Procedura e norme per la vendita dei beni pignorati da parte del concessionario di riscossione

Avv. Giampaolo Morini - Per procedere alla vendita dei beni pignorati il concessionario deve affiggere alla casa comunale, per cinque giorni consecutivi anteriori alla data fissata per il primo incanto, un avviso contenente la descrizione dei beni e l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo del primo e del secondo incanto[1].

Pignoramento e incanto

Trascorsi dieci giorni dal pignoramento si può procedere al primo incanto. Il secondo incanto non può aver luogo nello stesso giorno stabilito per il primo e deve essere fissato non oltre il decimo giorno dalla data del primo incanto.

Su istanza del debitore o del concessionario, il giudice può ordinare che degli incanti, ferma la data fissata per gli stessi, sia data notizia al pubblico a mezzo di giornali o con altre idonee forme di pubblicità commerciale. Le spese sono anticipate dalla parte richiedente.

Qualora sussista pericolo di deterioramento dei beni pignorati o quando la conservazione degli stessi risulta eccessivamente onerosa, il giudice dell'esecuzione può autorizzare il concessionario a procedere all'incanto in deroga ai termini previsti dall'articolo 66.

Nel caso in cui il valore dei beni pignorati non risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base del primo incanto è determinato dal valore ad essi attribuito nel verbale di pignoramento, tuttavia, quando il concessionario lo richiede, e in ogni caso per gli oggetti preziosi, il prezzo base è stabilito da uno stimatore designato dal giudice dell'esecuzione. Nello stesso modo si provvede, sentito il concessionario, se vi è richiesta del debitore e la nomina dello stimatore risulti opportuna in rapporto alle particolari caratteristiche dei beni pignorati.

Al secondo incanto, salvo quanto previsto dall'art. 539 del codice di procedura civile, i beni sono venduti al miglior offerente ad un prezzo non inferiore alla metà del prezzo base del primo incanto.

Beni invenduti dopo il secondo incanto

Qualora i beni restano invenduti anche al secondo incanto, il concessionario entro tre mesi procede alla vendita a trattativa privata per un prezzo non inferiore alla metà del prezzo base del secondo incanto o ad un terzo incanto ad offerta libera.

Laddove, tuttavia, i beni pignorati, o alcuni di essi, restassero invenduti, essi saranno messi a disposizione del debitore, che, ove ne sia stato effettuato l'asporto, è invitato a ritirarli entro il termine di quindici giorni dalla notificazione dell'invito. Decorso inutilmente tale termine, i beni non ritirati sono distrutti o donati, senza liberazione del debitore, ad enti di beneficenza ed assistenza, secondo le determinazioni del concessionario, che ne redige verbale.

Asporto, custodia e vendita beni pignorati

Per l'asporto, la custodia e la vendita dei beni mobili, anche registrati, sottoposti a pignoramento, il concessionario può avvalersi degli istituti previsti dall'art. 159 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro della giustizia, sono stabilite le modalità di intervento dei predetti istituti nella procedura esecutiva e la remunerazione ad essi spettante[2].

Opposizione di terzi

Salvo quanto previsto in merito alle opposizioni ex artt. 615 e 617 cpc, l'opposizione prevista dall'art. 619 c.p.c., deve essere promossa prima della data fissata per il primo incanto. L'opposizione del terzo non può essere proposta quando i mobili pignorati nella casa di abitazione o nell'azienda del debitore iscritto a ruolo o dei coobbligati, o in altri luoghi a loro appartenenti, hanno formato oggetto di una precedente vendita nell'ambito di una procedura di espropriazione forzata promossa dal concessionario a carico del medesimo debitore o dei medesimi coobbligati[3].

