La Suprema Corte afferma il diritto dei detenuti del 41-bis ai colloqui con i familiari e apre le porte a quelli in videochiamata

Detenuto al 41-bis chiede colloquio video con la moglie

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La Cassazione con la sentenza n. 23819/2020 (sotto allegata) riconosce ai detenuti del 41 bis il diritto ai colloqui con i familiari anche con le video chiamate. La spinta verso questa apertura sono senza dubbio l'evoluzione tecnologica e la recente emergenza sanitaria, che non ha fatto distinzioni nel riconoscere a tutti i detenuti, compresi quelli del 41 bis, il diritto ai colloqui a distanza.

Decisione emessa all'esito di un procedimento avviato da un detenuto sottoposto al regime del 41 bis, che si è visto rigettare dalla Direzione Circondariale la richiesta di autorizzazione a svolgere un colloquio in video collegamento con la moglie, sottoposta in quel momento a una misura di prevenzione. Il detenuto impugna la decisione davanti al magistrato di Sorveglianza, che però rigetta l'istanza in quanto la videoconferenza è un sistema utilizzato per consentire ai detenuti di prendere parte all'udienza a distanza.

Il detenuto propone allora reclamo al Tribunale di Sorveglianza, che lo accoglie, chiarendo che i colloqui visivi sono previsti anche per i detenuti al 41 bis e facendo predente che un orientamento giurisprudenziale risalente ha ammesso i colloqui visivi periodici con il sistema della videoconferenza, contrariamente al più recente indirizzo, che nega ai detenuti del 41 bis il diritto a video conferenze e video colloqui, anche a mezzo Skype.

Per il Tribunale di Sorveglianza l'indirizzo più risalente è quello maggiormente condivisibile perché contempera i diritti del detenuto e le esigenze di tutela della collettività. Il Tribunale ricorda inoltre che la circolare n. 0031246U del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria ha previsto, seppur in via sperimentale, il ricorso alla piattaforma Skype for business per le video-chiamate di detenuti e internati, in quanto la video chiamata è equiparabile ai colloqui.

Una soluzione che il Tribunale condivide perché consente al detenuto di mantenere le relazioni familiari ed evitare trasferte costose e faticose soprattutto per i parenti anziani, malati e piccoli di età. Il Tribunale ordina quindi all'Amministrazione penitenziaria di organizzarsi affinché con gli strumenti a disposizione il detenuto possa avere un colloquio visivo con la moglie, previa adozione di tutte le precauzioni necessarie e previste per i detenuti al 41 bis.

Manca una normativa che regoli nel dettaglio le videochiamate per i detenuti

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Avverso la decisione del Tribunale ricorre in Cassazione il Ministro della Giustizia, facendo presente che nel decidere il giudice non ha considerato, come del resto affermato dalla Cassazione n. 16557/2019, l'assenza di una normativa che individui i presupposti per il video collegamento per i detenuti in regime ordinario e speciale e che detti le regole necessarie per il loro svolgimento. La legge si limita infatti a disciplinare le videoconferenze per consentire la partecipazione a distanza dei detenuti alle udienze.

Per il Ministro ai detenuti al 41 bis non è applicabile la circolare del 30 gennaio 2019 prevista per coloro che sono sottoposti a regime di media sicurezza, così come non è possibile utilizzare la piattaforma skype for business, ancora in fase sperimentale e utilizzabile solo per i detenuti del circuito di "media sicurezza."

Il Tribunale ha quindi erroneamente applicato a un detenuto in regime 41 bis regole previste per altri tipi di detenuti senza definirne le modalità di svolgimento, senza stabilire se i colloqui dovessero essere o meno registrati e senza indicare le modalità di conservazione e di utilizzazione di queste registrazioni. Il provvedimento non affronta neppure il tema della possibile intercettazione dei colloqui da parte di terzi e non predispone tutele al riguardo. Per il Ministro della giustizia il ricorso dovrebbe essere rimesso alle SU, stante il contrasto giurisprudenziale in materia, per il Procuratore Generale invece l'ordinanza impugnata deve essere annullata.

