La carenza di sonno e la stanchezza dell'avvocato neo mamma non escludono la riconducibilità della condotta sconveniente alla stessa, al contrario, in presenza di una condizione simile occorre ancora più prudenza

Sanzione disciplinare avvocato

La stanchezza e la carenza di sonno della neo mamma avvocato non giustificano la condotta disciplinarmente rilevante nell'affidare un cliente a uno studio legale il cui titolare è Senatore e all'interno del quale lavora il parente di un magistrato.

Evidente l'incompatibilità così come dimostrata la violazione di altre norme deontologiche.

Non è vero che la sua condizione non è stata considerata, il CNF ha rimodulato la sospensione di due mesi nella sanzione della censura. Lo stress però non esime da responsabilità, al contrario proprio a fronte di tale condizione le attività tipiche della professione richiedono una particolare prudenza e attenzione.

Questo in linea generale il ragionamento con il quale le Sezioni Unite civili della Cassazione con la sentenza n. 36660/2022 (sotto allegata) hanno rigettato il ricorso della professionista.

Vediamo come è iniziata e si è sviluppata la vicenda.

Un avvocato cede il proprio cliente a uno studio legale il cui titolare è un Senatore della repubblica e in cui lavora il parente di un magistrato.

Nei suoi confronti si apre un procedimento disciplinare che conduce dapprima alla sospensione per due mesi e poi, dopo il ricorso al CNF, alla censura. Alla professionista viene contestata la violazione di diverse norme deontologiche, che la stessa contesta, ritenendo che il CDD abbia erroneamente omesso di considerare la condizione personale della stessa all'epoca dei fatti. Da poco mamma, a causa della stanchezza e della carenza di sonno non aveva coscienza né volontà di tenere la condotta contestata.

Ricorre quindi in Cassazione per contestare le conclusioni del CNF, ma gli Ermellini rigettano il ricorso precisando, in relazione al motivo con cui la professionista tenta di giustificare la propria condotta che "la decisione gravata, con accertamento in fatto, ha rilevato che la carenza di sonno (sia pure presa in considerazione in altra parte della decisione, in senso favorevole alla ricorrente, avendo tale circostanza inciso sul più mite trattamento sanzionatorio rispetto alla decisione del CDD) non poteva però escludere l'appartenenza della condotta contestata alla ricorrente, e ciò anche in ragione del mezzo attraverso cui l'illecito era stato commesso (un atto scritto), che offriva una possibilità di verifiche di lettura, verifica e rilettura che a maggior ragione si imponevano a fronte di una condizione di particolare spossatezza che la ricorrente adduce essere stata provocata dalla recente maternità, e che sollecitava una particolare prudenza nel deposito in sede giudiziaria di atti la cui relazione iniziale poteva essere stata influenzata dalla stanchezza."

Scarica pdf Cassazione n. 36660/2022

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