Nella genitorialità non è possibile prepararsi, ma si può e si deve imparare attraverso i figli e verso i figli

Dott.ssa Margherita Marzario - "Genitali, generare, genitori, generazione, tutti termini ed esperienze che rimandano al generare la vita. Cosa può esserci di più vero della vita e di essa nel suo sbocciare e nel suo svilupparsi, considerando che generare non si riduce al solo «mettere al mondo»? […] Il pensiero va subito ai genitori che «mettendo al mondo» il figlio da quell'istante non smetteranno più di generare, ovvero di far nascere e sviluppare la vita: continuamente siamo generati e invitati a generare" (don Lorenzo Voltolin). La necessità e la difficoltà del continuo generare vita e amore da parte dei genitori è ancor più evidente nei casi di nascita pretermine dei figli, con tutti i rischi del momento e anche del futuro. In qualsiasi momento della vita, però, i genitori possono sentirsi inadeguati o i figli possono rivelarsi immaturi, per cui potrebbe tornare utile una "lettura trasversale" di un documento illuminato, la Carta dei diritti del bambino nato prematuro, approvata in Senato il 21 dicembre 2010 (con questa Carta l'Italia è stato il primo Paese a mettere in atto l'appello del Segretario Generale delle Nazioni Unite lanciato il 22 settembre 2010).

L'art. 1 della Carta dei diritti del bambino nato prematuro recita: "Il neonato prematuro deve, per diritto positivo, essere considerato persona". Questo monito potrebbe riguardare tutti i genitori ricordando loro che un figlio non è frutto di desiderio o oggetto di un progetto, ma è una persona da "considerare" tale: considerare, etimologicamente «osservare gli astri per trarne gli auspici», significa esaminare attentamente una cosa, riguardandola in sé e nelle sue relazioni e conseguenze. Ed è l'atteggiamento di rispetto che si deve avere nei confronti di un figlio.

L'art. 3 della Carta, che può essere ritenuto un pilastro di tutto il testo come l'art. 3 della Costituzione

e l'art. 3 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, stabilisce: "Il neonato prematuro ha diritto ad ogni supporto e trattamento congrui al suo stato di salute e alle terapie miranti al sollievo dal dolore. In particolare ha diritto a cure compassionevoli e alla presenza dell'affetto dei propri genitori anche nella fase terminale". "Compassione" ("con passione, passione insieme"): quello che dovrebbero provare e trasmettere i genitori ai figli (e non solo a quelli nati prematuri) non oppressione o ossessione, perché i figli sono altro da sé, altro di sé. Lo scrittore Aldo Nove scrive e descrive chiaramente: "Un figlio è parte di te, è quanto di te si stacca dalla tua anima e ne coltiva l'eredità, ti dà un senso come tu hai dato senso ai genitori, compiendoli, è così che funziona la vita".

L'art. 4 della Carta enuncia: "Il neonato prematuro ha diritto al contatto immediato e continuo con la propria famiglia, dalla quale deve essere accudito. A tal fine nel percorso assistenziale deve essere sostenuta la presenza attiva del genitore accanto al bambino, evitando ogni dispersione tra i componenti il nucleo familiare

". Ogni bambino richiede le stesse premure, responsabilità, tempi e sinergia necessari per i nati prematuri. "È meraviglioso essere bambini quando si è bambini ed è terribile che in tenera età qualcuno ci obblighi a comportarci da adulti. È terribile anche essere bambini quando si è adulti. Maturare significa mettere il bambino al suo posto, lasciarlo vivere dentro di noi non come un comandante ma come un seguace" (lo scrittore cileno Alejandro Jodorowsky Prullansky)[1].

