Per la Suprema Corte il know-how non costituisce un elemento essenziale del contratto di franchising, che quindi può esistere anche in sua assenza

di Annamaria Villafrate - Con la sentenza n. 11256/2018 la Corte di Cassazione (sotto allegata), contrariamente a quanto sostenuto dalla dottrina maggioritaria, è giunta alla conclusione secondo cui il know-how non è un elemento essenziale del contratto di franchising, che quindi può sussistere anche se non è previsto dal contratto.

La vicenda processuale

Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda dell'affiliato dichiarando nullo contratto di "affiliazione collaborazione" per l'indeterminatezza dell'oggetto di cui all'art. 1 del contratto, in riferimento al know-how che la società s'era impegnata a trasferire. L'affiliante appella la sentenza e il giudice di secondo grado accoglie in parte l'impugnazione. L'affiliata a questo punto ricorre in Cassazione e l'affiliante resiste con controricorso proponendo ricorso incidentale. Il punto di contrasto che preme esaminare in questa sede riguarda il know-how. Semplificando i termini della questione, si tratta di capire se il know-how è un elemento essenziale del contratto di franchising e quindi se, in sua assenza, il contratto può essere definito, in riferimento al caso di specie, come un affitto d'azienda. Questa la risposta della Cassazione.

Franchising anche senza trasferimento know-how

Dopo aver esaminato i rispettivi motivi di impugnazione della sentenza di secondo grado, la Cassazione, sulla questione dell'accessorietà o essenzialità del know-how del contratto

di affiliazione commerciale, con la sentenza n. 11256/2018 giunge alla seguente conclusione: "Molto più complesso è il secondo gruppo di questioni poste dai motivi in esame: da un lato, la pretesa assoluta mancanza di determinazione del contenuto del know-how in contratto, che renderebbe nulla la relativa clausola; dall'altro, la natura di contenuto accessorio del know-how rispetto al contratto di franchising, che potrebbe quindi sussistere anche senza detto elemento. Iniziando proprio da tale ultimo profilo, e ribadito che il negozio in questione - in forza del giudicato interno sul punto - è un contratto di affiliazione commerciale e che, quindi, è soggetto alla disciplina di cui alla legge n. 129/2004, occorre muovere dalla definizione normativa contenuta dall'art. 1, comma 3, lett. a) della detta legge, secondo cui si intende "per know-how, un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e da prove eseguite dall'affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale ed individuato".

Ciò posto, può in primo luogo senz'altro affermarsi che il requisito del know-how, ai fini della stipula del contratto di franchisíng, non costituisce elemento indefettibile del tipo, atteso che l'art. 1, comma 1, della citata legge espressamente stabilisce che "1. L'affiliazione commerciale (franchising) è il contratto, comunque denominato, fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte concede la disponibilità all'altra, verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo l'affiliato in un sistema costituito da una pluralità di affiliati distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi". In forza del disposto normativo, quindi, il contratto di affiliazione commerciale non deve riguardare cumulativamente tutti gli aspetti regolati dalla norma, solo rilevando la concessione all'affiliato della disponibilità di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale - ossia, la sperimentata formula commerciale, che può concernere uno o più profili elencati dalla norma stessa - nell'ottica dell'inserimento dell'impresa dello stesso affiliato in una articolata rete territoriale riferibile all'affiliante e composta da una pluralità di altri affiliati, con lo scopo di commercializzare determinati beni o servizi. Sussistendo tale insieme, ben può quindi configurarsi un contratto di franchising privo della clausola concernente la trasmissione del know-how dal franchisor al franchisee.

La contraria tesi, sostenuta dalla dottrina maggioritaria, secondo cui invece il know-how è un elemento indefettibile del contratto di affiliazione commerciale, non tiene tuttavia conto del chiaro disposto del citato art. 1, comma 1, che tale indefettibilità non prevede; né, tantomeno, essa può ricavarsi dall'art. 3, comma 4, lett. d), della stessa legge n. 129/2004, a mente del quale il contratto deve espressamente indicare "la specifica del know-how fornito dall'affiliante all'affiliato": detta previsione normativa, infatti, non consente di far assurgere il requisito in discorso ad elemento essenziale del tipo, ma solo a disciplinare il contenuto della relativa clausola, se prevista in contratto. Del resto, la tesi in discorso - fondamentalmente basata su una ricognizione dell'id quod plerumque accidit, avuto riguardo al modo in cui il franchising s'è affermato nella prassi commerciale (nel senso, cioè, che di norma il contratto in discorso prevede la trasmissione del know-how), nonché sulla definizione contenuta nell'ormai abrogato Reg. CEE n. 4087/88 (che attribuiva invece al know-how vero e proprio carattere strutturale del negozio) - non considera adeguatamente lo sviluppo diacronico dell'istituto, specie a seguito della sua tipizzazione ad opera della ripetuta legge n. 129 del 2004, dalla cui definizione non può ovviamente prescindersi".

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Cassazione civile n. 11256-2018

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