La Corte di Cassazione chiarisce: l'avvocato colpito da sospensione o cancellazione non può impugnare da solo il provvedimento del CNF

L'avvocato sospeso o cancellato non può proporre ricorso in proprio contro la sentenza del CNF: serve un difensore cassazionista con procura speciale.

Il principio

Con l'ordinanza n. 13056 del 13 maggio 2025 (sotto allegata), la Corte di Cassazione ha ribadito un principio di diritto in tema di procedimenti disciplinari forensi: le decisioni del Consiglio Nazionale Forense che dispongono la cancellazione o la sospensione dall'albo sono immediatamente esecutive e non possono essere impugnate personalmente dall'iscritto interessato. In tali casi, infatti, l'avvocato è privo dello jus postulandi e deve necessariamente avvalersi di un difensore iscritto nell'albo speciale dei cassazionisti, munito di procura speciale ex art. 365 c.p.c.

La vicenda

La vicenda oggetto del ricorso riguardava un avvocato sospeso dall'albo a seguito di una decisione del CNF. L'interessato aveva autonomamente proposto ricorso per cassazione senza assistenza tecnica. La Suprema Corte ha dichiarato l'inammissibilità dell'atto, sottolineando come, in base all'art. 36, comma 7, della legge n. 247/2012, le sentenze del Consiglio Nazionale Forense che irrogano sanzioni disciplinari hanno efficacia esecutiva immediata.

Tale effetto comporta che il professionista, a seguito della sospensione o cancellazione, non sia più legittimato a proporre atti giudiziari in proprio, neanche per difendersi davanti alla Cassazione.

Le motivazioni della Corte

La Cassazione ha evidenziato che, a norma dell'art. 365 c.p.c., il ricorso per cassazione richiede l'assistenza di un avvocato abilitato al patrocinio davanti alla Corte, ma nei casi di sospensione o radiazione il soggetto interessato non può far valere autonomamente diritti in sede giurisdizionale, nemmeno quelli relativi alla propria posizione professionale, essendo venuto meno il requisito per esercitare il ministero difensivo.

Inoltre, la Corte ha escluso che vi sia una violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.), poiché resta garantita la possibilità di proporre ricorso tramite un legale abilitato.

Scarica pdf Cass. n. 13056/2025

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