Una nuova pronuncia della Cassazione conferma l'orientamento secondo il quale lo "straining" va risarcito anche se non si tratta di mobbing sul lavoro
Avv. Alessandra E. Di Marco - E' del 29 marzo 2018 la nuova sentenza della Cassazione, sezione lavoro, con cui viene confermato il risarcimento del danno da straining.

Danno da straining

Quest'ultimo è inteso come una diversa, e più lieve, forma di mobbing sul lavoro, caratterizzato in particolare dal verificarsi di una serie di comportamenti vessatori in danno del lavoratore, che tuttavia risultano essere privi del carattere delle continuità nel tempo.

Lo straining infatti a differenza del vero e proprio mobbing non è caratterizzato da comportamenti continui nel tempo ritenendosi sufficiente, perchè possa ritenersi sussistente il danno, che vi siano comportamenti vessatori, e quindi lesivi della dignità del lavoratore, i quali non necessariamente devono altresì essere accompagnati dalla continuità nel tempo.

Cassazione: straining risarcito al pari del mobbing

Ancora una volta la Cassazione ha riconosciuto il risarcimento del danno, in favore del lavoratore, a seguito di Straining.

Ed invero la sentenza giunge al culmine di una controversia che ha visto protagonista un impiegato di banca che per anni si era trovato a svolgere la propria attività lavorativa in ambiente del tutto ostile, divenuto poi oggetto di veri e propri comportamenti vessatori (invio di lettere di scherno da parte della banca), che di fatto hanno determinato nello stesso una condizione di assoluto stress proprio all'interno dell'ambito lavorativo, con conseguenze dunque anche sullo svolgimento della propria attività.

In base all'art. 2087 cod. civ. il datore di lavoro deve infatti garantire e tutelare l'integrità psico-fisica dei propri dipendente, adoperandosi con tutti i mezzi a sua disposizione affinchè in nessun modo si possano verificare situazioni che comportino la violazione della integrità psico-fisica del lavoratore.

Nel caso di specie, che ha dato origine alla nuova sentenza, è stato invece provato e dimostrato (resta quale nodo cruciale il carattere della prova circa tali tipi di comportamenti) che il lavoratore, proprio a seguito di una serie di condotte vessatorie, seppur non continue nel tempo, verificatesi sul posto di lavoro, aveva subito un forte stress.

Stress che a parere della Suprema Corte deve essere riconosciuto e risarcito, a nulla rilevando che le condotte concrete non avessero acquisito il carattere della continuità del tempo.

In particolare la Corte ha ritenuto di poter riconoscere un danno non patrimoniale che consiste nel fatto che il lavoratore subisce di fatto una lesione del proprio diritto di svolgere in modo del tutto normale ed in serenità la propria attività lavorativa.

Avv. Alessandra Elisabetta Di Marco

alessandradimarco@virgilio.it


Cassazione, sentenza n. 7844/2018

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