Corte UE: la normativa italiana deve intervenire per inquadrare i Giudici di Pace, in quanto non è giustificabile un trattamento diversificato rispetto ai magistrati onorari a parità di funzioni, indebiti inoltre i rinnovi

Al legislatore italiano inquadrare i giudici di pace

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Per la Corte UE, il Giudice di Pace, se inquadrabile come lavoratore a tempo determinato in base agli accordi quadro UE, ha diritto a ferie pagate, previdenza e assistenza. A tale inquadramento però deve provvedere il legislatore nazionale. In ogni caso, le disposizioni delle leggi italiane che prevedono rinnovi reiterati dei contratti a tempo determinato non sono compatibili con la normativa UE perché non prevedono sanzioni efficaci per contrastare l'abuso che viene commesso ai danni delle toghe onorarie. Questi in sintesi i concetti espressi dalla Corte Ue nella sentenza C - 658/18 (sotto allegata).

Giudici togati e onorari: ingiustificati i diversi trattamenti

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La vicenda ha inizio con il ricorso del TAR Emilia Romagna alla Corte UE per ottenere una pronuncia pregiudiziale necessaria ad accertare l'esistenza di un rapporto di lavoro di pubblico impiego tra un giudice di pace e il Ministero della Giustizia.

La clausola n. 5 dell'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale allegato alla direttiva 97/81 CE dispone, in particolare che gli Stati devono introdurre misure specifiche finalizzate ad evitare gli abusi che derivano dal ricorso di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato. Agli Stati viene chiesto di stabilire le ragioni in grado di giustificare i rinnovi di detti rapporti di lavoro a tempo determinato, stabilire comunque il numero massimo di rinnovi possibile e la durata massima dei contratti o rapporti di lavoro.

La legislazione italiana, per quanto riguarda la posizione dei Giudici di Pace, definisce l'ufficio di questa figura come "onorario", regolamentandone il compenso per udienza, a cui si aggiunge un'indennità mensile.

Nel caso portato all'attenzione della Corte UE un giudice di pace ha svolto il suo incarico dal 2002 al 2016. Poiché i magistrati onorari e togati di fatto esercitano le stesse funzioni, ha chiesto il riconoscimento dello status di dipendente pubblico a tempo pieno o parziale. La normativa nazionale distingue lo status del giudice onorario da quello ordinario. Al primo infatti sono negate le tutele assistenziali e previdenziali compresa la tutela della salute, della maternità e le ferie.

Irrilevante però, per il giudice remittente, che il compenso del Gdp sia definito come una indennità, sottolineando altresì che "i rinnovi indebiti e ingiustificati dei rapporti di lavoro a tempo determinato e la proroga sistematica dei mandati dei giudici di pace provocherebbero una stabilizzazione del rapporto di lavoro che la legge italiana qualifica come onorario, per la quale non è prevista alcuna sanzione effettiva e dissuasiva."

Abusivo il rinnovo del contratto a termine del GdP

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La Corte UE, dopo aver analizzato la normativa italiana ed europea sul lavoro a tempo determinato, conclude dichiarando l'incompatibilità della normativa nazionale, che non prevede per i giudici di pace il diritto di beneficiare delle ferie retribuire della durata di 30 giorni né diritti di tipo previdenziale e assistenziale. Diritti che conseguono solo al rapporto di lavoro come quello dei magistrati ordinari e che spettano anche ai GdP, se rientranti nella nozione di lavoratori a tempo parziale o determinato.

Questo perché in base all'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato la sua situazione è comparabile di fatto a quella del magistrato ordinario.

Incompatibile con la normativa europea inoltre anche quella interna che prevede, in relazione ai contratti a tempo determinato, la possibilità di rinnovarli più volte, senza sanzioni effettive per contrastare il rinnovo abusivo di questi contratti.

Sentenza causa C-236-20.pdf

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