Un'ulteriore conferma dello stato dell'arte in tema di danno non patrimoniale viene dal tribunale di Pisa

Danno non patrimoniale animale d'affezione

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Il tema del danno non patrimoniale è un tema che complica non poco la vita a chi si occupa di questioni di animal law nelle aule di giustizia. La complicazione si palesa dapprima nel (fare) riconoscere questo danno per poi manifestarsi in modo acuto nella (sua) quantificazione. Se la conversione in denaro di una lesione di un bene che non ha consistenza materiale è problema complicato, diventa apparentemente irrisolvibile laddove si discuta di danno o morte di un animale d'affezione (già, perché per gli altri animali il discorso è assai diverso). Lo sconvolgimento conseguente alla perdita (si parla della perdita ma eguale discorso nel caso di gravi lesioni all'animale) dell'animale d'affezione costituisce o meno una ingiustizia costituzionalmente qualificata" Viene o non viene leso un diritto inviolabile della persona protetto dalla Costituzione nella misura in cui così si è palesato in conseguenza dell'evolversi del c.d. sentire sociale" La sentenza del tribunale di Pisa (n. 1362/2023) in commento rappresenta senza dubbio un passo avanti rispetto proprio al riconoscimento e quantificazione di questo tipo di danno. E pregevoli sono le considerazioni svolte dal Tribunale.

Intervento chirurgico a un cucciolo di cane

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Un cucciolo di cane corso di 3 mesi affetto da una grave displasia su entrambe le anche viene sottoposto alla esecuzione di un intervento chirurgico di duplice osteotomia pelvica presso due strutture veterinarie diverse (Alfa e Beta). Immediatamente dopo ciascuno dei due interventi il cane presenta una serie di preoccupanti criticità. I proprietari del cane quindi si rivolgono ad una terza e infine ad una quarta clinica veterinaria dove il cucciolo viene operato per la rimozione di entrambe le placche. Sottoposto ad una nuova risonanza si viene accertato un irreparabile danno nella parte finale della colonna provocato da un riscontrato batterio che aveva intaccato e compromesso gli ultimi tre dischi invertebrali.

La vicenda processuale e la consulenza tecnica d'ufficio

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I proprietari del cucciolo chiedono i danni patrimoniali e non (questi ultimi con liquidazione in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c.) alle due strutture dove era stata eseguita la duplice osteotomia pelvica (ciascuna struttura chiama a manleva la propria assicurazione) e al veterinario che aveva eseguito entrambi gli interventi (che pure chiama in causa la propria compagnia di assicurazione per essere manlevato nella ipotesi di condanna). Trattandosi di un contratto d'opera professionale trovano applicazione gli artt. 1176 cc. e 2236 cc.

Come sempre in tali controversie determinante è la consulenza tecnica d'ufficio la quale avrebbe evidenziato che gli interventi eseguiti non hanno portato a risoluzione delle problematiche rilevate e che già la scelta di effettuare la duplice osteotomia pelvica è stata un'opzione con margini di rischio di inefficacia terapeutica in quanto il cane, al momento delle operazioni peritali, riportava una displasia dell'anca di grado E, ossia il massimo con indicazione elettiva di intervento protesico. Sempre secondo la ctusi sarebbe potuto prudentemente desistere dall'effettuare interventi preventivi salvo poi valutare successivamente il decorso della patologia ai fini di attuazione dell'ipotesi curativa consistente nell'intervento di protesi d'anca. Viene accertato altresì un maggiore grado di incidenza pregiudizievole dovuta all'infezione da stafilococco contratta dal cucciolo già nel primo intervento.

I danni al cane secondo la CTU

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Circa i postumi si evidenziano diverse lesioni (alterazioni artrosiche coxofemorali bilaterali lievemente più evidenti lato DX e comunque gravi in entrambi i casi poiché di grado E) che testimonierebbero l'inefficacia degli interventi di duplice osteotomia pelvica, senza potersi escludere ulteriore intervento curativo di displasia tramite impianto protesico. Irrilevante, invece, l'aggravamento della displasia dell'anca accertato al momento della visita in quanto conseguenza di natura genetica destinata ad una propria evoluzione patologica, non quindi collegata ai problemi di esecuzione della duplice osteotomia pelvica.

