Quali sono le cause di addebito della separazione, in particolare la violazione dell'obbligo di fedeltà, le conseguenze dell'addebito, il risarcimento danni, l'onere della prova e gli aspetti procedurali

Addebito della separazione: cause e conseguenze

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In caso di separazione giudiziale, l'art. 151, secondo comma, c.c. prevede che il giudice, qualora ricorrano le circostanze e ne venga fatta richiesta, possa dichiarare a quale coniuge sia addebitabile la separazione a causa del comportamento contrario ai doveri coniugali.

Con l'addebito, il fallimento della vita coniugale viene attribuito ad uno dei coniugi con delle conseguenze patrimoniali e successorie.

Tra di esse figura l'impossibilità di attribuzione dell'assegno di mantenimento, come statuito dall'art. 156, primo comma, c.c., al coniuge responsabile della fine del matrimonio.

Il coniuge può solo, purché vi siano i presupposti, ottenere il diritto agli alimenti ex art. 438 c.c., che consiste nell'attribuzione di una somma di danaro con cadenza periodica, quale strumento di sostentamento.

In materia successoria, il coniuge al quale è addebitata la separazione perde la possibilità di godere degli stessi diritti successori del coniuge non separato, salvo il diritto ad un assegno vitalizio se al momento dell'apertura della successione godeva del diritto agli alimenti a carico del coniuge deceduto.

Per l'addebito è necessario che uno dei coniugi (o anche entrambi) abbiano tenuto un comportamento contrario ai doveri coniugali sanciti dall'art. 143, secondo comma, c.c. ovvero l'obbligo reciproco alla fedeltà, all'assistenza, alla collaborazione e alla coabitazione.

Obbligo di fedeltà

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L'obbligo di fedeltà, impone ai coniugi di non avere rapporti con altre persone: il matrimonio è una relazione a carattere esclusivo. Vengono così tutelate sia l'intimità sessuale tra i coniugi, sia la fiducia e la stima che un coniuge ripone nell'altro e che rischiano di essere compromesse in caso di relazioni extra-coniugali.

La violazione dell'obbligo di fedeltà è intesa in termini più ampi, in modo tale da ricomprendere tutti quei comportamenti che possano in qualsiasi misura ledere la fiducia reciproca, l'onore e la dignità dell'altro coniuge.

La più giurisprudenza, ha rilevato come non sia solo il tradimento fisico a comportare una violazione di tale obbligo ma anche, per esempio, la ricerca di relazioni extraconiugali tramite internet (la cosiddetta "infedeltà virtuale").

Ai fini dell'addebito non è richiesta la prova dell'infedeltà e la flagranza dell'amplesso, essendo sufficienti le sole effusioni affettuose, compatibili con il luogo pubblico e allo stesso tempo sintomatiche di un rapporto amoroso, intimo, fisico; effusioni che possono desumersi anche dal contenuto di messaggi inviati dal coniuge fedifrago.

Anche l'infedeltà solamente platonica, cioè non consumata fisicamente, può costituire valido motivo di addebito, sempreché abbia minato la pregressa unità familiare; secondo la Corte di Cassazione, chattare in modo sfacciato con un'altra persona fa scattare l'addebito della separazione. Ciò avviene perché l'obbligo di fedeltà che sorge a seguito del matrimonio non si limita alla sfera sessuale ma, più in generale, implica il dovere di astenersi dal far entrare nella propria vita persone che finiscano in qualche modo col prendere il posto del proprio coniuge.

Onere probatorio

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Affinché il giudice possa addebitare la separazione, è necessario che la violazione del dovere coniugale sia l'elemento determinante della crisi coniugale ovvero la prova del fatto che prima del tradimento non sussistesse già una crisi coniugale ma, al contrario, che dall'infedeltà sia scaturita la crisi sfociata successivamente nella richiesta di separazione.

Ove il rapporto fosse già incrinato, per quanto l'infedeltà sia una violazione particolarmente grave dei doveri coniugali, non può giustificare l'addebito della fine di un matrimonio.