Tuttavia è necessario ricordare come è stato più volte evidenziata dalla Corte Costituzionale nello scrutinio del previgente art. 52 dpr n. 602/1973 (sostituito poi dall'attuale art. 58 a seguito della novella recata dal D.lgs. n. 46/1999), di soddisfare "l'esigenza della pronta riscossione delle imposte non pagate, che è alla base dell'espropriazione forzata esattoriale", ciò consentendo "di porre ragionevoli limiti all'opposizione di terzi i quali rivendicano la proprietà di beni mobili pignorati che, per il luogo in cui si trovano, è da presumere siano del debitore", cosi da porre un argine al "rischio di fraudolente elusioni"[4].

Il coniuge, i parenti e gli affini fino al terzo grado del debitore iscritto a ruolo e dei coobbligati, per quanto riguarda i beni mobili pignorati nella casa di abitazione o nell'azienda del debitore o del coobbligato, o in altri luoghi a loro appartenenti, possono dimostrare la proprietà del bene esclusivamente con atti pubblici o scritture private di data certa anteriore:

a) alla presentazione della dichiarazione, se prevista e se presentata;

b) al momento in cui si è verificata la violazione che ha dato origine all'iscrizione a ruolo, se non è prevista la presentazione della dichiarazione o se la dichiarazione non è comunque stata presentata;

c) al momento in cui si è verificato il presupposto dell'iscrizione a ruolo, nei casi non rientranti nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b).

L'art. 59 come sostituito dall'art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 46/1999, ha previsto che chiunque si ritenga leso dall'esecuzione può proporre azione contro il concessionario dopo il compimento dell'esecuzione stessa ai fini del risarcimento dei danni. Il concessionario risponde dei danni e delle spese del giudizio anche con la cauzione prestata, salvi i diritti degli enti creditori.

I commi 3 e 4 dell'art. 54, d.p.r. 602/1973 che vietano l'azione risarcitoria contro l'esattore, riguardano le pretese proponibili dall'esecutato nei confronti dell'esattore stesso per l'illegittimità dell'azione esecutiva o degli atti del processo esecutivo. Stante la separazione nel procedimento esecutivo esattoriale tra titolarità del credito e titolarità dell'azione esecutiva, tali disposizioni non sono invece applicabili alle domande svolte direttamente nei confronti dell'ente impositore, per l'asserita non debenza del tributo e per la correlativa insussistenza del credito erariale[5].

Il giudice dell'esecuzione non può sospendere il processo esecutivo, salvo che ricorrano gravi motivi e vi sia fondato pericolo di grave e irreparabile danno[6].

Salvo quanto previsto dall' art. 48, comma 1, il procedimento di espropriazione si estingue se il debitore o un terzo, in qualunque momento anteriore alla vendita, paga all'ufficiale della riscossione la somma portata dal ruolo, i relativi accessori e le spese, ovvero gli esibisce la prova dell'avvenuto pagamento[7].

Disposizioni particolari sui beni pignorabili

I beni di cui all' articolo 515, co. 3 cpc, anche se il debitore e' costituito in forma societaria ed in ogni caso se nelle attività del debitore risulta una prevalenza del capitale investito sul lavoro, possono essere pignorati nei limiti di un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall'ufficiale esattoriale o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito[8].

Nel caso di pignoramento dei beni di cui all'art. 62 co. 1, la custodia e' sempre affidata al debitore ed il primo incanto non può aver luogo prima che siano decorsi trecento giorni dal pignoramento stesso. In tal caso, il pignoramento perde efficacia quando dalla sua esecuzione sono trascorsi trecentosessanta giorni senza che sia stato effettuato il primo incanto[9].

Inoltre anche l'art. 64 stabilisce che, salvo quanto disposto dall'art. 520, primo comma, c.p.c. e dall'art. 70, la custodia dei beni mobili pignorati è affidata allo stesso debitore o a un terzo. Il concessionario non può essere nominato custode. Il concessionario può in ogni tempo disporre la sostituzione del custode e in mancanza di persone idonee all'affidamento della custodia, i beni pignorati sono presi in consegna dal comune.