Per il pieno ed armonioso sviluppo della personalità, i papà devono essere presenti e mantenuti presenti nella vita dei figli con le stesse accortezze che si hanno nei confronti dei nati pretermine, perché i figli privati della figura paterna o provati dalla figura paterna possono rivelare debolezze proprio come i nati prematuri. Padre che deve essere tale nei confronti del figlio e della madre nel concepire e condividere quotidianamente la genitorialità. Il pedagogista e formatore Federico Ghiglione afferma: "Un padre presente al di là del dato fisico, deve essere un socio forte e paritetico. Un socio con il quale organizzare un programma educativo, magari frutto di un contraddittorio acceso e faticoso, ma che sia garanzia di dialogo continuo, in maniera che a ogni piccola novità e imprevisto della vita ci sia la capacità di affrontare la situazione con coraggio"[2].

La nascita pretermine è un evento doloroso che, al tempo stesso, fa esprimere il massimo dell'amore verso la nuova vita fragile. Di questo si dovrebbero ricordare i genitori quando, in caso di crisi della coppia, causano una "nascita pretermine" dei figli dal nido familiare o dal loro mondo infantile dove vedono mamma e papà uniti per mano nella loro mente e nella loro vita. I genitori non devono impartire lezioni precoci di vita ai figli che non ne conoscono ancora l'alfabeto. "La vita, anche con tutto il suo dolore, è piena di meraviglie: nascita e morte sono miracoli e al di sotto delle ondate di nascita e morte giace la meravigliosa realtà suprema" (il pensatore vietnamita Thich Nhat Hanh)[3].

L'art. 5 della Carta espone l'importanza del latte materno, come già nell'art. 24 lettera e della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia: "Ogni neonato prematuro ha diritto ad usufruire dei benefici del latte materno durante tutta la degenza e, non appena possibile, di essere allattato al seno della propria mamma. Ogni altro nutriente deve essere soggetto a prescrizione individuale quale alimento complementare e sussidiario". La dimensione orale del bambino è fondamentale perché attraverso essa passeranno le funzioni tra le più importanti, emozionanti e comunicative della vita, quali il parlare, il baciare e il sorridere. La giornalista Sabina Fadel ricorda: "Alimentarsi richiama infatti la dimensione orale dell'individuo, quel rapporto affettivo primordiale che il neonato instaura con la madre che lo allatta e che è il suo primo modo di relazionarsi con il mondo". Il verbo "mangiare" contiene "amare" perché è anche un modo per amare la vita e se stessi, per questo è importante un giusto approccio sin dalla nascita. Il latte materno non ha solo un valore nutrizionale ma emozionale e relazionale, le sue proteine sono vere "perle di vita". La maternità non è né istinto né casualità ma causalità, è progetto di vita, costante e coraggiosa generazione di vita, che richiede maturità e consapevolezza. "In realtà - dichiara la psicoterapeuta Mariacandida Mazzilli -, anche tra gli animali non tutte le femmine hanno un istinto di cura. Il tanto decantato istinto materno è molto condizionato dal contesto: spesso, una donna è convinta che la maternità sia importante perché sono i genitori, le amiche, il compagno a spingerla verso di essa. È raro che sia lei stessa a interrogarsi se sia un suo desiderio o meno. Questo accade da sempre, solo che una volta era obbligata a fare figli anche se non si sentiva adeguata a essere madre. Oggi, semplicemente, hanno più coraggio nel rivelarlo". Una madre dà la vita, ma può cambiare la vita del figlio con la sua incuria, ipercura o discuria o altre patologie delle cure. La parola mamma è fanciullesca (come papà e pappa) e quasi onomatopeica nell'evocare il mormorio delle labbra nel mangiare o nel baciare. Il bacio materno che è il primo rapporto con l'altro, la prima forma di coscienza di essere ed esserci, come precisa lo psicologo e psicoterapeuta Giovanni Salonia: "Baciato dalla mamma, il bambino non solo sente il corpo di lei, ma impara anche progressivamente a sentire e abitare il proprio corpo. Senza baci materni, senza un corpo di madre avvolgente, il bambino non può crescere […]. Chi è Peter Pan? Un bacio mancato"[4].

