Per la Corte Costituzionale è legittima l'esclusione del beneficio nei confronti di enti o associazioni che, pur non perseguendo fini di lucro, esercitano una attività economica

La Consulta torna a pronunciarsi su associazioni non profit e gratuito patrocinio

Non può reputarsi manifestamente irragionevole la scelta legislativa in base alla quale, in controversie civili, amministrative, contabili o tributarie, è esclusa l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato di enti o associazioni, i quali, se pure non perseguono fini di lucro, esercitano una attività economica che - proprio perché tale, e a prescindere dalla destinazione degli eventuali utili e dalla consistenza di cespiti patrimoniali - consente accantonamenti in vista, fra l'altro, proprio di eventuali contenziosi giudiziali.


Sono queste le parole che ha utilizzato la Corte Costituzionale nella sentenza n. 35/2019 (qui sotto allegata) pronunciandosi su una questione di legittimità costituzionale inerente l'art. 119, ultima parte del d.P.R. n. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).


In particolare, a finire sotto la lente dei giudici, è la parte in cui tale norma "non consente l'accesso al gratuito patrocinio ad un ente di volontariato - che svolga un'attività di sicuro rilievo sociale - solo in quanto soggetto esercente un'attività economica". Come noto, la norma suddetta, riferendosi al gratuito patrocinio, recita:


"Il trattamento previsto per il cittadino italiano è assicurato, altresì, allo straniero regolarmente soggiornante sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare e all'apolide, nonché ad enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica".


In un suo precedente, ovvero nell'ordinanza n. 128/2016 che viene anche espressamente menzionata all'interno del provvedimento, la stessa Corte Costituzionale ha evidenziato che la norma in esame "estendendo espressamente il trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di patrocinio a spese dello Stato ad altre categorie soggettive - quali lo straniero regolarmente soggiornante sul territorio ed, appunto, gli enti o associazioni che non perseguono scopi di lucro e non esercitano attività economica - subordina l'ammissione al beneficio innanzitutto alla sussistenza dei presupposti di carattere generale, sanciti precisamente per la categoria soggettiva di riferimento del cittadino italiano, cui si aggiungono quelli, specifici, riferibili ai soli enti o associazioni (o allo straniero)".


Sempre in tale ordinanza la Consulta ha evidenziato che "detti presupposti di carattere generale sono rappresentati dal generale limite di reddito - indistintamente riferibile a tutti i soggetti che, in qualunque tipo di processo, intendano essere ammessi al beneficio - nonché dalla non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere (artt. 76 e 122 del d.P.R. n. 115 del 2002)".

La tesi del giudice rimettente

Tornando alla pronuncia in commento, ad adire la Consulta è il T.A.R. Marche, chiamato a sua volta decidere sul reclamo, proposto da una una ONLUS che si era vista negare dalla competente commissione l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.


Nel dettaglio, rileva il giudice rimettente, l'associazione istante, da statuto, esercita attività senza fini di lucro e con divieto di distribuzione ai soci di qualsiasi utile, avanzo di gestione o riserva di capitale, prevedendo tra le attività istituzionali, fra l'altro, la raccolta e distribuzione di sangue, l'organizzazione del soccorso mediante ambulanze, servizi di guardia medica e ambulatoriale, la promozione di iniziative di informazione e formazione sanitaria e di prevenzione.


Il Tribunale Amministrativo ritiene che, agli effetti dell'ammissione di un ente "al c.d. gratuito patrocinio", non sarebbe sufficiente l'assenza dello scopo di lucro, ma sarebbe anche necessario che l'ente non profit non eserciti un'attività economica. E, nel caso di specie, è indubbio "che l'associazione di che trattasi non rientri tra i soggetti legittimati all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato" in quanto, pur non perseguendo finalità di lucro, la stessa associazione "non avrebbe dimostrato di non svolgere attività economica".


