L'articolo evidenzia gli errori che si commettono dietro quello che rischia di diventare uno schermo per nascondere decisioni anche dannose per i bambini


Nell'ultima parte dell'art. 2 della Dichiarazione dei diritti del bambino (1959) si leggeva: "Nella adozione delle leggi rivolte a tal fine, la considerazione determinante deve essere il superiore interesse del bambino". Nell'art. 3 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia (1989) si legge: "In tutte le decisioni riguardanti i fanciulli che scaturiscano da istituzioni di assistenza sociale private o pubbliche, tribunali, autorità amministrative o organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve costituire oggetto di primaria considerazione". Da una fonte all'altra è cambiato innanzitutto il campo di azione in cui tener conto dell'interesse superiore del fanciullo. Oggi, quindi, deve tener conto dell'interesse superiore del fanciullo non solo il legislatore ma chiunque si occupi e debba decidere dei bambini, a cominciare dai genitori.

Educare un figlio non significa tirarlo su a propria immagine e somiglianza, secondo i propri gusti (anche culinari), interessi, modelli o altro, ma tirare su la nuova e, perciò, bella persona che ogni figlio è. Bisogna coinvolgere i figli e non involgerli. "Nell'assolvimento del loro compito essi [i genitori] debbono venire innanzitutto guidati dall'interesse superiore del fanciullo" (art. 18 par. 1 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). "Interesse", "ciò che sta in mezzo": ciò che sta in mezzo tra i genitori, tra i genitori e il figlio, tra il figlio e il mondo circostante.

Lo psicologo Gustavo Carlo scrive: "È un cammino di crescita da fare insieme. Il genitore non deve apparire come una persona perfetta, che non sbaglia mai; al contrario, ammettere le sue imperfezioni è un punto nevralgico". La genitorialità non è né un diritto né uno stato ma una relazione, un percorso, una metamorfosi insieme all'altro genitore e insieme al figlio e ai figli. Essere genitore è guidare ed essere guidati, per cui si possono verificare "incidenti" di percorso.

Si assiste sempre più spesso a genitori che stanno addosso ai figli fino ad asfissiarli e genitori distratti e assorbiti dal grigiore della loro vita. I genitori "debbono venire innanzitutto guidati dall'interesse superiore del fanciullo" tenendo conto di alcune precise indicazioni della Convenzione stessa: accudire, allevare, assicurare, assolvere il loro compito. I genitori dovrebbero essere educati e educarsi in tal senso.

Lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro denuncia: "[...] in nome dell'«interesse superiore del bambino» [...] sono state scritte leggi e prese decisioni che molto spesso mirano a sanare situazioni o a tutelare interessi degli adulti". Gli adulti, in particolare i genitori, devono essere onesti innanzitutto con se stessi e non giustificare le loro scelte (per es. separazione, nuova casa, cambio città, nuova famiglia) o liberarsi dalle loro responsabilità dicendo che fanno una determinata cosa per il bene dei bambini, perché vogliono loro "troppo bene", per il loro futuro o altro ancora.

La formatrice Silvia Iaccarino afferma: "È giusto essere disponibili per i bambini e le bambine, essere per loro delle Guide durante il percorso di sviluppo e crescita, ma non possiamo essere sempre a loro disposizione.

C'è una differenza sostanziale tra essere disponibili ed essere a disposizione. Disponibili significa responsivi, sensibili, empatici; vuol dire saper guidare e orientare. Esserci come presenza salda, solida, amorevole - e necessariamente imperfetta - per bambini e bambine. Possiamo supportare, affiancare i bambini e le bambine […]. Nell'essere disponibili non c'è la sostituzione, ma l'accompagnamento". I genitori devono essere servizievoli ma non servili, sostenere i figli ma non sostituirli, dare ragioni e non ragione ai figli, orientare i figli ma non fare da navigatori, fare sacrifici per i figli ma non sacrificarsi, dare amore ma non dire continuamente (o banalmente) "amore", fare tutto nell'interesse dei figli ma non tutto quello che interessa ai figli. Tirare su i figli come se fossero unici al mondo (tenendo conto che molti di loro sono già unigeniti) e dimenticando che anche gli altri figli sono considerati così dai figli è tirare su dei monarchi, delle monadi. La misura dell'amore genitoriale è data dagli articoli 147 e 315 bis cod. civ. e da altre disposizioni normative.

