Il 30 novembre i giudici della Consulta sono chiamati a decidere sulla questione di legittimità costituzionale dell'obbligo vaccinale anti Covid. Facciamo il punto con il prof. avv. Augusto Sinagra e l'avv. Angelo Di Lorenzo, presidente di Avvocati Liberi

Aspettando la Corte Costituzionale

Il 30 novembre 2022 la Consulta è chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità della norma sull'obbligo di vaccinazione anti Covid. Ben 14 le ordinanze di rimessione (ndr non tutte in discussione il 30 novembre) su cui spicca quella del Consiglio di Giustizia Amministrativa siciliano che ha fatto da "apripista", sollevando per primo le doglianze sulla legittimità costituzionale dell'obbligo di vaccino per i sanitari (di cui all'art. 4, commi 1 e 2, del Dl 44/2021), innanzi al giudice delle leggi.

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La pronuncia avrà un impatto notevole e ripercussioni non soltanto sui soggetti obbligati dalla legge a vaccinarsi ma anche, laddove la questione venisse accolta, su un biennio di legislazione pandemica e su tutto l'apparato ad essa connesso, come il green pass, i farmaci sperimentali e le regolamentazioni conosciute in questi anni.

Facciamo il punto con l'avv. Angelo Di Lorenzo, presidente dell'ALI e con il prof. avv. Augusto Sinagra, entrambi costituiti per alcuni medici e sanitari.

Avvocato Di Lorenzo, su cosa è chiamata a decidere la Consulta?

La principale questione di legittimità rimessa alla Corte Costituzionale dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la regione Sicilia riguarda la "sicurezza" dei farmaci vaccinali, somministrati in assenza di un triage preliminare e comportanti, dai dati rilevati nell'esperienza degli ultimi mesi, seri rischi di eventi avversi invalidanti, intollerabili, sino a giungere, nei casi più gravi, alla morte del somministrato.

La sicurezza del farmaco sarebbe svilita, a parere del giudice remittente, anche da una inesistente attività di farmacovigilanza, solamente passiva nella nostra esperienza, peraltro filtrata da un algoritmo aliunde assunto che esclude in automatico la correlazione causale ogniqualvolta l'evento avverso segnalato (quando segnalato) sia insorto dopo 14 giorni dalla somministrazione (un esempio eclatante dell'inaffidabilità del meccanismo è dato dal caso della giovane Camilla Canepa, deceduta dopo 14 giorni dalla vaccinazione, ma esclusa dalla correlazione da parte dell'AIFA nonostante il nesso causale sia stato riconosciuto dagli accertamenti medico-legali del procedimento penale apertosi in conseguenza del decesso).

Se il tema della "sicurezza" è stato ben articolato dal CGA siciliano, in punto di "efficacia" il rimettente con alcuni brevi passaggi riteneva soddisfatto il requisito in virtù della "non sperimentalità" del farmaco e della sua capacità di alleviare lo stress sul S.s.n., evitando che i sintomi della malattia si sviluppino con intensità tale da richiedere l'ospedalizzazione e le terapie intensive.

Infine la Corte dovrà pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del rilascio del consenso informato che il soggetto che si accinge alla vaccinazione deve rilasciare in base all'art. 1 L. 219/2017, alla luce del fatto che tale trattamento sarebbe obbligatorio per legge e, quindi, alcun consenso all'obbligato sarebbe richiesto, se non quello di mettere "collaborativamente" a disposizione del medico il proprio corpo per il tempo necessario all'inoculazione.

Quali saranno gli effetti della decisione della Corte?

Discutiamo dell'obbligo vaccinale per la categoria sanitaria, con l'ovvia conseguenza che una eventuale decisione di accoglimento sarebbe certamente estensibile a tutti i soggetti obbligati dalla legge - over 50, insegnanti o forze dell'ordine, armate o soccorso - alla vaccinazione anticovid-19, ma non è vero il contrario, nel senso che un eventuale rigetto (quindi il riconoscimento della legittimità costituzionale dell'obbligo di cui all'art. 4 comma 1 e 2 D.L. 44/2021) riguarderà solo la categoria dei sanitari, lasciando impregiudicata ogni questione relativa alla legittimità costituzionale o meno degli obblighi vaccinali degli over 50 (art 4quater DL 44 cit), degli insegnanti (art. 4ter.2 DL 44 cit.) e delle forze dell'ordine (art. 4 ter.1 DL 44 cit.), tutti basati su presupposti e finalità completamente differenti.

Dalle sparute incursioni della Corte Costituzionale in materia di tutela dei diritti fondamentali in epoca pandemica possiamo concludere che, allo stato dell'arte, la Consulta sia orientata alla tutela della politica sanitaria, wharever it takes, anche addomesticando regole, limiti e principi della costituzione con motivazioni raffinate, giungendo a decisioni impensabili avuto riguardo alla formazione e tradizione culturale, liberale, giuridica, razionale e ponderata che ha sempre distinto l'approccio della Corte innanzi alle questioni fondamentali della vita umana, della persona e della salute.

Se discutessimo di diritto la decisione sarebbe scontata ma temo che non sia così perché in gioco c'è il giudizio sull'intera governance pandemica e quindi preoccupa che la Consulta sia divenuta social, telematica, al passo con la comunicazione di nuova generazione, con i suoi ultimi due Presidenti che si sono spesi in dichiarazioni, interviste e anticipazioni che avrebbero fatto scattare contestazioni deontologiche qualora fossero stati magistrati togati, oltre che doveri di astensione o poteri di ricusazione se ciò non fosse stato per loro escluso.