Nella memoria di replica il difensore del detenuto al contrario fa presente che il provvedimento motiva le ragioni dell'accoglimento della domanda, smontando ad una ad una le criticità evidenziate dal Ministero della Giustizia sulle video-chiamate per i detenuti al 41 bis, evidenziando infine come il suo assistito e la moglie non si vedono dal 2015 perché entrambi al 41 bis e che non esistono divieti all'applicazione della circolare del 30 gennaio 2019 ai carcerati sottoposti allo stesso regime del suo assistito.

Videochiamate con i familiari anche per i detenuti al 41-bis

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La Cassazione con la sentenza n. 23819/2020 respinge il ricorso avanzato dal Ministro perché infondato.

I colloqui visivi sono un diritto fondamentale del detenuto stante il suo diritto a mantenere i rapporti con i suoi familiari. Tale diritto trova copertura costituzionale negli articoli 29, 30 e 31 e nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo, il cui art. 8 stabilisce che "ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare..."

"Ne consegue che il diritto ai colloqui è pacificamente riconosciuto anche ai ristretti sottoposti al regime differenziato dell'art. 41-bis Ord. pen., ai quali, pure, si applicano disposizioni restrittive in relazione al numero dei colloqui e alle relative modalità di svolgimento, senza che però possa impedirsi al detenuto di accedervi. Così, l'art. 41-bis Ord. pen. prevede, al comma 2-quater, lett. b), che esso sia svolto in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti e che in caso di mancata effettuazione di colloqui personali, possa essere autorizzato, con provvedimento motivato del direttore dell'istituto, solo dopo i primi sei mesi di applicazione, un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di 10 minuti sottoposto, comunque, a registrazione. Dunque, come già per i detenuti ordinari, anche per quelli sottoposti al regime differenziato, la legge penitenziaria e il relativo regolamento di esecuzione stabiliscono che i contatti con i familiari si realizzino secondo due modalità fondamentali: in presenza degli interlocutori o con il mezzo del telefono."

Vero che a fronte dell'evoluzione tecnologica che permette di effettuare anche le video-chiamate, la giurisprudenza non è univoca nel ritenere applicabili queste nuove forme di comunicazione per i colloqui dei detenuti sottoposti a regimi speciali.

L'amministrazione penitenziaria però riconduce le video chiamate ai colloqui visivi e la possibilità di ricorrere a questi sistemi trova la sua fonte nell'art. 18 e seguenti dell'Ordinamento penitenziario e nell'art. 37 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, che contiene il regolamento di esecuzione, al fine di facilitare le relazioni familiari all'interno delle strutture carcerarie.

"E', infatti, notorio che assai frequentemente i congiunti del detenuto si trovino nella impossibilità di effettuare i colloqui in ragione della distanza dal luogo in cui quest'ultimo è ristretto; sicché tale innovativa forma di comunicazione è stata individuata, dalla stessa Amministrazione, come un rilevante strumento per garantire l'effettività del diritto in questione. Una esigenza che il decreto legge 10 maggio 2020, n. 29, dettato per la gestione della cd. emergenza Covid-19, ha inteso parimenti perseguire attraverso la previsione della possibilità per i condannati, gli internati e gli imputati di svolgere "a distanza" i colloqui con i congiunti (o con gli altri soggetti cui hanno diritto), mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'Amministrazione penitenziaria autorizzabile oltre i limiti dell'art. 39, comma 2, reg. esec. e dell'art. 19, comma 1, d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 121. Una disciplina che, seppur temporalmente circoscritta, non distingue tra i detenuti cui è riferibile e che, dunque, ben potrebbe essere ritenuta applicabile anche al caso di coloro che siano assoggettati al regime penitenziario differenziato."

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Foto: 123rf
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