Ultime dalla Cassazione sull'istituto dell'indegnità a succedere: dal divieto di interpretazione estensiva e analogica al rapporto di pregiudizialità tra processo penale e civile

Indegnità a succedere: ipotesi tassative

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Le ipotesi di indegnità, giustificate dal comune senso sociale, ad ammettere che possa succedere alla persona offesa colui che abbia commesso atti particolarmente gravi nei suoi confronti, non sono rimesse alla valutazione giudiziale, perché le ipotesi sono a ritenersi rigorosamente tassative e il relativo regime è di ordine pubblico. Esse non sono suscettibili di interpretazione estensiva, né analogica (Cass. n. 314/1946).

Cassazione civile, II sez., ordinanza n. 13266/2022

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Rapporto di pregiudizialità tra processo penale e civile

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In linea di principio fra processo penale nel quale sia oggetto di imputazione il reato di falsificazione di un testamento e uso di un testamento falso e il giudizio civile per fare dichiarare l'indegnità a succedere

dell'imputato corre certamente rapporto di pregiudizialità giuridica. Il n. 6 dell'art. 463 c.c., infatti, commina l'indegnità di chi abbia formato un testamento falso o ne abbia fatto scientemente uso. Si rileva per completezza di esame che, a seguito della legge n. 4 del 2018, che ha introdotto nel codice di procedura penale l'art. 537-bis, l'indegnità è ora dichiarata dal giudice penale con la sentenza di condanna (art. 537-bis c.p.p.).

Cassazione civile, II sez., sentenza n. 1443/2022

Efficacia riflessa

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In tema di rapporti tra giudizio penale e giudizio civile, accanto all'efficacia diretta, che riguarda le parti che hanno preso parte al processo nel quale si è formato il giudicato, si ammette anche la possibilità di invocare l'efficacia riflessa come nel caso in cui (cfr. Cass. n. 18062/2019) sussista un nesso di pregiudizialità - dipendenza fra situazioni giuridiche, e quando la sentenza contenga l'affermazione di una verità che non ammette un diverso accertamento ed il terzo non vanti un diritto autonomo rispetto a quello su cui il giudicato stesso è intervenuto (in senso conforme Cass. n. 5411/2019, in relazione al giudicato formatosi in un precedente processo, ove era stata dichiarata l'indegnità a succedere dell'erede del debitore, giudicato che si è ritenuto abbia un'efficacia riflessa anche nei confronti del creditore del "de cuius" il quale, rimasto estraneo al primo giudizio, aveva convenuto, in seguito, il detto erede per ottenere il pagamento di quanto dovuto dal defunto).

Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n. 32412/2021

Indegnità a succedere e prova

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La formazione o l'uso consapevole di un testamento falso è causa d'indegnità a succedere, se colui che viene a trovarsi nella posizione d'indegno non provi di non aver inteso offendere la volontà del "de cuius", perchè il contenuto della disposizione corrisponde a tale volontà e il "de cuius" aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte dello stesso nell'eventualità che non fosse riuscito a farla di persona, ovvero che il "de cuius" aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione "ab intestato".

Cassazione civile, sez. VI, ordinanza n. 19045/2020

Indegnità a succedere non rilevabile d'ufficio

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L'indegnità a succedere prevista dall'art. 463 c.c., pur essendo operativa "ipso iure", non è rilevabile d'ufficio, ma deve essere dichiarata su domanda dell'interessato, atteso che essa non è uno "status" del soggetto, né un'ipotesi di incapacità all'acquisto dell'eredità, ma una qualifica di un comportamento che si sostanzia in una sanzione civile di carattere patrimoniale avente un fondamento pubblicistico e dà luogo ad una causa di esclusione dalla successione; pertanto, essendo effetto di una pronuncia di natura costitutiva, può aversi per verificata soltanto al momento del passaggio in giudicato della relativa sentenza. Se tale giudicato si forma quando sia pendente in grado di appello un diverso giudizio avente ad oggetto la pretesa di un creditore del "de cuius", la negazione della qualità di erede operata dal convenuto, in ragione della suddetta indegnità, è una mera deduzione difensiva su un fatto costitutivo della domanda attrice, l'inammissibilità della quale va valutata ai sensi dell'art. 345, comma 2, c.p.c.

Cassazione civile, sez II, sentenza n. 5411/2019


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