Dalla Costituente a Greta Thunberg e COP26, analisi del percorso storico-costituzionale che ci ha condotto alla transizione ecologica

Greta Thunberg, COP26, il protocollo di Kyoto

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Greta Thunberg e Molly Burhans, il G20 di Roma e la COP26 dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, il Protocollo di Kyoto e l'Accordo di Parigi: la tutela dell'ambiente permea le televisioni, i giornali, i siti internet ma anche le nostre coscienze. Con nomi, sigle, numeri, grafici e materiale multimediale di ogni genere. Lo fa da protagonista attraverso le iniziative di attivisti, la convocazione di importanti conferenze internazionali o la sottoscrizione dei più svariati trattati a firma dei rappresentanti delle più grandi potenze al mondo.

Quante volte, sin dai programmi didattici dei primi livelli di istruzione, si sono sensibilizzate e si sensibilizzano tuttora le nuove generazioni a tematiche quali il buco dell'ozono, il surriscaldamento terrestre, le plastiche inquinanti, le risorse rinnovabili o l'estinzione di veri e propri ecosistemi?

Quante volte, nell'effettuare la raccolta differenziata, ci si pone il dubbio su che cosa vada gettato nell'indifferenziata?

La percezione del mondo è mutata in funzione dell'ambiente, elemento trainante l'opinione pubblica e, per certi versi, il modo di ottenere successo, di fare politica e di garantirsi un consistente elettorato.

Tutto sommato, comunque la si vuole pensare, la responsabilità intergenerazionale che da esso si origina non lascia scampi a nessuno e coinvolge sempre di più la società.

Mai come ora, si deve fare il possibile per "salvare il salvabile", a cominciare dallo spazio in cui essa agisce e da cui trae le risorse necessarie al proprio sostentamento nel corso del suo arco vitale: l'ambiente.

A riguardo, ecco una disamina della direzione verso cui si è proteso - e si protende sempre di più - il percorso del costituzionalismo: una analisi che, dal "paesaggio" alla "transizione ecologica", non vuole avere solo un carattere prettamente nozionistico e terminologico, ma che cela dietro ritagli di storia politica e di decisioni giurisprudenziali che hanno dato un risvolto importante al nostro ordinamento.

Dal paesaggio all'ambiente

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Se nella versione digitale della Costituzione del 1948 usassimo la funzione trova per ricercare nel testo la parola "ambiente", l'esito sarebbe negativo.

La presenza dell'ambiente - o quantomeno di un suo riferimento - come in molte carte fondamentali dell'Europa del secondo dopoguerra, non si rileva e, certamente, non per dimenticanze del Comitato di redazione dell'Assemblea costituente[1].

La responsabilità istituzionale che promanava da palazzo Montecitorio era proiettata ad altre questioni ben più rilevanti. Trovare la cosiddetta forza per rialzarsi, ricostruire i pilastri portanti dello Stato, dare nuova linfa ad una società dilaniata dal punto di vista morale, politico ed economico: erano questi gli obiettivi verso cui erano volti gli sforzi dei padri costituenti, a mettere per iscritto che si doveva ricominciare e - soprattutto - come farlo, ridisponendo quel processo di democratizzazione che aveva affrontato gli anni bui del regime dittatoriale fascista.

Il susseguirsi delle vicende storiche ci conduce inevitabilmente a collegare ad ogni epoca delle priorità politico-giuridiche: il diritto di internet ovvero le teorie gender, sino a qualche tempo fa erano verosimilmente riconducibili alla sfera della fantascienza. Ricalcando questo esempio, probabilmente non ci si discosterebbe troppo dal pensare che la tematica dell'ambiente, per come è concepita oggi, nell'Italia del 1946 non trovava attecchimento.

Unico spiraglio di luce - da prendere come base di partenza per la disamina che segue - era rappresentato dall'articolo 9 che esplica: "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".

