La Cassazione chiarisce che non rientra tra i beni personali del coniuge il denaro contante del quale non può tracciarsi la provenienza e dunque gli acquisti con fondi non tracciabili ricadono nella comunione dei beni

di Lucia Izzo - L'art. 179, comma 2, lett. f), del codice civile, attribuisce la natura di beni personali ai beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali elencati nello stesso comma nelle lettere precedenti o col loro scambio. Ne rimane escluso il denaro contante che si trovi nella disponibilità del coniuge acquirente del quale non può tracciarsi la provenienza.


Pertanto, se il coniuge in regime di comunione legale acquista un bene utilizzando denaro di provenienza "non tracciabile", il bene acquistato è assoggettato al regime di comunione legale dei beni, anche se all'atto di acquisto interviene l'altro coniuge il quale dichiari di consentire l'esclusione di tale acquisto dal regime di comunione legale.


Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 26981/2018 (qui sotto allegata) La Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza di prime cure, dichiarava il marito appellante comproprietario di tutti i beni mobili esistenti nella casa coniugale, nonché comproprietario di un immobile.

Beni inclusi ed esclusi dalla comunione tra i coniugi

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L'art. 177 c.c. stabilisce che ricadono in comunione, tra l'altro, gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, a esclusione di quelli relativi ai beni personali.

Disposizione che va letta in combinato disposto con quella di cui all'art. 179, comma 1, lett. f) secondo cui non costituiscono oggetto della comunione e sono beni personali del coniuge quelli acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all'atto dell'acquisto.

L'art. 179, comma 2, inoltre, chiarisce che l'acquisto di beni immobili, o di beni mobili registrati, effettuato dopo il matrimonio, è escluso dalla comunione quando tale esclusione risulti dall'atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l'altro coniuge.

Infatti, se il coniuge proprietario di un bene personale (ad esempio acquistato prima del matrimonio) e lo vende ricavandone un prezzo, il successivo acquisto nel quale viene utilizzare tale denaro gli appartiene come bene personale se all'atto d'acquisto interviene il coniuge non acquirente e nell'atto di acquista viene specificata la provenienza del denaro utilizzato.

L'intervento adesivo del coniuge non acquirente

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La Cassazione chiarisce cosa accade quanto l'acquisto avviene attraverso denaro di provenienza non tracciabile, non specificamente qualificabile come denaro personale del coniuge acquirente. L'effetto limitativo della comunione, infatti, si produce solo se i beni sono effettivamente personali.


Gli Ermellini ritengono che in mancanza di tracciabilità, il bene ricada nella comunione legale anche laddove l'altro coniuge intervenuto abbia dichiarato l'appartenenza personale stante il denaro personale utilizzato.

L'ordinanza richiama l'indirizzo delle Sezioni Unite (sent. n. 22755/2009) secondo cui dalla stessa lettera dell'art. 179 c.c., comma 2 risulta peraltro che l'intervento adesivo del coniuge non acquirente non è di per sé sufficiente a escludere dalla comunione il bene che non sia effettivamente personale.

L'intervento adesivo del coniuge non acquirente può rilevare solo come prova dei presupposti di tale effetto limitativo quando assuma il significato di un'attestazione di fatti ed è richiesto solo in funzione di necessaria documentazione della natura personale del bene, unico presupposto sostanziale della sua esclusione dalla comunione.

L'eventuale inesistenza di quel presupposto potrà essere comunque oggetto di una successiva azione di accertamento, pur nei limiti dell'efficacia probatoria che l'intervento adesivo avrà in concreto assunto.

Ove la dichiarazione del coniuge non acquirente confermi un fatto riscontrabile (ad es. utilizzo di denaro proveniente dalla vendita di determinati beni personali) alla stessa potrebbe assegnarsi natura confessoria, ma ove si tratti di un mero generico asserto qualificatorio, si è al di fuori della dichiarazione a scopo confessorio.

Il denaro "non tracciabile" non rientra tra i beni personali del coniuge

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Gli Ermellini, infine, affermano il seguente principio di diritto: l'art. 179, co. 2, lett. f) attribuisce la natura di beni personali ai «beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio».

Il riferimento ai «beni sopraelencati», cioè quelli specificati alle lett. a)-e), non consente di annoverare fra gli stessi il denaro contante, che si trovi nella disponibilità del coniuge acquirente, senza che dello stesso possa tracciarsene la provenienza, la quale deve essere, per legge, dipendente dalla vendita o permuta di uno dei beni di cui alle lettere da a) a e). Significativo, infatti, che la norma parli di "scambio", non potendosi ipotizzare un tal fenomeno per il possesso del denaro tout court.

Diversamente, infatti, lo scopo della norma, ovvero impedire elusioni del regime della comunione, assicurando, ad un tempo, l'esclusività dei beni che siano effettivamente personali, nel rispetto della griglia di ipotesi di cui alle lett. a) - c) del comma 2 dell'articolo in esame, resterebbe irrimediabilmente frustrato.

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Scarica il pdf di Cass., II civ., ord. n. 26981/2018

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