Per la Cassazione, ai fini della responsabilità per danni al paziente, va provato il nesso di causalità tra l'omessa informazione e il danno

Omessa informazione al paziente e nesso di causalità

Non basta ai fini della responsabilità per danni al paziente l'omessa informazione sull'esistenza di una tecnica innovativa quale alternativa all'intervento chirurgico eseguito con tecnica obsoleta, ma occorre che il giudice accerti il nesso causale tra l'omessa informazione e il danno". Così la Cassazione nella sentenza n. 1936/2023 (sotto allegata).

Nella vicenda, l'attore aveva convenuto in giudizio la struttura sanitaria chiedendo la condanna al risarcimento del danno patito in conseguenza dell'esecuzione di un intervento chirurgico (nella specie la rimozione di un aneurisma all'aorta addominale), a seguito del quale aveva avuto danni permanenti con necessità di terapia parenterale continua domiciliare.

In primo grado, il tribunale accoglieva la domanda e liquidava 700mila euro, fondando la propria decisione sulla CTU dalla quale era emerso che le complicanze, benché rare e imprevedibili, erano dipese dalla tecnica operatoria obsoleta applicata (OPEN anziché EVAR). In appello, la Corte rigettava ammettendo che l'intervento di rimozione dell'aneurisma era stato eseguito diligentemente, ravvisando la colpa del chirurgo non già nell'imperita esecuzione della rimozione dell'aneurisma, ma nel non avere informato il paziente che esisteva un'altra tecnica operatoria. Ad ogni modo, il non avere informato il paziente di questa alternativa non poteva ritenersi "causa" del danno, perché la scelta e l'esecuzione della tecnica OPEN non fu di per se' colposa. Ciò perchè, anche se il paziente fosse stato informato, non l'avrebbe scelta, dal momento che il chirurgo cui si era rivolto era un esperto della tecnica OPEN.

Per gli Ermellini, tuttavia, la sentenza impugnata ha violato i principi stabiliti dalla giurisprudenza in materia di nesso causale tra condotta colposa ed evento di danno (e cioe' la c.d. "causalita' materiale"). La Corte d'appello, infatti, ha mostrato dunque di ritenere che l'unica condotta colposa ascrivibile al medico fosse l'omessa informazione del paziente sulle alternative terapeutiche. "Se l'omessa informazione fu l'unica condotta colposa tenuta dal medico, per condannare la struttura sanitaria al risarcimento del danno sarebbe stato necessario accertare l'esistenza d'un valido nesso di causa tra la suddetta omissione e il danno. Per affermare che l'omessa informazione fu causa materiale dell'evento di danno la Corte d'appello avrebbe dovuto ricostruire il nesso di condizionamento tra l'omessa informazione e l'evento di danno con un giudizio controfattuale: vale a dire ipotizzando cosa sarebbe accaduto se il medico avesse compiuto l'azione che invece mancò".

Nel caso specifico, dunque, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare, con giudizio di probabilità logica, proseguono dal Palazzaccio, quali scelte avrebbe compiuto il paziente, se fosse stato correttamente informato della possibilità di scegliere tra le due tecniche. Invece, la Corte ha omesso tale giudizio, limitandosi ad affermare che la tecnica EVAR avrebbe evitato l'evento, e che di conseguenza la condotta omissiva del medico fu causa del danno.

In questo modo, dunque, concludono dalla S.C. cassando la sentenza con rinvio, "è mancato l'accertamento della causalità della colpa, ossia dello specifico nesso causale tra la violazione della regola cautelare e l'evento dannoso".

Scarica pdf Cass. n. 1936/2023

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