La Fondazione Studi Consulenti del Lavoro si sofferma sul rapporto dei professionisti con i social network in particolare alla luce dei doveri deontologici

di Lucia Izzo - Gli utenti, ma soprattutto i professionisti, farebbero sempre bene a prestare particolare attenzione al modo in cui si approcciano ai social network, il cui uso oramai è un vero e proprio diktat imposto dalla società contemporanea e raggiunge una diffusione particolarmente pervicace tra la popolazione.


Infatti, nonostante sia ancora tutto in continua evoluzione, vi sono dei limiti da non superare: un like o un commento lasciato incautamente, oppure la condivisione di una fake news, potrebbero avere serie conseguenze dal punto di vista professionale, far scattare una violazione deontologica e ledere l'immagine dell'Ordine professionale stesso.


L'approfondimento della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro

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Ad accendere un faro sul rapporto tra social e professionisti, tema "caldo" e particolarmente attuale, ci ha pensato la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro con un approfondimento del 5 agosto dal titolo "Frammenti di deontologia nell'epoca dei social network" (qui sotto allegato).


Rosario De Luca, Presidente della Fondazione, in apertura sottolinea come "numerose sentenze sull'uso dei social network equiparano il web a luoghi pubblici. Eppure, su Internet regna ancora la totale assenza di regole".


Un vero "Far West", secondo De Luca, in cui "solo gli Ordini professionali hanno ritenuto di intervenire, con la propria potestà autoregolamentare, per introdurre quelle norme che i propri iscritti sono tenuti a rispettare; regole che rappresentano il vero differenziale rispetto ad altri soggetti, non meglio identificati, che operano sul mercato".

Social network: connessi 9 utenti su 10

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Secondo i dati riportati dalla fondazione, emersi dall'indagine di We Are Social, condotta insieme ad Hootsuite, nel 2019 sono quasi 55 milioni gli italiani che accedono al web (ovvero oltre 9 su 10) e il dato è in forte incremento rispetto agli anni passati.


Sulle piattaforme social gli utenti sono arrivati a circa 35 milioni, ovvero il +2,9% rispetto all'anno precedente, di cui 31 milioni di persone attive su piattaforme da dispositivi mobili (+3,3%). Appare evidente come quasi nessuno, compresi molti professionisti, non sfuggono a questi conteggi e dunque alla presenza in queste "aree virtuali" dove è possibile esprimere le proprie idee, commentare e formulare apprezzamenti su notizie e altri utenti.


E ciò, sottolinea l'Ordine, "richiede la massima cautela", posto che, dalle norme penali a quelle lavoristiche, passando per la tutela della privacy e della proprietà intellettuale, sono molte le tematiche a venire in rilievo. Senza dimenticare la deontologia, "che costituisce l'insieme dei principi e delle regole comportamentali che ogni professionista, in quanto appartenente all'Ordine, deve osservare nell'esercizio della professione".

Social network e deontologia professionale

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Il testo inizia proprio soffermandosi sul ruolo degli Ordini professionali, considerati dei "diretti collaboratori dello Stato nel promuovere un sistema di concorrenza leale nel mercato e rispettoso della dignità dell'uomo", sottolineando in particolare la funzione "sociale" attribuita al Consulente del Lavoro.

Il rischio dell'uso improprio degli strumenti digitali, infatti, diviene sempre più spesso oggetto di valutazione da parte dei Codici Deontologici, pertanto il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro, "nella consapevolezza del ruolo che il professionista svolge nell'ambito sociale", ha ritenuto opportuno suggerire alcune cautele nell'utilizzo dei social.

La diffusione eccezionale dei social negli ultimi anni, su moltissimi dispositivi, ha di certo introdotto una innovazione che può essere sfruttata dai professionisti per entrare in contatto con amici, colleghi e clienti e per diffondere il proprio pensiero verso un'ampia platea di soggetti in tempi rapidissimi; ma non sono da meno i rischi che può avere un uso improprio di tale strumento, poiché ciò "che si compie nella vita virtuale spesso ha riflessi nella vita reale e nei rapporti con gli altri".

Il ruolo del professionista

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L'appartenente a un ordine professionale, infatti, è esponente di una categoria e il suo agire deve rispondere a quelle norme di comportamento correlate all'ordine di cui fa parte, proprio in ragione di un riconoscimento pubblico alla sua qualità.

Pertanto, "quando un comportamento, inteso nel senso più ampio del termine, è riconducibile alla qualità di professionista e non, invece, alla mera sfera personale, lo stesso può avere una rilevanza deontologica e disciplinare, anche ove esternalizzato a mezzo social".

Il comportamento dell'iscritto all'Ordine professionale, infatti, viene sottoposto al giudizio della collettività e può aver conseguenze, anche pregiudizievoli, sull'immagine di tutta la categoria, oltre che comportare conseguenze anche dal punto di vista penale qualora siano commessi reati.

Diffamazione aggravata e social network

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L'esempio riportato dall'approfondimento è quello ben noto della diffamazione aggravata, negli ultimi tempi sempre più sotto la lente della magistratura, posto che "la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall'utilizzo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone".

Leggi anche: Facebook: reato di diffamazione aggravata anche per chi commenta

Postare un commento su una bacheca Facebook, dunque, consente di pubblicizzarlo e diffonderlo stante l'intrinseca idoneità del mezzo utilizzato a far circolare le informazioni, al punto che, se tale commento è offensivo, si rischia di incorrere nel reato di cui al terzo comma dell'art. 595 del codice penale.

Se la testata giornalistica telematica risulta assimilata a quella tradizionale, e dunque è ben possibile che tramite di essa si integri una diffamazione "a mezzo stampa", mentre per i siti diversi, tra cui i social network, potrebbe scattare l'ipotesi aggravata in quanto l'offesa viene arrecata "con qualsiasi altro mezzo di pubblicità".

Professionisti sui social: attenzione a like, commenti e fake news

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Nell'esaminare l'argomento alla luce delle disposizioni del Codice Deontologico dei Consulenti del Lavoro, l'approfondimento mette in luce aspetti che possono valere analogicamente per molti altri professionisti e che sono idonei a far scattare delle sanzioni deontologiche.

Ad esempio, il professionista che avviene pubblicamente in una discussione virtuale, che avvenga tramite una chat di WhatsApp oppure un post su Facebook o Twitter, dovrà rammentare sempre "l'obbligo deontologico di preservare il decoro della categoria e di relazionarsi con i colleghi con il massimo rispetto".

Ancora, l'uso dei social non potrà mai spingersi al punto da violare l'obbligo del segreto professionale e sarà necessario altresì assicurare riservatezza circa i dati e le notizie di cui sia venuto a conoscenza in occasione della promozione o esecuzione del rapporto professionale.

In relazione al "dovere di competenza", si richiede al professionista particolare accortezza nell'approcciarsi alle informazioni che circolano sul web, soprattutto perché molte si rivelano delle "fake news", ovvero notizie false e che non corrispondono a verità.

Il professionista dovrà dunque "utilizzare le piattaforme evitando di diffondere incautamente contenuti e messaggi di scarsa qualità e credibilità" e "controllare sempre la veridicità del contenuto che si decide di condividere"

Ancora, il documento sottolinea che "quando si condivide, si commenta o si mette un semplice like a un post, i contenuti entrano a far parte del flusso informativo di tutti i nostri contatti" e che la divulgazione delle fake news "arreca danno sia alla credibilità e all'affidabilità del professionista, che, più in generale, alla categoria a cui appartiene".

Scarica pdf approfondimento Fondazione Consulenti Lavoro

Foto: 123rf.com
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