Diffamazione a mezzo stampa
L'utilizzo del termini "menagrami di professione" in modo del tutto gratuito e attraverso una generalizzazione nel titolo di un articolo è diffamante e supera i confini dell'esercizio di critica.
Condanna quindi per il Direttore del giornale. Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 48309/2022 (sotto allegata) alla fine della vicenda che si va ad illustrare in breve.
In sede di appello l'imputato viene assolto dal reato di diffamazione che gli è stato ascritto relativo a un articolo pubblicato su un quotidiano, mentre viene confermata la condanna del Direttore per non aver controllato in modo sufficiente a impedire la pubblicazione del titolo dell'articolo del giornalista.
Nell'interesse del Direttore viene proposto ricorso in Cassazione facendo presente che l'espressione utilizzata nel titolo era in realtà rivolta a oggetti non individuati, per cui non poteva riferirsi alla costituita parte civile, ossia al Presidente dell'Associazione.
In ogni caso il termine "menagramo" utilizzata nel titolo, nel contesto dell'articolo, assume il significato di "mero profeta di sventura" e non di "iettatore".
La Cassazione però ritiene il ricorso infondato in quanto l'espressione impiegata nel titolo dell'articolo si riferisce senza dubbio al presidente dell'Associazione a causa del collegamento con il contenuto dell'articolo.
Il termine "menagrami di professione" connota inoltre in termini dispregiativi i soggetti agenti e in modo del tutto gratuito, superando in questo modo i confini del diritto di critica.
Scarica pdf Cassazione n. 48309/2022