I frutti dei fondi del debitore soggetti al privilegio stabilito dall'art. 2771 del codice civile possono essere pignorati nelle forme dell'espropriazione presso il debitore ancorchè i fondi stessi siano affittati.

Entrando in medias res ed, anticipando la questione del fermo amministrativo, è pur vero che l'art. 86 del d.P.R. n. 602 del 1973, come è noto riconosce all'agente della riscossione la possibilità di disporre il fermo amministrativo dei beni del debitore "Decorso inutilmente il termine di cui all'art. 50, co. 1, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili del debitore (...)". si deve valutare caso per caso quando ai beni del debitore devono applicarsi le norme sulla impignorabilità; in tal senso viene in aiuto la ratio della norma dell'art. 515 c.p.c. che implica che il concessionario, prima di addivenire al fermo di un veicolo, deve verificare che lo stesso non sia strumento di lavoro e specificatamente motivare l'assenza di altri beni onde ipotizzare un fermo.

Per onore di completezza del caso, per questo Giudice si applica alla disciplina del fermo amministrativo quanto previsto dall'art. 62, d.P.R. n. 602 del 1973, che a proposito dei beni pignorabili, richiama il disposto dell'art. 514 c.p.c., co. 1, n. 41, che esclude la possibilità di predisporre il pignoramento per i beni strumentali all'esercizio dell'attività economica[10].

È stato ritenuto illegittimo il fermo amministrativo di bene impignorabile - nella specie per non essere più nella disponibilità dell'esecutato - qualora la procedura esecutiva sia stata attivata dal concessionario della riscossione per il recupero forzoso di somme dovute dal contribuente da oltre due anni; ciò in quanto il meccanismo previsto dall'art. 62, comma 1, d.P.R. 602/1973 e in virtù del quale possono essere soggetti a pignoramento anche beni cui normalmente non si estende tale vincolo, e limitato unicamente - come desumibile dal tenore letterale dell'art. 2759 c.c. - ai casi in cui si agisca per ottenere il pagamento delle imposte dovute per i due anni anteriori a quello in cui si procede[11].

Deve, inoltre astenersi dal pignoramento o desistere dal procedimento, l'ufficiale della riscossione, quando è dimostrato che i beni appartengano a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai soggetti indicati dall'articolo 58, comma 3, in virtù di titolo avente data anteriore all'anno cui si riferisce l'entrata iscritta a ruolo.

Tale dimostrazione può essere offerta soltanto mediante esibizione di atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero di sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima di detto anno.

Avv. Giampaolo Morini

giampaolo@studiolegalemorinigiampaolo.it

0584361554

[1] Art. 66 co. 1 come modificato dall'art. 1, comma 1, lett. i) dlgs. n. 193/2001

[2] Art. 71 come modificato dall'art. 16, comma 1, dlgs. n. 46/1999

[3] Art. 58 co. 2 modificato dall'art. 1, comma 1, lett. g), dlgs n. 193/2001

[4] Tra le altre Corte Cost. n. 415/1996; Cassazione civile, sez. III, 23/05/2014, n. 11531

[5] Cassazione civile, sez. III, 18/11/2013, n. 25855

[6] Articolo modificato dall'art. 5, comma 4, lett. b-ter) dl n. 669/1996, convertito con modificazioni in l. n. 30/1997 e successivamente sostituito dall'art. 16, comma 1, dlgs. n. 46/1999

[7] Art. 61 DPR 602/173 modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h) dlgs n. 193/2001

[8] Art. 62 co. 1 come sostituito dall'art. 52, lett. d., n. 1, dl n. 69/2013, convertito con modificazioni in l. n. 98/2013

[9] Art. 62 co. 1 bis come aggiunto dall'art. 52, lett. d., n. 1, dl n. 69/2013, convertito con modificazioni in l. n. 98/2013

[10] In tal senso Comm. trib. reg. Milano (Lombardia), sez. L, 04/07/2013 n. 131

[11] Tribunale Cassino, 08/08/2008, n. 534


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