E l''attore non è tenuto a provare la colpa del medico ma è quest''ultimo, semmai, che deve dimostrare di aver agito con diligenza

di Valeria Zeppilli - Se il paziente lamenta la sussistenza di escoriazioni sulla bocca e il sanitario omette di eseguire delle indagini approfondite sulla loro causa, quest'ultimo può essere chiamato a rispondere dei danni cagionati da tale omissione.

Si pensi, ad esempio, a quanto deciso dalla Corte di cassazione con la sentenza numero 26517/2017 (qui sotto allegata), che ha confermato la condanna al risarcimento dei danni da morte del paziente, inflitta a un medico dalla Corte d'appello sulla base della circostanza che il sanitario non aveva eseguito un esame istologico che, se invece fosse stato disposto, avrebbe permesso di accertare la sussistenza di una malattia tumorale molto prima di quanto effettivamente avvenuto.

Per la Corte, infatti, i giudici del merito hanno correttamente esaminato il problema del nesso di causalità tra la condotta ascritta al medico e la morte del paziente, peraltro escludendo qualsivoglia riduzione dell'obbligo risarcitorio connessa all'eventuale concorso, anche maggioritario, dei medici che erano intervenuti successivamente.

Onere della prova

Con riferimento all'accertamento della diligenza della condotta del medico, la Cassazione si è poi soffermata sulla ripartizione dell'onere della prova.

In particolare, i giudici hanno ricordato che, nella responsabilità medica, l'attore non è tenuto a provare la colpa del medico: è quest'ultimo, semmai, che deve dimostrare di aver agito con diligenza.

Nel caso di specie, il sanitario si lamentava del fatto che gli attori avevano depositato un referto istopatologico, che non era mai stato sottoscritto ma che era stato attribuito proprio a lui e che a un certo punto era sparito dagli atti.

Per la Corte, però, la circostanza che tale referto fosse presente o meno agli atti o che fosse o meno riferibile al convenuto non incide sulla posizione dei parenti del paziente defunto, che avevano il solo onere di allegare in giudizio la colpa del medico, mentre era quest'ultimo che avrebbe dovuto provare che tale colpa, in realtà, non sussisteva.

A tal fine, tuttavia, non era possibile limitarsi a disconoscere la sottoscrizione di quel referto istopatologico, con la conseguenza che la Corte d'appello ha correttamente omesso di approfondire l'indagine circa l'autenticità del documento.

Ora, quindi, con la totale conferma della condanna anche da parte della Cassazione, nulla potrà più salvare il medico dal risarcimento.

Corte di cassazione testo sentenza numero 26517/2017
Valeria Zeppilli

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