Al secondo comma, dietro alla parola "paesaggio" si celarono, in sede di Assemblea costituente, molteplici discussioni tutte annoverabili in quella che circoscriviamo come concezione statica, con il paesaggio da intendere come quell'insieme complesso di beni naturali da proteggere per il loro valore estetico e/o culturale: prevaleva, quindi, l'estetizzazione della natura.[2]

A testimonianza di questo retaggio - influenzato altresì dalla legge n. 1497 del 29 giugno 1939 in materia di "Protezione delle bellezze naturali" - vi è l'originaria formulazione della norma degli onorevoli relatori Aldo Moro e Concetto Marchesi che in aula proposero: "I monumenti artistici, storici e naturali del Paese costituiscono patrimonio nazionale ed in qualsiasi parte del territorio della Repubblica sono sotto la protezione dello Stato"; ciò nonostante, il 30 aprile del 1947, in Assemblea plenaria fu poi approvata la dicitura giunta sino al giorno d'oggi.[3]

Il superamento di questa visione e il passaggio alla concezione dinamica si ebbe solo a partire dal 1971, a distanza di oltre 23 anni dalla prima volta in cui ogni cittadino potette prendere visione del contenuto della Costituzione nella sala comunale della propria città, così come previsto dalla VIII disposizione transitoria e finale.

Sono i giudici delle leggi che, con la sentenza n. 79 del 21 aprile di quell'anno[4], apportarono un sostanziale mutamento alla elaborazione del concetto di ambiente andandolo a definire come una risultante delle "formazioni geologiche e delle loro spontanee manifestazioni", aggiungendo che "racchiude beni che assumono un valore scientifico ed un interesse storico od etnografico, oltre che turistico; ed è chiaro che la conservazione dei medesimi è di interesse fondamentale per il complesso sociale al quale appartengono".

L'estetismo veniva in qualche modo superato, attribuendo all'ambiente dei beni che andavano sicuramente al di là di qualsiasi criterio umano di amenità che proteggeva le "bellezze naturali".

Ulteriori passi in avanti furono fatti con la sentenza n. 239 del 29 dicembre 1982[5] - concernente il mutamento delle "bellezze paesistiche" che da un valore prettamente estetico passavano ad avere un valore di elevamento "intellettuale della collettività" e, in quanto tale, da proteggere - e con la sentenza n. 39 del 26 febbraio 1986[6]: quest'ultima, andò ad arricchire la nozione di paesaggio stabilendo che "ai sensi dell'articolo 9 Cost. deve ora ritenersi comprensiva di ogni elemento naturale ed umano attinente alla forma esteriore del territorio e che ad ogni elemento del genere deve ritenersi potenzialmente estesa (si intende: al di là dei vincoli positivamente imposti nei modi previsti dalla legislazione di settore) la protezione assicurata dal precetto costituzionale".

La questione ambientale stava man mano assumendo un rango costituzionale sempre più affinato e sempre più meritorio di afferire all'interesse pubblico della comunità nazionale: a dimostrazione di questo basta pensare a come, verso la fine degli anni '80, in tutta Europa emersero partiti politici che facevano della questione ecologica una priorità delle loro agende di dibattito.

Si tratta dei "Green parties" che, per l'Italia, videro la loro concretizzazione ne "I Verdi" e che, per quanto concerne il vecchio continente, presero il volo dapprima con il Gruppo Verde al Parlamento Europeo nel 1989, successivamente con il Gruppo dell'Alleanza Radicale Europea nel 1994 per confluire, in ultimo, nell'ultima coalizione "I verdi/Alleanza Libera Europa" che dal 1999 e con gli attuali 73 seggi a Strasburgo, si fa portavoce politico della tutela e del miglioramento di quanto madre natura ci ha dato[7].

Sempre questa è l'epoca del disastro di Chernobyl e del referendum contro il nucleare che, nel nostro paese, portò - con un'affluenza di oltre il 65% degli aventi il diritto di voto - all'abrogazione delle norme riguardanti la localizzazione delle centrali, i contributi agli enti locali che le ospitano e la possibilità per l'Enel di costruire e gestire impianti nucleari all'estero[8].

Dal punto di vista normativo, il culmine si raggiunse con la legge n. 349 dell'8 luglio del 1986[9] che previde lo scorporo dell'allora Dipartimento per l'ecologia - incardinato nell'organigramma della Presidenza del Consiglio dei Ministri - per elevarlo a vero e proprio organo di governo: nacque il Ministero dell'Ambiente.

A questo nuovo intervento normativo del 1986 si deve altresì il raggiungimento di un'altra tappa fondamentale.

Nel 1987, la Corte Costituzionale si trovò a dover definire una questione di legittimità promossa dalle province autonome di Bolzano e Trento che reclamavano, sulla base dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, "la competenza provinciale esclusiva in materia di tutela del paesaggio e dei parchi per la protezione della flora e della fauna", competenza che andava a scontrarsi e a sovrapporsi a quelle spettanti allo Stato sulla base della previsione della nuova legge.