L'ascrivibiità delle responsabilità tra le parti convenute

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Le responsabilità per la malpratica veterinaria con le caratterizzazioni sopra precisate viene dal Tribunale ascritta - oltre che al veterinario che ha eseguito i due interventi- alla clinica dove è stato eseguito il primo e che ha aperto la porta al batterio il quale ha progredito in una grave infezione provocando condizioni patologiche aggiuntive. Per quanto riguarda la posizione della seconda clinica veterinaria la stessa parte attrice ne ha chiesto l'estromissione (peraltro accolta) precisando che la vocatio in ius era stata inevitabile stante il perdurante mancato riscontro alle comunicazioni ed alle richieste risarcitorie avanzate dagli attori, così come alla convocazione al procedimento di mediazione, circostanze oggettivamente valutabili.

La quantificazione dell'ammontare della obbligazione risarcitoria

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La questione più delicata è quella della risarcibilità del danno non patrimoniale da lesione o perdita di un animale da affezione domestico, danno consistente nella sofferenza e nel patema d'animo subiti dal proprietario a causa di fatti illeciti realizzati da terzi o di condotte colpose integrate dal veterinario, come nel caso di specie. E' stato determinate oltre che il comune sentire del momento storico attuale, il tessuto normativo - anche sovranazionale- che indubbiamente riflette una tendenza evolutiva a considerare non solo sotto il profilo sociale ma anche ormai normativo- istituzionale l'interesse sotteso al rapporto d'affezione soprattutto con l'animale domestico (direi solo con l'animale domestico).

Una considerazione che, occorre sottolineare, è fatta propria anche da una certa giurisprudenza purtroppo ancora solo di merito che ci dice come che il rapporto d'affezione con l'animale domestico assuma un valore sociale tale da elevarlo al rango di diritto inviolabile della persona umana ai sensi degli artt. 2, 32 e 42 Cost. Un rapporto tra padrone e animale d'affezione che non può non essere qualificato come espressione di una relazione che costituisce occasione di completamento e sviluppo della personalità individuale e, quindi, come vero e proprio bene della persona, tutelato dall'art.2 della Costituzione. Ricavandosene inequivocabilmente, a dire del Tribunale pisano, che l'interesse non patrimoniale sotteso a tale legame d'affezione, ove leso in violazione di obbligazione contrattuale, assurga al rango di interesse giuridicamente rilevante e come tale risarcibile.

Un legame d'affezione che si evince da tutte le azioni realizzate dagli attori in un lungo periodo temporale per apprestare le migliori cure al proprio cane e che dimostrano come la domanda risarcitoria dei danni non patrimoniali debba essere ritenuta fondata e meritevole di accoglimento. Quanto alla difficile quantificazione (stimata in via equitativa in euro 1.500,00 per ciascuno degli attori) il Tribunale pisano riconosce che il grado di afflizione e patimento subìti dagli attori può essere evinto da tutte le azioni, anche notevolmente onerose, realizzate per assicurare al proprio cucciolo le cure necessarie come anche dalla circostanza dell'aver dovuto assistere inermi alle varie peripezie sanitarie subite dal proprio cane.

Più semplice il riconoscimento e la quantificazione del danno patrimoniale che comprende gli esborsi per esami diagnostici, visite specialistiche, farmaci, viaggi e pernotti per portare il cucciolo presso le due strutture ove è stato ricoverato (per un totale forfettario di euro 12.127,00) che non comprende la restituzione di quanto versato a titolo di compenso e corrispettivo in favore delle parti convenute non avendo gli attori domandato la risoluzione del contratto concluso con il veterinario e le due cliniche.


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