Per il Tribunale di Palermo è ammissibile l'annullamento per vizi del consenso dei coniugi o nullità per contrasto con norme imperative

di Lucia Izzo - Possono essere annullate le condizioni della separazione consensuale omologata se sussistono vizi del consenso dei coniugi ed è altresì ammissibile la declaratoria di nullità laddove queste siano in contrasto con norme imperative.


Lo ha precisato il Tribunale di Palermo, sentenza n. 4784/2017 (qui sotto allegata) pronunciandosi sull'azione di impugnazione separazione consensuale omologata promossa dalla moglie nei confronti del marito.

La vicenda

Nel decreto di omologa del Tribunale, a seguito della separazione consensuale dal marito era stato previsto, tra l'altro, il trasferimento in suo favore del 50% della proprietà di tre unità abitative; tempo dopo, avendo avuto la necessità di vendere tali immobili, la donna aveva scoperto che le dichiarazioni rese dal marito in seno all'atto notarile non erano rispondenti al vero in quanto tali immobili erano stati realizzati in difformità dalla concessione edilizia e dunque non erano commerciabili.


Una scoperta che, indubbiamente aveva alterato l'equilibrio economico che le parti avevano inteso perseguire in sede di separazione consensuale. Da qui la richiesta di dichiarare la nullità per illiceità dell'oggetto della clausola contenuta nell'accordo di separazione limitatamente alla cessione delle quote di tali beni immobili e del successivo atto notarile di trasferimento.

Separazione consensuale omologata: sì alla declaratoria di nullità dell'accordo

Sul punto, il Tribunale rammenta, come affermato dalla Cassazione, che nel procedimento per la separazione consensuale omologata "concorrono elementi di diritto privato e pubblico", trattandosi di una fattispecie complessa, per cui il regolamento basato sull'accordo (di natura privatistica) tra i coniugi acquista efficacia giuridica solo attraverso il provvedimento di omologazione (di natura pubblicistica).

Nell'ambito di questa concezione, la massima considerazione rivolta agli aspetti privatistici della la separazione consensuale omologata porta ad affermare che la validità del consenso, come effetto del libero incontro delle volontà delle parti, è presidiata dall'esperibilità dell'azione di annullamento per vizi, non limitata alla materia contrattuale, ma estensibile ai negozi relativi a rapporti giuridici non patrimoniali, genus cui appartengono quelli di diritto familiare.

Pertanto, tenuto conto che l'intervento del Presidente non può escludere l'esistenza di vizi della volontà delle parti, devono trovare applicazione per la separazione consensuale omologata i rimedi contrattuali per i vizi del consenso (artt. 1427 e ss., c.c.), esperibili attraverso un giudizio ordinario secondo le regole generali.

Per il Tribunale è altresì possibile di esperire l'ordinaria azione di declaratoria di nullità dell'accordo secondo le coordinate codicistiche ossia per illiceità della causa o dell'oggetto ovvero per la contrarietà a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume

In particolare, nel caso di specie, poichè gli immobili attribuiti gratuitamente dal marito erano stati realizzati in difformità dalla concessione edilizia, la nullità dell'accordo va dichiarata nella parte in questione e dei conseguenti trasferimenti ai sensi dell'art. 40, secondo comma, della legge n. 47/1985.

La donna non avrà, tuttavia, diritto alla paventata corresponsione di una somma pari al valore degli immobili in causa tenuto conto che la nullità dell'attribuzione patrimoniale non comporta null'altro che il permanere tra i coniugi della comunione sui beni immobili oggetto del pregresso trasferimento.

In altre parole, spiega il Tribunale, retrocessi i beni alla situazione antecedente di comunione, non possono sussistere pretese reciproche se non quelle derivanti da un ordinario regime di comunione su un determinato bene.

Neppure sussistono i presupposti per riconoscere somme a titolo risarcitorio, mancando del tutto i presupposti per la configurazione di responsabilità di sorta in capo al convenuto per l'affermata incommerciabilità dei beni, mai peraltro allegata con sufficiente specificazione.



Tribunale di Palermo, sent. n. 4784/2017

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