Questa conclusione, tuttavia, non manca di ingenerare nel T.A.R. i summenzionati "dubbi di costituzionalità relativi all'art. 119 del d.P.R. n. 115 del 2002 nella parte in cui non consente l'accesso al gratuito patrocinio ad un ente di volontariato - che svolga un'attività di sicuro rilievo sociale - solo in quanto soggetto esercente un'attività economica".


Secondo il giudice a quo, la norma censurata violerebbe, innanzitutto, l'art. 2 Cost., perché alle formazioni sociali ove si svolge la personalità dell'uomo dovrebbero riconoscersi gli stessi diritti garantiti agli individui e, ancora, si ritiene che la disposizione sia, altresì, in contrasto con l'art. 3 Cost. sotto plurimi profili:

- perché determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento nel consentire l'accesso al patrocinio a spese dello Stato alla persona fisica che eserciti un'attività economica e non anche all'ente che eserciti la medesima attività, con ulteriore violazione dell'art. 24 Cost.;

- perché determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra organismi di volontariato che esercitano attività economica e organismi che non la esercitano;

- perché, infine, non consente, irragionevolmente, "alcun sindacato sulla rilevanza o sulla marginalità dell'attività economica prestata".

La Consulta, tuttavia, ritiene che nel merito le questioni di legittimità costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost. non siano fondate.

Gratuito patrocinio: il regime differenziato

Come si legge nel provvedimento, la stessa Corte Costituzionale, in più occasioni, ha sottolineato come la disciplina legislativa del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti risulti "assoggettata, sin dal suo esordio, ad un regime differenziato a seconda del tipo di controversie cui il beneficio sia applicabile, in virtù dell'intrinseca diversità dei modelli del processo civile, penale e amministrativo (sentenza n. 237 del 2015)". E ciò anche in ragione della considerazione che "in tema di patrocinio a spese dello Stato, è cruciale l'individuazione di un punto di equilibrio tra garanzia del diritto di difesa per i non abbienti e necessità di contenimento della spesa pubblica in materia di giustizia" (cfr. sentenza n. 16 del 2018).


L'area attinta dal dubbio di costituzionalità, dunque, ammette un ampio spazio di riempimento da parte della discrezionalità del legislatore, il quale - e non potrebbe essere diversamente - non può non parametrare le diverse opzioni sulla falsariga delle risorse finanziarie limitate, anche per l'esigenza di contenere le spese giudiziali (sentenza n. 178 del 2017). Si tratta di una discrezionalità che è stata esercitata, con la previsione censurata, entro i confini costituzionalmente imposti.

Consulta: ragionevole l'esclusione disposta dal legislatore

Infatti, per i giudici delle leggi deve ritenersi non irragionevole la scelta del legislatore che, nelle controversie civili, amministrative, contabili o tributarie, ha stabilito di escludere dall'ammissione al gratuito patrocinio quegli enti o associazioni che, pur non perseguendo fini di lucro, esercitano un'attività economica che consente accantonamenti in vista, fra le altre possibilità, proprio per affrontare eventuali contenziosi giudiziali.


Trattasi di una situazione, chiarisce la sentenza, "assai diversa da quella che caratterizza il regime che disciplina il beneficio in favore delle persone fisiche, per le quali l'attività economica si traduce in un reddito che, sotto soglie che spetta al legislatore determinare (sentenza n. 219 del 2017), giustifica l'intervento dello Stato a tutela e garanzia dell'effettivo esercizio del diritto di azione e di difesa".


Una conclusione che non viene smentita dall'argomento addotto dal TAR Marche, secondo il quale agli enti e alle associazioni non profit sia già riconosciuta, in vari settori dell'ordinamento, un'ampia gamma di benefici a sostegno della funzione sociale che svolgono. Ed è per queste ragioni ce la Consulta decide di respingere le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all'art. 119, ultima parte, del d.P.R. n. 115 del 2002 dal TAR rimettente.


Scarica pdf Corte Costituzionale, sent. 35/2019

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