La sentenza n. 210/1987[10], nel rigettare l'impugnazione, sancì che "la natura degli interessi da curare e salvaguardare, il loro livello, afferente all'ambito nazionale, le sostanziali finalità che sono quelle della protezione di valori costituzionali primari (artt. 9 e 32 Cost.), come già questa Corte ha più volte affermato, giustificano ampiamente lo spessore dei poteri attribuiti allo Stato che sono anche in funzione di indirizzo e coordinamento".

Si definì chiaramente che l'ambiente è una tematica da analizzare con la salute, in quanto sono valori costituzionali primari e, pertanto, intoccabili: da cristallizzare.

Ambiente e salute vanno e devono andare di pari passo ed è assolutamente importante che, affinché i passi non siano asincroni, non si avvolga la loro tutela nell'ottica della promozione delle autonomie locali, demandandone la competenza agli enti decentrati. Perché, come conclusero i giudici, "trattasi di competenze e di attività che in sostanza mirano anche esse alla cura, alla tutela e alla salvaguardia di interessi unitari di livello nazionale e di valori costituzionali quali l'ambiente e la salute che rientrano nella competenza dello Stato".

La cristallizzazione dell'ambiente si ebbe con il giudizio in via incidentale espresso dalla sentenza n. 641 del 30 dicembre del 1987[11] che portò al decisivo superamento della sua concettuale estetizzazione, andando a precisare che "l'ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita. La sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l'esigenza di un habitat naturale nel quale l'uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (artt. 9 e 32 Cost.), per cui esso assurge a valore primario ed assoluto".

Si concretizzò così un definitivo mutamento di coscienza ambientalista, sia dal punto di vista sociale che prettamente giuridico.

D'ora in avanti, chiunque poteva riconoscersi nelle pronunce estensive della Corte Costituzionale: dal "paesaggio" - oggetto di numerose analisi e interpretazioni in camera di consiglio - si passò alla parola "ambiente": un termine sicuramente più completo che andava a colmare quei crocevia di pensiero che per tanto tempo si erano susseguiti.

Se è vero che i due valori primari dell'ambiente e della salute debbano seguitarsi a vicenda, potremmo anche ragionevolmente affermare che ora l'individuo sia in grado di avanzare delle pretese.

Innanzitutto, pretendere che le sue condizioni di vita, di ambiente e di lavoro non mettano a rischio la sua salute ovvero pretendere - in un'ottica preventiva - che nessuno possa ledere e mettere in pericolo l'ambiente. Si evince il passaggio da un diritto ambientale in senso stretto ad un diritto all'ambiente salubre, con un sentimento di presunzione nei confronti dello Stato affinché si attivi concretamente attraverso i suoi organi per la rispettiva tutela.[12]

Ulteriori spunti evolutivi dei diritti ambientali hanno avuto ragione di esistere in virtù di quella sinergia venutasi a creare mettendo l'articolo 9 in rapporto con altre norme costituzionali, quali:

- Art. 41 Cost.: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali."

Ci si sofferma su tre concetti chiave: il riconoscimento della libera iniziativa economica ai privati; il divieto di andare in contrasto o di arrecare danno all'uomo; la riserva di legge per indirizzare le attività economiche ai fini sociali.

Il bene ambiente soffre senza ombra di dubbio la suscettibilità a essere bersagliato dalla libertà di iniziativa economica privata, una libertà che, pertanto, deve essere perennemente controllata dallo Stato affinché si prevenga uno sviluppo economico nocivo sia all'ambiente stesso che all'economia del paese. In questa ottica, la giurisprudenza costituzionale si è spesso occupata di bilanciare questi interessi costituzionali avendo come target quello della sicurezza dell'uomo e della salvaguardia dell'utilità sociale.[13]

- Art. 42 Cost., comma 2: "La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti."

Si sancisce che l'esercizio da parte del privato dell'assoluto diritto di proprietà non può categoricamente entrare in conflitto con gli interessi della collettività. La "funzione sociale" viene quindi tutelata limitando la proprietà in funzione di beni superiori: valori costituzionalmente rilevanti e riconosciuti come prevalenti, quali per l'appunto la tutela del paesaggio-ambiente.

- Art. 44 Cost.: "Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane."

