La Riforma Cartabia ha introdotto un termine che gli enti pubblici devono rispettare quando il giudice dispone una richiesta di informazioni alla P.A.

Cos'è la richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione

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La richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione è un mezzo istruttorio di cui il giudice può avvalersi ogni qual volta lo ritenga necessario per l'accertamento dei fatti di causa.

L'istituto previsto dall'art. 213 c.p.c. è affine all'ordine di esibizione di documenti o cose di cui all'art. 210, ma se ne differenzia per alcuni aspetti fondamentali, di cui diremo tra breve.

Anche la disciplina della richiesta di informazioni alla pubblica amministrazione è stata interessata dall'intervento innovativo operato dalla Riforma Cartabia, che ha introdotto un termine ben preciso entro cui l'ente pubblico richiesto deve comunicare la propria risposta al giudice.

Poteri d'ufficio del giudice per la richiesta di informazioni alla P.A.

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Il tratto fondamentale che caratterizza l'istituto in esame è il fatto di poter essere disposto d'ufficio dal giudice. A differenza dell'ordine di esibizione di cose o documenti, infatti, che può originare solo da una richiesta di parte in tal senso, la richiesta di informazioni alla P.A. può essere disposta dal giudice di sua iniziativa.

Vi è di più, perché la completa discrezionalità del giudice in ordine all'adozione o meno di tale di tale mezzo di prova si coglie anche nella facoltà a questi conferita di non disporne l'assunzione, ove la stessa sia sollecitata dalle parti.

Inoltre, la richiesta di informazioni ex art. 213 si differenzia dall'ordine di esibizione per il fatto di poter essere indirizzata solo ad un ente pubblico, laddove l'ordine di cui all'art. 210 può avere come destinatari le parti o qualsiasi soggetto terzo (eventualmente anche una pubblica amministrazione).

Il primo comma dell'art. 213, del resto, specifica espressamente che la richiesta di informazioni alle pubbliche amministrazioni può essere ordinata solo "fuori dei casi previsti dall'art. 210".

Richiesta di informazioni alla P.A.: i presupposti

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La richiesta di informazioni viene disposta dal giudice con ordinanza e può riguardare atti e documenti dell'amministrazione, relativi all'attività istituzionale di quest'ultima.

Presupposto della richiesta è che il giudice ritenga l'acquisizione delle informazioni scritte necessaria al processo, e cioè indispensabile per giungere al proprio convincimento in ordine ai fatti di causa.

Tali fatti, però devono essere stati oggetto di precedente allegazione specifica delle parti. Queste ultime, inoltre, devono trovarsi nelle condizioni di non poter ottenere esse stesse tali informazioni dalla pubblica amministrazione, altrimenti avrebbero l'onere di produrle o allegarle in giudizio (cfr. Cassazione Civile, Sez. III, n. 6101/2013: "il potere di cui all'art. 213 c.p.c. non è sostitutivo dell'onere probatorio incombente alla parte, con la conseguenza che può essere attivato soltanto quando sia necessario acquisire informazioni relative ad atti o documenti della p.a. che la parte sia impossibilitata a fornire").

È discusso se le informazioni fornite dalla p.a. costituiscano argomenti di prova o possano di per sé fondare il convincimento del giudice in ordine ai fatti di causa.

Riforma Cartabia: il termine per rispondere alla richiesta ex art. 213 c.p.c.

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Come detto, la Riforma Cartabia ha apportato un'importante innovazione all'istituto in esame, introducendo il secondo comma dell'art. 213 c.p.c., secondo cui l'amministrazione entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di cui al primo comma trasmette le informazioni richieste o comunica le ragioni del diniego.

Viene, dunque, introdotto un termine espresso di sessanta giorni, entro cui l'ente pubblico richiesto dal giudice deve fornire la nota contenente le informazioni scritte (che in tal caso viene inserita nel fascicolo d'ufficio, ex art. 96 disp. att. c.p.c.) oppure comunicare il proprio diniego, opportunamente motivato.

La novella, come evidente, si inserisce nel più ampio obiettivo proprio della Riforma in parola, di garantire una maggiore certezza sui tempi del processo e contenerne la durata complessiva.


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