E' onere della parte che richiede l'addebito della separazione provare che sia stato disatteso l'obbligo di fedeltà e che il tradimento abbia avuto efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Il coniuge che subisce la richiesta di addebito, invece, può dimostrare che il matrimonio fosse in crisi ancor prima del tradimento.

L'onere probatorio è fondamentale posto che, solo da una valutazione rigorosa e complessiva dei comportamenti dei coniugi è possibile desumere la preesistenza, o meno, della crisi coniugale.

Risarcimento danni per violazione dei doveri coniugali

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Un ulteriore aspetto sul quale si intende focalizzare l'attenzione è quello del possibile risarcimento del danno causato dalla violazione dei doveri coniugali. Questi ultimi, infatti, secondo un consolidato orientamento avrebbero natura giuridica e, pertanto, la loro violazione ben potrebbe integrare gli estremi di un illecito civile che dia luogo al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c.

L'azione di risarcimento è esercitabile a prescindere dalla pronuncia di addebito in sede di separazione. Da ciò discende che, qualora il tradimento sia consumato durante la crisi coniugale e, dunque, non sia idoneo a configurare l'addebito della separazione, non si esclude comunque la possibilità che il coniuge fedifrago venga condannato al risarcimento dei danni, ben potendo tale condotta integrare un illecito.

Per ottenere il risarcimento, è ovviamente necessario che la violazione dei doveri coniugali cagioni una lesione a dei diritti costituzionalmente garantiti. Non basta, ad esempio, la mera infedeltà ma essa deve concretizzarsi in una lesione dell'integrità psico-fisica. Il tradimento, come ribadito da ultimo dalla Corte di Cassazione, Sez. VI civile, nell'ordinanza n. 26383/2020, deve generare un'offesa "che superi la soglia della tollerabilità e si traduca, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto, quale, in ipotesi, quello alla salute o all'onore o alla dignità".

A titolo esemplificativo, il risarcimento del danno può essere riconosciuto a favore del coniuge tradito pubblicamente e con modalità umilianti tali da ledere la sua dignità. Un altro caso di risarcimento può rinvenirsi nel tradimento che abbia generato una lesione della salute del coniuge tradito. In tal caso, però, non basta la sussistenza di un mero turbamento per la fine del matrimonio; piuttosto, è essenziale dimostrare che l'infedeltà abbia comportato gravi ripercussioni psico-fisiche.

Tale risarcimento non può essere richiesto in ambito di giudizio separativo bensì attraverso autonomo giudizio.

Le due azioni sono indipendenti ed autonome e non sussiste alcuna pregiudizialità tra addebito e risarcimento.

Aspetti procedurali

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L'azione di addebito e l'azione di risarcimento del danno soggiacciono a riti procedimentali differenti. La giurisprudenza si è, in genere, pronunciata in senso contrario al cumulo tra risarcimento e addebito.

È inammissibile la domanda proposta nel procedimento di separazione personale, volta a ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale. La tesi in esame muove dal presupposto che l'art. 40 c.p.c. stabilisce la possibilità del cumulo nello stesso processo di domande connesse soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione. In particolare il comma 3 della richiamata norma disciplina la trattazione congiunta nei casi previsti dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 e prevede la trattazione con rito ordinario, salva l'applicazione del rito speciale in caso di controversia di lavoro o previdenziale.

La tesi in commento conclude, pertanto, affermando che è esclusa la proposizione di domande connesse soggettivamente ex art. 33 o ai sensi degli artt. 103 e 104 c.p.c. e soggette a riti diversi; di conseguenza si reputa esclusa la possibilità di un simultaneus processus nell'ambito dell'azione di separazione - soggetta al rito speciale - con quella di scioglimento della comunione, restituzione di beni, pagamento di somme o risarcimento del danno - soggetta al rito ordinario, "trattandosi di domande non legate dal vincolo della connessione, ma del tutto autonome e distinte dalla domanda principale".

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