Norma costituzionale ideata sulla base dello scenario economico italiano del dopoguerra: un paese prettamente dedito all'agricoltura, dilaniato dalle masse di lavoratori agricoli che si scontravano con il problema dei grandi latifondi che erano presenti per la maggioranza nel sud del paese e verso i quali si richiedeva una loro frammentazione e ridistribuzione[14].

Ecco che si pensò di promuovere l'intervento dello Stato ponendo dei vincoli all'equo sfruttamento del suolo, promuovendo la "trasformazione del latifondo" e facendo emergere - con l'istituto della bonifica - il connubio uomo-ambiente. E, in conclusione, non si potevano tralasciare le zone montane verso cui si intervenne con la legge n. 1102 del 3 dicembre del 1971[15] che istituì le Comunità montane.

La fiaccola della giurisprudenza costituzionale ebbe l'ultimo motivo di ardere grazie alla forza comburente della Riforma del Titolo V[16], che introdusse per la prima volta nella carta del 1948 la parola "ambiente".

E' proprio con la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre del 2001[17] che si attuò uno spartiacque di competenze inerenti alla tutela ambientale.

L'art. 117, comma 2, lettera "s", attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva in materia di "s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" e, al comma 3, nell'ambito della legislazione concorrente la "valorizzazione dei beni culturali e ambientali", la cui potestà legislativa è per l'appunto condivisa tra le Regioni e lo Stato: quest'ultimo per la "determinazione dei principi fondamentali".

Questa riforma decretò l'arrivo del percorso costituzionalista iniziato tra gli scranni della Costituente alla fine del 1946, una riforma che mette in evidenzia diverse peculiarità della nostra Costituzione: fra tutte la sua programmaticità e la sua compromissorietà[18], caratteristiche che rendono possibili il "guardare al di là dell'orizzonte" e la stessa evoluzione - anche seppur basilarmente nozionistica - dei suoi precetti.

Un percorso che si concluse proprio con l'evoluzione del paesaggio in ambiente.[19]

Dall'ambiente alla Transizione Ecologica

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L'affermarsi dell'ambiente non esaurì, tuttavia, quella spinta propulsiva dovuta all'esigenza di avere una visione lungimirante e programmatica su questo tema: nel tempo si è arrivati a nuove e radicali mutazioni che hanno, via via, cambiato il modo di approcciarsi alla ricerca di soluzioni politiche per il futuro.

Il rapporto tra ambiente e salute nonché quello tra ambiente e altri valori costituzionali quali l'utilità sociale, hanno fatto presto spazio allo stretto legame che l'ambiente pone in essere con l'economia: nasce così l'ecologia, branca scientifica che si occupa di analizzare le relazioni dell'uomo con lo spazio in cui vive, difendendo quegli equilibri naturali che sicuramente non verrebbero tutelati da broker, dalle quotazioni societarie in borsa o dall'inarrestabile innovazione tecnologica[20].

Questo perché nel 2021 è giunta l'ora di concretizzare - anche a livello normativo - la decisa inversione di tendenza di pensare al domani, consapevoli che "La Terra su cui viviamo non l'abbiamo ereditata dai nostri padri, l'abbiamo presa in prestito dai nostri figli. Nostro è il dovere di restituirgliela"[21]; senza nulla togliere all'ultimo verso della professione di fede cristiana cattolica che ci accomuna nell'attendere "la vita del mondo che verrà".

Rilevante tentativo di alleviamento di questa attesa è l'intervento effettuato dal decreto legge n. 22 del 1 marzo 2021[22], introducendo il nuovo modo di intendere l'ambiente: la transizione ecologica.

Con il termine "transizione" si indica un passaggio, una trasformazione, una modifica temporanea di un modus vivendi destinato a cambiare per persistere. Persistere e innovare in meglio una comunità di riferimento.

Prendendo in esame l'accostamento di entrambe le parole, l'Enciclopedia Treccani ci pone all'attenzione ben tre definizioni.

