La ricreazione è un diritto degli studenti e non può essere negata per legge. Inoltre non va fatta in aula e può essere ripetuta….

La "buona" ricreazione

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La "buona" vecchia ricreazione, quando suonava l'attesa campanella e ci si precipitava fuori dall'aula per andare a incontrare gli amici della classe accanto, girare per i corridoi (o anche nascondersi in bagno a fumare!), rischia di diventare un mero ricordo nelle scuole italiane.

A seguito delle numerose segnalazioni ricevute da genitori e utenti, apprendiamo che in diversi istituti viene concessa soltanto una breve pausa per consumare uno "snack" in classe senza la possibilità non solo di uscire dall'aula ma anche di alzarsi per sgranchirsi le gambe e tutto ciò mentre il docente di turno continua la propria lezione!

A questo punto, allora è necessario fare un po' di chiarezza sulla questione, per contribuire a far recuperare quello che - oltre ad un diritto degli studenti e di qualsiasi essere umano ad avere una pausa dall'apprendimento, da garantire dopo ogni ora di lezione al cambio insegnante per almeno dieci minuti - è forse il momento e lo spazio di socializzazione "sovrano" nelle scuole di ogni ordine e grado.

Pensiamo alle scuole superiori in piena età adolescenziale, dove tale diritto non può essere sacrificato o utilizzato, a volte, come arma di punizione per eventuali comportamenti poco disciplinati tenuti dai ragazzi in orario scolastico.

Definizione di ricreazione

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Per l'enciclopedia Treccani, la ricreazione è "il breve intervallo stabilito dall'orario generalmente a metà mattinata, tra due lezioni" oltre che un "periodo di riposo o dedicato ad attività piacevoli e rilassanti".

In questo periodo di pausa, allo studente è consentito: rilassarsi, consumare la merenda, usufruire dei servizi igienici, socializzare con i compagni e lasciare l'aula.

La disciplina normativa

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Secondo, il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge n. 59/1997, la ricreazione è "tempo scuola" quale periodo conteggiato nell'orario scolastico, proprio al fine attribuire alla pausa dei ragazzi il rispetto per l'intervallo e l'importanza che tale momento riveste nella vita scolastica degli alunni.

Il Dpr n. 275/1999 ha concesso, quindi, l'autonomia scolastica anche con riguardo alla regolamentazione della ricreazione.

È, infatti, il regolamento di istituto, redatto dal Consiglio di istituto che contiene le norme che regolano l'intervallo o comunque il tempo della pausa ricreativa o di transizione dall'attività didattica.

A corredo, esiste una circolare ministeriale, la numero 105/75 che all'art. 17 lettera f) recita "durante l'intervallo delle lezioni, che è almeno di 10 minuti, è necessario che il personale docente di turno vigili sul comportamento degli alunni in maniera da evitare che si arrechi pregiudizio alle persone e alle cose".

Pur ponendo l'accento sulla vigilanza, la circolare esplica chiaramente l'esistenza chiara e specifica di un diritto all'intervallo delle lezioni.

La ricreazione non si può abolire

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Ora fatte le dovute premesse, non c'è bisogno di scomodare psicologi ed esperti per capire che la ricreazione è il momento di riposo più importante per ogni alunno. Si tratta, non solo di una pausa di relax, peraltro messa a dura prova da due anni di pandemia e privata dei suoi elementi caratteristici, ma anche di un momento di recupero che aiuta a mantenere alta la concentrazione, ad abbassare i livelli di stress e ad aumentare per questa via lo stesso apprendimento (come evidenziato peraltro da una ricerca scientifica "The Crucial Role of Recess in Schools, pubblicata su The Journal of School Health) .

E ciò certamente non può essere realizzato con una breve pausa per uno snack consumata in classe da seduti, mentre il professore continua a spiegare.

Del resto, la stessa Convenzione sui diritti dell'infanzia e dei fanciulli, inserisce il gioco e il movimento all'aria aperta come diritto fondamentale di ogni bambino/ragazzo.