Se continuasse davvero così il "processo" diverrebbe solo la sede fisica ove discutere una questione già decisa altrove nell'interesse di pochi, per cui la comunità scientifica e la società civile avrebbero l'unica possibilità di gridare a gran voce, con le stesse forme comunicative, la verità e la propria contrarietà alla Corte, in modo tale da non lasciar decidere una questione di tale importanza nel silenzio generale e non lasciar intendere che la popolazione ritenga "giusta" e condivida, anche in termini di proporzionalità ed adeguatezza, i rischi e la grave ingerenza dell'habeas corpus che la normativa in discussione provoca.

Prof. Sinagra, chi decide il 30 novembre? Lei e ALI avete chiesto l'astensione del giudice D'Albertiā€¦

Il giorno dopo la scadenza del mandato del giudice costituzionale Prof. Giuliano Amato, il Capo dello Stato ha nominato in sostituzione il Prof. Marco D'Alberti che fino a quel giorno, con ufficio e collocazione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, aveva svolto attività di consulenza giuridica personale e diretta con l'allora Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi del quale, tra le varie e inopinate esternazioni, vi è quella famosa del seguente tenore: "Non ti vaccini? Ti ammali e muori".

Senza entrare ora nel merito della questione dei cosiddetti "vaccini", non è possibile pensare - senza offendere l'altrui intelligenza - che il Prof. Marco D'Alberti, nell'esercizio delle sue precedenti dette funzioni, non abbia esaminato anche la normativa introdotta con Decreto legge relativa alla materia "vaccinale", dandone approvazione.

Non è un caso che il Capo dello Stato, poco dopo la nomina del Prof. Marco D'Alberti e poco prima dell'udienza alla Corte Costituzionale del 30 novembre 2022, ebbe ad affermare in una sua pubblica esternazione, l'efficacia e la sicurezza dei predetti medicinali, che tutto sono meno che vaccini essendo ormai noto che essi non prevengono il contagio sia passivamente che attivamente.

Il buon senso innanzitutto, e una sana amministrazione della giustizia dovrebbero consigliare il Prof. Marco D'Alberti a non prendere parte all'udienza del 30 novembre 2022 alla Corte Costituzionale.

La singolarità, poi, consiste nell'art. 32 delle norme integrative regolamentari sullo svolgimento del processo adottate dalla Corte Costituzionale in forza del suo potere di autodichia.

L'art. 32 ora richiamato dispone nel senso che "Nei giudizi di cui alle presenti Norme integrative non si applicano le disposizioni relative alle cause di astensione e di ricusazione dei giudici".

Orbene, a parte che la decisione di astensione da parte di un giudice non può essere in alcun modo impedita appartenendo essa alla intima e soggettiva valutazione di ogni giudice, vi è che la disposizione richiamata è palesemente anticostituzionale (e l'autodichia non può disporre in senso contrario alla Costituzione che la Corte Costituzionale è chiamata ad interpretare ed applicare) in quanto violativa non solo dell'art. 117 che preclude la possibilità di legiferare e in questo caso di disporre normativamente in forza di un potere di autodichia, in senso contrario agli obblighi assunti con Trattati internazionali ancora in vigore perché ancora non "denunciati" (ci si riferisce alla Convenzione di Roma del 4 novembre 1950 istitutiva della Corte di Strasburgo sulla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali); ma l'art. 32 prima citato si pone in violazione anche dell'art. 111 della Costituzione relativamente al cosiddetto "giusto processo" come inteso dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo la quale in applicazione della citata Convenzione del 1950 (recante norme "interposte" come riconosciuto non solo dalla Corte di Cassazione ma anche dalla stessa Corte Costituzionale nel senso di parametri di costituzionalità delle norme interne legislative o di pari rango come quelle emanate in forza di un potere di autodichia), ha più volte statuito che il giudice -qualsiasi giudice- non solo deve essere imparziale ma deve anche apparire tale e ciò allo scopo di non compromettere la fiducia dei cittadini nella corretta amministrazione della giustizia.

La conclusione è che la Corte Costituzionale vìola essa la Costituzione.

Tale questione sarà eccepita formalmente in apertura dell'udienza del 30 novembre 2022 dinnanzi la Corte Costituzionale ove il Prof. Marco D'Alberti non abbia la sensibilità e non percepisca la forte esigenza di opportunità di non prendere parte al Collegio nella medesima udienza.

Avv. Di Lorenzo, cosa ci si aspetta, dunque?

Se questi sono i termini della questione, sulle aspettative dipenderà molto dalla scelta dei criteri e del metodo che la Corte deciderà di adottare per la decisione, se in chiave politica o giuridica.

Da avvocato mi auguro che la Corte, allo snodo metodologico da seguire per la decisione, prenda la via del diritto, e se così fosse allora potremmo certamente prognosticare un esito scontato, tenendo conto della più che trentennale giurisprudenza costituzionale in materia di trattamenti sanitari obbligatori e, in particolare, di vaccinazione obbligatoria.

Qualora invece allo snodo si virasse nella direzione politica, alla decisione saranno completamente indifferenti le evidenze e la quantità infinita di scoperte della comunità scientifica diversa da quella considerata dal precedente governo come unica "scienza" utile per legittimare le misure adottate, la cui necessità, proporzionalità ed adeguatezza non verrà in alcun modo vagliata ma sarà data per presupposto scontato dalla tesi di partenza, invece di essere considerati circostanze oggetto di accertamento.

Il giudizio politico contiene, di per sé, un pregiudizio etico o ideologico attraverso il quale si superano i limiti, si manipolano i principi e non si osservano i divieti imposti dal diritto all'azione di governo, permettendole qualsiasi tipo di misura, disciplina o indirizzo - anche l'esercizio della funzione legislativa - senza alcun controllo o confine.


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