Per la Cassazione il precedente consenso all'uso della carta di credito da parte di un terzo è irrilevante, poiché servono firma e riconoscimento del debito

di Lucia Izzo - L'utilizzo della carta di credito da parte di un terzo, seppur autorizzato dal titolare, integra il reato previsto dall'art. 12 D.L. 143/1991 poiché la legittimazione a impiegare il documento è conferita dall'istituto emittente al solo intestatario. Il consenso di questi all'utilizzo da parte di un terzo, quindi, appare irrilevante essendo necessaria la firma, al momento dell'uso, di una dichiarazione di riconoscimento del debito.


L'unico caso in cui l'uso della carta di credito da parte del non titolare non si ritiene abusivo è dunque quello in cui questi si serva di un terzo come "longa manus" o come strumento esecutivo di un'operazione non comportante la sottoscrizione di alcun atto (cfr. Cass. n. 11023/2004).


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, nella sentenza n. 17453/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi sul ricorso del Procuratore della Repubblica nei confronti del non luogo a procedere dichiarato nei confronti di un uomo, imputato del delitto di cui all'art. 12 D.L. n. 143/1991.

La vicenda

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L'imputato era stato denunciato dalla persona offesa per aver utilizzato senza autorizzazione la sua carta di credito, di cui conosceva gli estremi in ragione di un pregresso utilizzo che aveva effettuato quale "longa manus dell'offeso". Il giudice di merito, tuttavia, riteneva non sussistente il dolo poiché l'uomo affermava di aver utilizzato la carta nella convinzione di essere stato autorizzato.


Una decisione che, secondo il Procuratore, travalica i limiti stabiliti dall'art. 425 c.p.p. e si pone in contrasto con pronunce della stessa Cassazione secondo cui, essendo il delitto in esame posto a tutela anche dell'interesse generale del sistema bancario e creditizio a impedire l'accesso ai sistemi elettronici di pagamento a soggetti diversi dai titolari, ne risponde anche colui che usa una carta di credito di un terzo sulla scorta di un'autorizzazione rilasciata dal titolare.


Doglianze che gli Ermellini ritengono fondate, nonostante il reato risulti estinto per prescrizione. Ciononostante, la Cassazione rammenta che l'intervenuta prescrizione nelle more del giudizio di cassazione non determina l'inammissibilità del ricorso.

Reato usare la carta di credito altrui anche se autorizzati

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Passando dunque all'analisi della vicenda, la sentenza premette che anche l'uso da parte di un terzo di una carta di credito, autorizzato dal titolare, integra il reato di cui all'art. 12 D.L. 143/1991 (convertito nella legge 197/1991) che ha recato provvedimenti urgenti per limitare l'uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e per prevenire l'utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.


La la legittimazione all'impiego del documento, spiega la Cassazione, è contrattualmente conferita dall'istituto emittente al solo intestatario, il cui consenso all'eventuale utilizzazione da parte di un terzo è del tutto irrilevante, stante la necessità di firma, all'atto dell'uso, di una dichiarazione di riconoscimento del debito e la conseguente illiceità di un'autorizzazione a sottoscriverla con la falsa firma del titolare.


L'unico caso in cui un'utilizzazione di carta di credito da parte del non titolare può ritenersi, pertanto, non abusiva è quello di un uso indiretto del documento da parte del soggetto legittimato, circoscritto all'ipotesi in cui costui si serva di un terzo come "longa manus" o mero strumento esecutivo di un'operazione non comportante la sottoscrizione di alcun atto (cfr. Cass. n. 11023/2004).

La pregressa autorizzazione non giustifica l'uso della carta di credito altrui

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Nel caso di specie, l'imputato aveva utilizzato la carta di credito della parte offesa, di cui conosceva gli estremi in ragione di un pregresso utilizzo che lo stesso imputato aveva effettuato quale longa manus dell'offeso. L'uso della carta, dunque, avvenne esclusivamente nell'interesse dell'imputato e al di fuori di qualunque autorizzazione del titolare (il quale infatti lo ha denunciato).


Dal punto di vista obiettivo il reato è dunque integrato, sussistendo anche l'intento di profitto poi realizzato mediante l'acquisto di un biglietto aereo destinato esclusivamente all'imputato. Erroneo, invece, è far discendere l'esclusione del dolo dalla convinzione dell'imputato di poter contare su una sorta di pregressa autorizzazione conferitagli all'utilizzo dei codici della carta.


Infatti, non solo l'uso da parte del terzo di una carta altrui è vietato in forza delle disposizioni che regolano tali strumenti di pagamento, ma la precedente autorizzazione era stata fornita per un acquisto cumulativo e dunque anche nell'interesse dell'offeso, mentre nel caso oggetto di imputazione l'uso fu a esclusivo vantaggio dell'imputato.

Scarica pdf Cass., II pen., sent. 17453/2019

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