La Suprema Corte afferma che il mantenimento è un'obbligazione che si collega allo status genitoriale e decorre dalla nascita del figlio a prescindere dalla data del riconoscimento

Obbligo mantenimento: il caso

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Nella vicenda in esame, la Corte di Appello di Genova con sentenza del 18 novembre 2021 addebitava al padre riconosciuto la metà del mantenimento dovuto al figlio sin dal momento della sua nascita, decurtando da tale importo le spese sostenute dal padre putativo.

Il Giudice dichiarava altresì l'esistenza di un illecito endofamiliare a carico del padre naturale poiché quest'ultimo, una volta venuto a conoscenza dell'esistenza del figlio, aveva continuato a non adempiere ai propri doveri genitoriali.

L'obbligo di mantenimento del figlio

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Il padre riconosciuto proponeva ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza adducendo, quale primo motivo di impugnazione, che il Giudice di secondo grado non aveva tenuto conto del precedente riconoscimento di paternità operato dal coniuge della madre, con la conseguenza che, sino al passaggio in giudicato della sentenza di disconoscimento dello stesso, il padre naturale non era nella possibilità giudica di acquisire lo status di padre e di essere gravato dai connessi obblighi di mantenimento.

Rispetto a tale contestazione il giudice di legittimità (con ordinanza n. 28442/2023 sotto allegata) ha osservato che "non vi è dubbio che il giudizio di disconoscimento di paternità sia pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità, a mente dell'art. 253 c.c. (Cass., Sez. U., 8268/2023). Ciò nondimeno, l'obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicché tale obbligo ricorre anche per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale ad essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 5652/2012)".

In adesione a tale principio, la S.C. ha dunque respinto le doglianze del ricorrente, confermando gli esiti cui era giunta la Corte distrettuale.

Il mantenimento del genitore putativo

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Quanto al secondo motivo di impugnazione, il ricorrente contestava la decisione del Giudice di merito nella parte in cui lo stesso non attribuiva rilievo alla partecipazione economica del genitore putativo, evidenziando come, da tale contribuzione sarebbe dovuta derivare, per il corrispondente periodo, un'esenzione in proprio favore del dovere di mantenimento del figlio.

In relazione a tale gravame la Corte ha spiegato che, il quadro normativo di riferimento, non solleva chi è stato riconosciuto come padre dall'obbligo di mantenere il figlio per il solo fatto che il presunto padre, poi disconosciuto come tale, abbia già provveduto in tale senso, potendo tale circostanza incidere solo in termini di quantificazione del mantenimento.

Il Giudice di legittimità ha affermato infatti che "il contributo dato dal padre putativo poi disconosciuto non costituisce un'esenzione per chi è stato dichiarato padre dal dovere di mantenimento, fin dalla nascita del figlio, che discende dalla procreazione, ma viene in rilievo come una situazione di fatto che ha determinato una riduzione delle esigenze di mantenimento di cui il figlio aveva necessità ed alle quali gli effettivi genitori dovevano provvedere".

La Corte ha dunque respinto anche tale contestazione, precisando altresì che, la determinazione del rimborso dovuto dal genitore riconosciuto in favore dell'altro, si fonda sugli esborsi effettivamente o verosimilmente sostenuti da quest'ultimo e può avvenire anche in via equitativa, posto che il rimborso in questione ha natura indennitaria.

L'illecito endofamiliare

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Con il terzo motivo di impugnazione, il ricorrente contestava la sussistenza di un illecito endofamiliare a proprio carico.

In particolare, il ricorrente rappresentava l'impossibilità di assumere il proprio ruolo genitoriale sin tanto che non vi fosse stato il definitivo disconoscimento di paternità del genitore putativo e evidenziava altresì che il figlio, avendo vissuto nella certezza che il padre, poi disconosciuto come tale, fosse il vero genitore, non aveva subito una lesione da tale situazione per il corrispondente periodo.

La Corte, tuttavia, ha ritenuto anche tale motivo non fondato nella misura in cui il ricorrente, una volta venuto a conoscenza dell'esistenza del figlio, era gravato in ogni caso dall'obbligo di educarlo e mantenerlo poiché tale dovere "è eziologicamente connesso alla procreazione, prescindendo dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra la responsabilità genitoriale e la procreazione, che è il fondamento della responsabilità da illecito nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore", invero, continua il giudice di legittimità "il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento".

Da qui il rigetto del ricorso.

Scarica pdf Cass. n. 28442/2023

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