Gli artt. 2047 e 2048 del codice civile prevedono la responsabilità dei genitori per il danno causato dal fatto illecito commesso dai figli

Responsabilità dei genitori per fatto illecito del minore

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Sul piano civile, i genitori possono essere chiamati a rispondere dei danni causati dai propri figli, sia quando questi siano considerati capaci d'intendere e di volere, sia in caso contrario.

In particolare, l'art. 2048 del codice civile dispone che il padre e la madre sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei figli minori conviventi, mentre l'art. 2047 c.c. dispone, in maniera più generica, che "in caso di danno cagionato da persona incapace di intendere o di volere, il risarcimento è dovuto da chi è tenuto alla sorveglianza dell'incapace".

Differenze tra gli artt. 2047 e 2048 c.c.

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Per comprendere il senso di questa disciplina, occorre ricordare che l'imputabilità delle conseguenze di un atto illecito al soggetto che l'ha compiuto è esclusa, sul piano civile, se questi non era capace di intendere e di volere al momento in cui lo ha commesso (art. 2046 c.c.).

Accanto a questa norma, che funge da tutela per chi non è capace di comprendere la portata dannosa delle proprie azioni, il codice prevede il citato art. 2047, al fine di garantire al danneggiato l'individuazione di un soggetto che sia obbligato a risarcire il danno causato da chi era in condizioni di incapacità naturale.

Pertanto, dal sistema così descritto, se ne deduce che la responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli è da inquadrare nel seguente modo:

  • responsabilità esclusiva, nel caso in cui sia accertata l'incapacità naturale del figlio (art. 2047 c.c.)
  • responsabilità concorrente, nel caso in cui il minore sia considerato capace di intendere e di volere (art. 2048 c.c.)

Ne discende che, mentre nel primo caso il genitore risponde per culpa in vigilando, nel secondo caso risponde sia per culpa in vigilando che per culpa in educando.

Come vedremo tra breve, tutto ciò si riflette sul piano probatorio.

Onere della prova e prova liberatoria

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Trattandosi di responsabilità da fatto illecito, al danneggiato è richiesto di provare il verificarsi del fatto illecito e l'esistenza del danno che ne è conseguito, secondo il nesso causale intercorrente tra i due aspetti.

Generalmente indifferente, invece, è la distinzione se il minore abbia agito con dolo o colpa, secondo la regola generale dell'art. 2043 c.c.

Accertati gli aspetti sopra esaminati, spetterà al genitore chiamato in causa dimostrare di non aver potuto impedire il fatto: in base al disposto degli artt. 2047 e 2048 c.c., infatti, tale prova esonera il genitore dalla responsabilità prevista da tali norme.

In particolare, il genitore ha l'onere di dimostrare che la mancata sorveglianza non è stato un fattore decisivo in ordine al verificarsi del fatto (cioè lo stesso sarebbe ugualmente avvenuto, anche sotto sorveglianza) e che, con riferimento all'art. 2048 c.c., il fatto illecito compiuto dal minore capace d'intendere e di volere non sia conseguenza di una carenza dell'educazione fino ad allora impartitagli.

Natura della responsabilità del genitore

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Tale prova, come si intuisce, non appare affatto facile e ciò si riflette sull'inquadramento giuridico della responsabilità civile del genitore.

Infatti, essendo la prova liberatoria particolarmente difficile, parte della dottrina e della giurisprudenza considerano la responsabilità dei genitori ex art. 2048 come oggettiva o quanto meno aggravata in virtù della colpa presunta.

Particolarmente interessante, a questo proposito è l'orientamento della Corte di Cassazione secondo cui "l'inadeguatezza del grado di educazione del figlio minore ben può desumersi dalle stesse modalità del fatto illecito", nel senso che la culpa in educando è ravvisabile sia quando i genitori non dimostrino di aver impartito un'idonea educazione al figlio, sia quando le particolari modalità del fatto inducano a considerare tale educazione di per sé carente (v. Cass. n. 4395/12 e il nostro approfondimento sulla conseguente pronuncia n. 3964/14).

La suesposta disciplina si intreccia, peraltro, con la responsabilità scolastica dell'insegnante, prevista dai medesimi articoli.


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