Nella prima, "Processo tramite il quale le società umane si relazionano con l'ambiente fisico, puntando a relazioni più equilibrate e armoniose nell'ambito degli ecositemi locali e globali"; nella seconda, "In senso più limitato e concreto, processo di riconversione tecnologica finalizzato a produrre meno sostanze inquinanti"; nella terza, "Denominazione del dicastero preposto nel 2021 all'attuazione della politica ambientale".[23]

Per quest'ultima voce, è indiscutibile affermare come la nota enciclopedia non possa assurgere ad alcuna posizione nel sistema della gerarchia delle fonti del nostro ordinamento, ma che trae la propria origine dallo stesso decreto legge che, sulla scia della nuova concezione di intendere l'ambiente, istituì due organi:

1) Il Ministero per la Transizione Ecologica che sostituisce, con una nuova denominazione, l'ormai ex Ministero dell'Ambiente. Il MiTe amplia le competenze ereditate da Sergio Costa e, con le nuove deleghe, si troverà a dover definire linee di politica energetica e mineraria, ad autorizzare eventuali impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, a sviluppare reti nazionali di trasporto dell'energia elettrica o di gas, a promuovere la concorrenza dei mercati dell'energia tutelandone l'economicità e la sicurezza del sistema e a redigere piani in materia di combustibili alternativi con relative strutture di distribuzione per la ricarica dei veicoli elettrici.

2) Il CITE - Comitato Interministeriale per la transizione ecologica - il cui compito è quello di concretizzare, con una propria azione di coordinamento, le politiche nazionali e la loro programmazione in tema di sostenibilità ecologica. Questo comitato, che vede la partecipazione dei ministri del Sud, dello Sviluppo Economico, dell'Economia, delle Infrastrutture, della Cultura e delle Politiche agricole, sarà fondamentale per affrontare problematiche di varia natura, suscettibili tutte di una risoluzione frutto della cooperazione tra vari dicasteri.

Si pongono così le basi per quella rivoluzione ecologica di cui necessita un paese che deve svilupparsi, con solidità e determinazione, abbracciando la sostenibilità, in tutte le sue diverse sfaccettature: la sostenibilità alimentare, che abbraccia la verosimile possibilità di vedere le nostre tavole conquistate dalle svariate specie di insetti commestibili; la sostenibilità dei materiali, con studi di nuovi packaging o di tessuti che non siano di difficile smaltimento e con l'introduzione, a partire dal 2023, di una sorta di plastic tax[24]; la sostenibilità della mobilità, in primis con il settore privato dell'automotive a fare da pioniere con la commercializzazione di macchine elettriche, ma anche con politiche green - sin dal livello degli enti locali - atte a favorire il trasporto pubblico, la costruzione di piste ciclabili e la realizzazione di aree verdi sul territorio nazionale; la sostenibilità economica, con la circular economy[25] in grado di favorire il riutilizzo, la riparazione, la condivisione, il prestito il ricondizionamento e il riciclo di materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile.

Una rivoluzione ecologica destinata ad incidere in modo netto e sostanziale sulle nostre vite, anche grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)[26] che riserva alla transizione verde quasi 60 miliardi di euro: circa il 31% dell'intero importo devoluto all'Italia dal piano Next generationEU varato dall'Unione Europea per la ripresa dell'Europa dopo la crisi scaturita dalla pandemia di Covid-19, per creare nuovi posti di lavoro in una mercato del lavoro che sappia inserirsi in una economia più sostenibile, valorizzandola non solo dal punto di vista strettamente occupazionale.

"Il miglior momento per piantare un albero è vent'anni fa. Il secondo migliore momento è adesso"[27].

Probabilmente, la terra non sarà salvata dagli alberi ma, con strumenti normativi adeguati, potremmo avvicinarci ad un risultato simile.

Ecco perché, ad oggi, risulta facile affermare che anche se la transizione ecologica sarebbe dovuta iniziare almeno vent'anni fa, il momento per compierla è ora.


