Cos'è la e-mail ordinaria, come viene definita dalla legge e dalla giurisprudenza e il contrasto giurisprudenziale sul suo valore probatorio

Cos'è l'e-mail o posta elettronica ordinaria

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L'e-mail ovvero la electronic mail è un servizio internet che consente d'inviare e ricevere messaggi grazie all'utilizzo di un personal computer, tablet, palmare o smatphone connessi alla rete tramite un account di posta elettronica registrato presso un provider, che fornisce appunto questo tipo di prestazione.
Per poter utilizzare le e-mail ordinaria, che rappresenta l'alternativa elettronica della posta cartacea, è necessario avere accesso a una casella di posta elettronica, in cui si entra in genere tramite username e password. Una volta effettuato l'accesso è possibile inviare il proprio messaggio al destinatario, senza la necessità che anche questo sia collegato e attivo. Per questo si dice che la modalità di trasmissione della e-mail ordinaria avviene in modalità asincrona.
Evidente quindi il molteplice e potenziale impiego della e-mail, anche grazie al fatto che consente d'inviare con il messaggio allegati in diversi formati (word, pdf, ecc…). Da qui il suo ampio utilizzo anche in ambito legale, settore che però, presenta aspetti problematici piuttosto rilevanti, soprattutto nel momento in cui la e-mail viene prodotta all'interno di un giudizio.

Riconoscimento e-mail ordinaria nell'ordinamento giuridico

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La e-mail ordinaria è riconosciuta, ma non definita espressamente dal Codice dell'amministrazione digitale. Il dlgs n. 82/2005 infatti si limita a menzionarla all'art. 47 comma 3, nella parte in cui riserva alle pubbliche amministrazioni l'utilizzo "per le comunicazioni tra l'amministrazione ed i propri dipendenti la posta elettronica o altri strumenti informatici di comunicazione nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali e previa informativa agli interessati in merito al grado di riservatezza degli strumenti utilizzati."

Il fatto che la norma si riferisca alla e-mail è però confermato dal decreto DGCASIS n. 174 del 15 luglio 2015, che reca proprio "termini e modalità d'uso dei sistemi di posta elettronica ordinaria di cui l'art. 47 comma 3 del d.lgs. n. 82/2005 (codice dell'amministrazione digitale-cad)."

Provvedimento che tra l'altro si apre con la seguente definizione: "La posta elettronica ordinaria o e‐mail divenuto il mezzo di comunicazione scritta più utilizzato. La rilevanza e la gestione dello scambio di e‐mail (di seguito, PEO) tra persone fisiche e giuridiche ai sensi del Codice dell'Amministrazione digitale (art. 1 comma 1 lettere p), q) e u) ed art. 21 comma 1), è equiparato allo scambio di documenti informatici firmati elettronicamente."

E-mail ordinaria: documento informatico

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Da quanto detto è chiaro quindi che, dal punto di vista giuridico, la e-mail ordinaria è considerata un documento informatico, così come definito dall'art. 1 lettera p) del Codice dell'Amministrazione ossia "il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti."

Valore probatorio dell'e-mail

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Chiarito che la e-mail ordinaria è un documento informatico, vediamo qual è il valore probatorio che le riconosce la giurisprudenza più autorevole, ossia la Corte di Cassazione, anche se su questo aspetto, al momento, non c'è ancora un indirizzo univoco.

Una prima sentenza della Cassazione e precisamente la n. 5523/2018 ad esempio, espressione del primo filone interpretativo, chiarisce che: "Il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, secondo la definizione che di questi ultimi reca l'art. 1, comma 1, lett. p), del D. Lgs. nr. 82 del 2005 ("documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti"), riproducendo, nella sostanza, quella già contenuta nell'art. 1, comma 1, lett. b) del DPR nr. 445 del 2000. Quanto all'efficacia probatoria dei documenti informatici, l'art. 21 del medesimo D.Lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l'efficacia prevista dall'articolo 2702 del cod. civ. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi dell'art. 20 D.Lgs 82/2005, l'idoneità di ogni diverso documento informatico (come l'e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità."

Conclusioni che, per quanto riguarda soprattutto il valore probatorio della email ordinaria, contrastano con un secondo indirizzo, condiviso dalla recente ordinanza n. 19155/2019 della Cassazione, secondo la quale "il messaggio di posta elettronica (cd. e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all'art. 2712 c.c. e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime."

Da una parte quindi c'è chi qualifica la e-mail ordinaria come un documento elettronico che, stante l'assenza di firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, non ha l'efficacia della scrittura privata prevista dall'art. 2702 c.c, ossia di piena prova fino a querela di falso. Altra parte invece ritiene che la email ordinaria, anche se priva di firma, rientrando nelle rappresentazioni meccaniche di cui all'art 2712 c.c. faccia piena prova "dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime."

Disconoscimento che, come chiarito sempre dall'ordinanza n. 19155/2019, per far perdere alla e-mail ordinaria il valore di prova: "pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta" consentendo al giudice, in mancanza di richiesta di verificazione o di esito positivo della stessa, di accertare la conformità della stessa all'originale, anche ricorrendo ad altri mezzi di prova, comprese le presunzioni.

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