Per la Cassazione non è detto che l'intervento del medico avrebbe evitato la morte del feto. L'accertamento del nesso causale è indispensabile per la responsabilità penale dell'ostetrica

Avv. Francesca Servadei - Con sentenza n. 39771/2017, del 31 agosto 2017 (sotto allegata), la V Sezione della Corte di Cassazione ha statuito il seguente principio di diritto: sussiste il delitto colposo di interruzione della gravidanza nel caso in cui, l'ostetrica, incaricata di assistere la donna in stato di gravidanza, ometta di informare tempestivamente il sanitario di turno nel caso in cui si verifichi una anomalia nel tracciato cardio-tocografico del feto. Tuttavia, è indispensabile la prova del nesso causale.

La fattispecie

In grado di appello veniva confermata la sentenza che vedeva imputate due ostetriche, le quali erano condannate per il reato di interruzione colposa della gravidanza. Le ostetriche in questione, pur svolgendo le loro mansioni, avevano omesso di informare delle anomalie del tracciato il sanitario della struttura privata, rendendo edotto della situazione clinica della paziente il ginecologo della donna, medico privato, avvisandolo telefonicamente, determinando così un intervento tardivo dello stesso e causando il nefasto evento.

Ostetriche: condanna solo se provato il nesso causale

Gli Ermellini hanno sottolineato che le ostetriche avrebbero dovuto avvisare il sanitario della struttura già quando il primo tracciato presentava delle anomalie al fine di un tempestivo intervento del medico di turno.

La Suprema Corte ricorda che, ai sensi dell'articolo 4, D.P.R. 163/1975, le ostetriche laddove vi sia un quadro clinico ambiguo hanno il dovere di richiedere l'ausilio del medico, con assoluto divieto di praticare interventi manuali o strumentali, salvo quelli consentiti dalle istruzioni tecniche sull'esercizio professionale delle ostetriche emanate dal Ministero della Salute.

A tal proposito viene ricordata la sentenza della VI Sezione della cassazione, numero 12973/1986, con la quale i giudici di Piazza Cavour avevano riconosciuto la penale responsabilità dell'ostetrica, la quale a seguito di minacce post partum, non aveva fatto ricorso ad un medico e né tanto meno si era attivata affinchè la donna fosse trasportata in una adeguata struttura. Analoga fattispecie viene ripresa rievocando la sentenza pronunciata dalla IV Sezione, la numero 21709/2004, con la quale l'ostetrica, che aveva l'assistenza di una partoriente, non aveva informato in tempo i medici della progressiva sofferenza fetale che portava poi al decesso del feto; tale principio di diritto è stato ribadito dalla sentenza della Suprema Corte, la quale, con pronuncia 35027/2009, riconosce che la ostetrica ha il dovere di sollecitare per tempo l'intervento del medico non appena emergano fattori di rischio per la madre ovvero in ogni caso di sofferenza fetale.

Nella sentenza viene richiamata inoltre la recente pronuncia n. 20063/2014, alla luce della quale integra il delitto colposo di interruzione della gravidanza la condotta dell'ostetrica che, incaricata di eseguire un tracciato cardio- tacografico all'esito del quale si evidenzi un'anomalia cardiaca del feto, ometta di informare tempestivamente il medico di turno, sempre che la violazione della regola cautelare, consiste nella richiesta di intervento immediato del sanitario, abbia cagionato o contribuito significativamente a cagionare l'evento morte.

In virtù di quanto esposto anche con la pronuncia in commento gli Ermellini hanno dato seguito a quel consolidato orientamento che da più di trent'anni riconosce la responsabilità penale all'ostetrica che non avvisa tempestivamente il medico dell'immediato pericolo di vita fetale ovvero della madre.

Tuttavia, nel caso di specie, la Cassazione ha posto in evidenza che dalla situazione descritta dai giudici di merito, non emergeva in alcun modo "l'umana razionale certezza dell'effetto salvifico" dell'intervento medico e, anzi, si evidenziava una condizione patologica molto grave e ingovernabile. Per cui, in assenza della necessaria prova del nesso causale, la sentenza è annullata con rinvio al giudice di merito che è chiamato a rivalutare i fatti tenendo conto delle suddette circostanze.

Avv. Francesca Servadei

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Cassazione, sentenza n. 39771/2017

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