[1] Cfr. Assemblea costituente (1946-1948), La costituzione della Repubblica nei lavori preparatori della Assemblea Costituente, Roma, Segretariato Generale della Camera dei Deputati, 1970.
Il decreto legge luogotenenziale n. 151 del 25 giugno 1944 - pubblicato successivamente in G.U. 23 marzo 1946, n. 69 - previde l'istituzione dell'Assemblea Costituente che, nel luglio 1946, deliberò lo scorporo di 75 deputati per formare la Commissione. Quest'ultima, avente il compito di concretizzare l'elaborazione del progetto costituzionale, alla seduta plenaria del 26 novembre 1946 approvò la nascita del Comitato di redazione: composto da 18 membri a cui fu attribuita la redazione sistematica della Costituzione che, volta per volta, veniva presentata nei lavori assembleari in un testo coordinato.
[2] M. S. Giannini, Primi rilievi sulle nozioni di gestione dell'ambiente e di gestione del territorio, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1975.
[3] Ufficio ricerche sulle questioni istituzionali, sulla giustizia e sulla cultura e Ufficio ricerche nei settori dell'ambiente e del territorio, Tutela dell'ambiente in costituzione - XVIII Legislatura, Roma, Servizio studi del senato, 2021.
[4] Corte cost. 21 aprile 1971 n. 79, in Giur. cost., 1971.
[5] Pubblicata in G.U. 5 gennaio 1983, n. 4 - Serie Generale.
[6] Pubblicata in G.U. 12 marzo 1986 n. 59 - Serie Generale.
[7] I riferimenti relativi ai "Green parties" sono tratti da www.greens-efa.eu e da www.verdi.it, consultati in data 02.12.2021 alle ore 18:56.
[8] I dati relativi al referendum del 1987 sono tratti dal sistema "Eligendo" del Ministero dell'Interno, consultato su www.elezionistorico.interno.gov.it in data 02.11.2021 alle ore 19:10.
[9] Pubblicata in G.U. 15 luglio 1986, n. 162 - Supplemento Ordinario.
[10] Corte cost. 22 maggio 1987 n.210, in Giur. cost., 1987.
[11] Parte prima: giurisprudenza costituzionale e civile, in Foro it., 1988, vol. 111, pp. 1057-1058-1061-1062 ss.
[12] Corte cost., 20 dicembre 1996 n. 399, in Giur. cost., 1996.
La sentenza n. 399/1996 precisa come "la tutela della salute riguarda la generale e comune pretesa dell'individuo a condizioni di vita, di ambiente e di lavoro che non pongano a rischio questo sue bene essenziale: tale tutela implica non soltanto situazioni attiva di pretesa, ma comprende, oltre a misure di prevenzione, anche il dovere di non ledere o porre a repentaglio con il proprio comportamento la salute altrui, con la conseguenza che, di fronte al contrasto tra il diritto alla salute costituzionalmente protetto e altri liberi comportamenti, privi di diretta copertura costituzionale, la prevalenza va necessariamente al primo".
[13] Cfr. Corte cost., 17 marzo 2006, n. 116, in Giur. cost., 2006; Corte cost., 16 giugno 2001, n. 190, in Giur. cost., 2001; Corte cost., 3 giugno 1998, n. 196, in Giur. cost., 1998.
[14] La Malfa U., Magagnato L., La politica economica in Italia 1946-1962, Roma, Comunità, 1963, p. 11 ss.
[15] Pubblicata in G.U. 23 dicembre 1971, n. 324 - Supplemento Ordinario.
[16] La cd. Riforma del Titolo V è la riforma costituzionale apportata dalla L. Cost. n. 3/2001 che diede piena attuazione alla L. n. 59/1997 concernente "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa".
[17] Pubblicata in G.U. 24 ottobre 2001, n. 248 - Serie Generale.
[18] G. Rolla, Il sistema costituzionale italiano, Milano, Giuffrè, 2010, p. 89 ss.
[19] Cfr. A. Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazione, Milano, Giuffrè, 1969.
[20] Cfr. Schilleci F. (a cura di), Ambiente ed ecologia. Per una nuova visione del progetto territoriale, Milano, Franco Angeli, 2012.
[21] Antico proverbio di origine sconosciuta e, presumibilmente, risalente al 1852 nel contesto del genocidio dei nativi americani.
[22] Decreto legge convertito con modificazioni dalla Legge n. 55 del 22 aprile 2021, n. 55 (pubblicata in G.U. 24 aprile 2021, n. 102 - Serie Generale).
[23] Tratto da www.treccani.it, consultato in data 07.12.2021 alle ore 14:30.
[24] Come previsto dall'Atto del Senato n. 2448, avente ad oggetto "Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024", consultato su www.senato.it in data 07.12.2021 alle ore 15:00.
[25] Sulla circular economy sono importanti gli studi condotti dall'Istituto di tecnologia di Vellore in India. In data 8 ottobre 2019 si è tenuta, in collaborazione con l'Institute of Industrial & Systems enigneers, una conferenza i cui atti sono raccolti in: Jayakrishna K., Rajyalakshmi G., Proceeding International virtual conference on circular economy, Vellore, Vellore Institute of Technology, 2019.
[26] Cfr. Vacca V., Guida al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza - PNRR, Pisa, Pacini Giuridica, 2021.
[27] Ferrini F., Del Vecchio L., La terra salvata dagli alberi, Roma, Elliot, 2020.


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