In Europa e nel mondo si condanna sempre più lo stealthing, deprecabile pratica di sfilare o danneggiare un preservativo durante il rapporto sessuale all'insaputa del partner. E in Italia?

Stealthing: di cosa si tratta?

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Di "stealthing", negli ultimi anni, se ne è purtroppo sentito parlare parecchio, soprattutto dopo che molte persone hanno cominciato a condividere le proprie esperienze. Questo termine anglofono, che richiama il fare le cose "di nascosto" oppure "furtivamente", viene utilizzato per indicare una pratica (commessa sia da uomini che da donne) che consiste nel togliere o danneggiare il preservativo durante un rapporto sessuale senza che il/la partner abbia acconsentito a praticare sesso non protetto.


La diffusione di questo deprecabile fenomeno ha registrato una preoccupante crescita, complici anche i siti e i forum online in cui si è incentivato a praticarlo, addirittura con guide ad hoc affinché il partner non si accorga di nulla.


Lo stealthing, tuttavia, non solo lede la libertà di autodeterminazione, ma è altresì una minaccia per il corpo di chi subisce tale abuso, una vera e propria "vittima" dello stesso, in quanto pone a rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (HIV, gonorrea, clamidia, ecc.) e di incorrere in eventuali gravidanze indesiderate, tutte possibilità che tendenzialmente vengono fortemente limitate dall'uso corretto del preservativo.


Senza dimenticare l'impatto che questa pratica può avere sulla psiche delle vittime che si trovano di fatto ad affrontare una "grave violazione della dignità e dell'autonomia", nonché disturbi emotivi e psicologici come ha messo in luce Alexandra Brodsky, avvocato per i diritti civili, in un articolo particolarmente approfondito riguardante lo stealthing pubblicato sul Columbia Journal of Gender and Law. Ed è per questo

Risvolti legali

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In diversi casi, praticare lo stealthing ha condotto anche a risvolti giuridici, avendo molte vittime deciso di adire le vie legali. Certo, il sesso non protetto non è di per sé un comportamento sanzionato, ma questo vale soltanto qualora venga praticato in maniera libera e consapevole da ambo le parti, cosa che, come evidente, non avviene in caso di stealthing.

Il termine si è dunque diffuso anche nella dottrina penalistica e, poiché ad essere minacciati sono molti diritti della persona, alcuni paesi si sono mossi nel senso di bandire espressamente tale pratica e tacciarla come illegale, in particolare imperniando il tutto sulle ipotesi che la stessa possa integrare "violenza sessuale" o "stupro", oppure rientrare nella cosiddetta coercizione riproduttiva.

Ciò è avvenuto in Gran Bretagna, in cui lo stealthing è stato riconosciuto come violenza sessuale e addirittura anche lo stato della California potrebbe essere il primo degli USA a renderlo espressamente illegale.

Quanto alla giurisprudenza, si sono susseguite diverse decisioni anche se, nel panorama legale, si tratta ancora di sparuti precedenti, ma non per questo meno importanti. Nel luglio 2020, per la prima volta in Germania e in Europa, il Kammergericht di Berlino ha sancito la punibilità della pratica del c.d. Stealthing come aggressione sessuale.

Tra dli altri precedenti emergono una pronuncia della Corte Suprema del Canada, che ha confermato la condanna per violenza sessuale a un uomo colpevole di aver bucato il preservativo, due decisioni spagnole e una sentenza svizzera con il Tribunale di Losanna del 2017 ha condannato per stupro un uomo accusato di essersi sfilato il preservativo durante un rapporto, senza che la partner ne fosse a conoscenza. Provvedimento, quest'ultimo, che è stato poi emendato in appello dalla Corte Suprema cantonale di Zurigo che ha negato che tale pratica costituisse reato.

In Italia lo stealthing è reato?

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La legge italiana non si occupa espressamente dello stealthing, che dunque non rappresenta un fattispecie tipizzata, né ad oggi si rintracciano pronunce giurisprudenziali che si riferiscano esplicitamente a tale pratica, come avvenuto invece nella menzionata pronuncia tedesca.