A proposito del procedimento di adottabilità, la psicologa Rosa Rosnati richiama: "Mi sembra di vedere nel tempo una costante oscillazione tra due estremi: da un lato la tendenza a mitizzare il legame di sangue e quindi a procrastinare le decisioni, tentando qualsiasi via per recuperare legami che magari fin dall'inizio appaiono insanabili e all'estremo opposto la propensione a recidere tali legami, a volte senza avere gli elementi sufficienti. Nel passato in particolare c'è stata la tendenza a valorizzare maggiormente l'adozione, a volte recidendo i legami un po' bruscamente, adesso invece in questa oscillazione il piatto della bilancia pende più sul lato di salvaguardare - a volte ad oltranza - il legame di sangue, nelle prassi e nelle decisioni. Certamente i legami con i genitori devono essere tutelati, ma al tempo stesso occorre tenere presente il bisogno di cura del figlio, il bisogno di un legame con un padre e una madre, che è qualcosa di non procrastinabile. Il mito del legame di sangue a volte impedisce di prendere decisioni che si basino sul bisogno del bambino, che è il bisogno di instaurare legame di attaccamento sicuro con una figura materna e una figura paterna. Questo bisogno non è procrastinabile, perché i bambini crescono: in questo lavoro c'è da tener presente sempre un ragionamento sul tempo del bambino, che non è il tempo dell'adulto" (in un'intervista del 17 luglio 2019 della giornalista Sara De Carli su Vita.it, dopo "i fatti di Bibbiano"). Nell'art. 3 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia non si parla solo di "interesse superiore del fanciullo" (par. 1), ma anche del "suo benessere" (par. 2) e di consistenza e qualificazione del personale e di un adeguato controllo (par. 3), criteri di cui tener conto in ogni settore.

Un altro settore in cui "mediare" è la scuola, come evidenzia la psicologa Anna Oliviero Ferraris: "Non è impossibile trovare un minimo comune denominatore tra famiglie, o almeno, su alcuni aspetti fondamentali, proprio a partire dalla scuola primaria. Nella maggior parte dei casi, infatti, le famiglie vorrebbero che i loro figli trovassero a scuola un ambiente competente e accogliente, in grado di fornire loro tutte le conoscenze e abilità di cui bambini e bambine hanno bisogno per crescere fisicamente, intellettualmente e socialmente; un ambiente che non crei loro ansie e insicurezze, ma che li stimoli, li appassioni e favorisca la formazione di relazioni supportanti. Un bambino, che si trova bene in classe, si affeziona anche alla sua maestra e ai suoi compagni, impara a comunicare, a fare amicizia, a conoscere gli altri e, conoscendo gli altri, a conoscere anche sé stesso". Genitori e insegnanti devono mettere da parte i loro eventuali conflitti e tutti gli adultismi e tener conto dell'interesse superiore del fanciullo (art. 3 Convenzione) e del principio di comunità (art. 5).

La consulente pedagogica Annalia Galardini aggiunge: "Nei servizi per l'infanzia sottolineare il valore dell'alleanza con le famiglie è divenuto, con il crescere dell'investimento sulla loro identità educativa, un aspetto sempre più importante. La ricerca in campo evolutivo ci conferma che la qualità dell'esperienza educativa e degli apprendimenti, sia a livello prescolare che scolare, cresce quando si realizzano rapporti di collaborazione con le famiglie. Ciò significa che nei servizi per l'infanzia non è possibile mettere al centro il bambino senza includere la sua famiglia, perché l'educazione che produce benefici è quella che guarda ai bambini nel loro mondo di relazioni". L'alleanza scuola-famiglia dovrebbe ispirarsi all'art. 3 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia "in toto".

Scuola, famiglia, associazioni sportive, imprese: occorrono competenza, chiarezza, coerenza, coinvolgimento, comunicazione, condivisione, costruzione e così si arriva alla collaborazione nell'interesse sempre e solo del bambino e del ragazzo, quell'interesse che in inglese è opportunamente denominato "best interest of the child".

"Ogni bambino ha diritto a sentirsi unico, senza mai sentirsi dire che deve essere come tutti gli altri bambini. Ha il diritto di guardare il mondo salendo sulle spalle dei genitori e non dal basso tenuto per mano" (dal Documento dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza nel 30° anniversario della Convenzione di New York).


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