E qual è il rimedio? Cosa si può fare?

Il regolamento di istituto che preveda simili coartazioni del diritto degli studenti all'intervallo può e deve essere impugnato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale oppure al Presidente della Repubblica, rispettivamente entro sessanta o centoventi giorni dalla pubblicazione o, comunque, quando si ha l'effettiva conoscenza del regolamento palesemente illegittimo al fine di revocarlo.

Spesso si legge, infatti, nei Regolamenti di Istituto a partire dalla scuola primaria che la ricreazione si svolge a discrezione degli insegnanti e secondo le condizioni meteorologiche come se il meteo possa influenzare o comprimere il diritto dei bambini a rigenerarsi a prendere una boccata d'aria all'aperto prima di riprendere le lezioni. Lezioni, il più delle volte o quasi regolarmente, caratterizzate da una grande staticità, senza interazione sin dalle prime classi.

E ancor più grave molti istituti scolastici, seppur dotati di spazio esterno e di cortili fanno trascorrere la ricreazione in classe ai propri alunni in totale spregio, soprattutto in tenera età della loro esigenza di muoversi, di giocare fuori all'aria aperta.

Si dovrebbe ascoltare gli alunni e non limitarsi a convocare i genitori per rappresentare difficoltà di apprendimento o deficit di concentrazione. Una buona scuola dovrebbe dotarsi di un regolamento di istituto che vada a consacrare non solo il rispetto dei diritti dei ragazzi costituzionalmente garantiti ma che osservi le carte internazionali che, a gran voce, anelano al rispetto per il diritto al gioco, alla buona educazione, all'ascolto del minore e al rispetto per le sue esigenze di crescita.

Una scuola cieca, dunque, appare quella italiana che non vuol vedere, che non vuole agire e che, irrispettosa dei suoi allievi, si erge a dispensatrice del sapere sacrificando diritti di crescita fisica e mentale.

I dati Eurostat ci restituiscono la media delle ore lavorative per un cittadino adulto italiano che si assesta sulle 36 ore settimanali mentre i ragazzi, bambini e adolescenti, svolgono circa 40 ore settimanali di scuola a cui vanno ad aggiungersi quelle richieste per lo svolgimento dei compiti in classe e, quindi, un tempo assolutamente superiore rispetto a quello richiesto a un lavoratore adulto.

Sarebbe auspicabile un intervento del legislatore in merito, poiché lasciare agli Istituti scolastici la discrezionalità di decidere in autonomia i momenti di intervallo e di ricreazione si identifica il più delle volte nel mancato rispetto dello sviluppo psicofisico dei minori e del loro diritto ad essere felici e a crescere meno "stressati".

Tar: sì alla ricreazione fuori dall'aula

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Anche i Giudici amministrativi si sono trovati ad occuparsi di ricreazione.

Per il Tar Pescara (sentenza n. 112/2017), la ricreazione non può essere abolita neanche per punizione. Nella fattispecie, gli alunni si erano allontanati dall'aula durante la ricreazione nonostante il divieto della preside, ma il giudice amministrativo, pur riconoscendo la buona fede del provvedimento, ha ritenuto la misura eccessiva tale da mettere in atto "una rappresentazione eccessivamente autoritaria e non dialogante della gestione della comunità scolastica", come previsto peraltro dallo Statuto degli studenti (Dpr n. 249/1998).

Non è possibile, infatti, negare la nostra "buona ricreazione" per comminare un provvedimento disciplinare in quanto in contrasto non solo con il principio di gradualità ma vieppiù con le finalità educative cui ogni istituto scolastico è chiamato a rispettare per garantire lo sviluppo psico-sociale dei suoi alunni, oltre a consolidare i principi di affidamento e di trasparenza tra scuola, genitori e alunni.

Ergo, la ricreazione non si tocca, tuteliamo e rispettiamo i ragazzi, il futuro di una società giusta, equilibrata e sana.


Foto: Foto di Rommel Diaz da Pixabay.com
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