Sulla scia dell'art. 7 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia in cui si definisce il diritto del fanciullo a conoscere i propri genitori ed essere da essi accudito, nell'art. 7 della Carta si legge: "Il neonato prematuro ha il diritto di avere genitori sostenuti nell'acquisizione delle loro particolari e nuove competenze genitoriali". Tutti i genitori devono acquisire particolari e nuove competenze genitoriali nei confronti dei figli affinché non nascano e crescano come nati prematuri. La genitorialità è una relazione, anzi la relazione, fatta di emozioni, comunicazione, compiti e non di semplici dazioni. Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni mette in guardia: "Il "figlio-prodotto" rappresenta invece il risultato di un lavoro da valutare in termini di prestazioni. Alcuni genitori effettuano costanti "controlli di qualità": dalla pesata del neonato con scrupolo dopo ogni poppata al controllo giornaliero dei voti e delle presenze in classe sul registro elettronico. Come se ricercassero la rassicurazione che il figlio "funziona", perché loro sono stati bravi e hanno fatto un buon lavoro che va premiato". Quella genitorialità che è ancor più onerosa da adempiere nei casi di bambini con diagnosi. Ada Fonzi, professore emerito di psicologia dello sviluppo, sostiene: "Toccherà alla madre del bambino «difficile» acquisire la capacità di sintonizzarsi sulle richieste del piccolo, seguendo i suoi ritmi e le sue caratteristiche senza pretendere prestazioni che non può dare. Non esistono madri buone e madri cattive, ma solo madri che imparano, anche se a volte con difficoltà, a mettersi sulla stessa lunghezza d'onda del figlio". Un bambino cosiddetto difficile è assimilabile a un bambino nato prematuro, perché è un bambino che non ha ancora le competenze socio-affettive adeguate alla sua età. Nei casi di genitorialità difficile si richiede maggiore impegno alla mamma affinché sia capace continuamente di dare un taglio al cordone ombelicale; sono, pertanto, necessarie azioni mirate di sostegno alla genitorialità difficile per fornire competenze genitoriali ad hoc.

Significativo che nell'articolo finale della Carta, l'art. 10, il soggetto della proposizione non sia più il neonato prematuro ma "ogni famiglia di neonato prematuro", perché cuore, culla e cura di ogni bambino è e sia la famiglia.

Ci si preoccupa, e giustamente, della nascita pretermine (per la quale è stata istituita la giornata mondiale della prematurità il 17 novembre) e della morte perinatale (per la quale è stata istituita la giornata internazionale sulla consapevolezza della morte perinatale il 15 ottobre di ogni anno) e non ci si preoccupa della "nascita prematura" o della "morte perinatale" che si può causare nei figli con decisioni unilaterali o superficiali di separazioni o altre scelte strettamente individuali (come quelle professionali o sessuali), soprattutto negli adolescenti che si preparano a recidere in modo definitivo il cordone ombelicale per tuffarsi nella propria vita relazionale e sentimentale. La giornalista Mariapia Bonanate s'appella alle responsabilità degli adulti: "C'è una sofferenza che lascia sulla pelle delle nuove generazioni ferite che non si rimarginano e incide drammaticamente sul loro futuro. È quella dei figli di genitori separati. Un fenomeno epocale che, in pochi anni, è dilagato come un fiume in piena e che gli adulti cercano di far passare come una realtà "normale", provocata dai cambiamenti sociali e umani. Tale non è, se ascoltiamo i ragazzi che la subiscono. Se ci mettiamo dalla loro parte". Mettersi dalla parte dei bambini, dei figli, della vita è e rimane la priorità.


[1] A. Jodorowsky Prullansky in "La danza della realtà"

[2] F. Ghiglione in "I papà spiegati alle mamme", Einaudi 2015

[3] T. Nhat Hanh in "Insegnamenti sull'amore", 1995

[4] G. Salonia in "La vera storia di Peter Pan. Un bacio salva la vita", Cittadella Editrice, Assisi 2016, p. 18


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