo indefinito il termine di prescrizione, in contrasto con il principio di certezza giuridica che regola la materia disciplinare.
• Foto: 123rf.com