Taluni ritengono che si possa in qualche modo perseguire comportamenti simili facendo leva sull'interpretazione delle norme esistenti, in particolare sull'art. 609-bis c.p. che punisce il reato di violenza sessuale, ovvero "chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali".


Il dato normativo è accompagnato da copiosa giurisprudenza che nel tempo ha rafforzato l'interpretazione degli elementi della norma posta a tutela della libertà sessuale. In particolare, i giudici hanno ha ampliato il novero dei c.d. "atti sessuali" e altresì interpretato nel dettaglio le nozioni di "violenza", "minaccia" e "costrizione" richiamate dalla norma.

Il consenso all'atto sessuale

Perno fondante intorno al quale ruota la disposizione è quello del consenso all'atto sessuale, che dovrà permanerne per tutta la sua durata e in ogni modalità in cui il rapporto si svolge. Per la Cassazione (cfr. ex multis Cass. n. 21273/2018) "nei rapporti sessuali tra persone maggiorenni il compimento di atti sessuali deve essere sorretto da un consenso che deve sussistere al momento iniziale e deve permanere durante l'intero corso del compimento dell'atto sessuale, sicché la manifestazione del dissenso, che può essere anche non esplicita, ma per fatti concludenti chiaramente indicativi della contraria volontà e può intervenire in itinere, esclude la liceità del compimento dell'atto sessuale.


Il reato di violenza sessuale si manifesta anche nei confronti "di colui che prosegua un rapporto sessuale quando il consenso della vittima, originariamente prestato, venga poi meno a causa di un ripensamento ovvero della non condivisione delle forme o delle modalità di consumazione del rapporto, ciò in quanto il consenso della vittima agli atti sessuali deve perdurare nel corso dell'intero rapporto senza soluzione di continuità" in quanto, tra l'altro, "il consenso iniziale all'atto sessuale non è sufficiente quando quest'ultimo si trasformi, in itinere, in atto violento, consumando il rapporto con forme e modalità non volute dalla vittima" (cfr. Cass. n. 5768/2014).


Quanto affermato in materia di consenso viene ritenuto, da taluni, idonea argomentazione per addivenire alla punibilità dello stealthing in cui il consenso al rapporto o al proseguimento dello stesso subisce un condizionamento a causa del comportamento del partner e dunque dovrebbe ritenersi non sussistente.

Le difficoltà nell'ipotizzare il reato

Per altri, tuttavia, è difficile ipotizzare una possibile rilevanza penale dello stealthing nel nostro ordinamento in virtù del fatto che l'art. 609-bis c.p. ad oggi è imperniato anche sui requisiti della violenza e della minaccia, che nello stealthing mancherebbero.

Viene inoltre evidenziata la difficoltà in cui si incorre nell'offrire una vera e propria "probatio diabolica" circa il fatto che l'altra parte abbia dolosamente danneggiato il profilattico, e non che tale danno sia stato provocato da un uso improprio o altro difetto di fabbricazione dello stesso.

Più che una violenza, tale orientamento ritiene che condotta dovrebbe al più considerarsi fraudolenta, ma al tempo stesso si ritiene difficile da dimostrare che sia per l'appunto avvenuto fraudolentemente (ovvero senza un dissenso esplicito o implicito) il passaggio dal sesso protetto, per cui vi era consenso, al sesso non protetto, per cui tale consenso non vi sarebbe stato. Obiettivo per il quale si dovrebbe, al massimo, cercare di valorizzare l'unico consenso fornito, quello a un rapporto protetto (come avvenuto nella citata pronuncia canadese).

Il quadro, dunque, in virtù dei problemi di ordine probatorio in primis, nonché dell'assenza di una disposizione normativa in cui tale condotta potrebbe agevolmente rientrare, appare complesso anche in quanto scarno. Tuttavia, molti sono concordi nell'affermare il forte disvalore dello stealthing, attraverso il quale si arriva in maniera vile e fraudolenta a ottenere dal partner una pratica non voluta, quella del sesso non protetto, ledendone l'autodeterminazione sessuale, e per questo si auspica un intervento legislativo ad hoc.


Foto: 123rf.com
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