Se tale prova manca, non sorge il capo alla struttura l'onere di dimostrare l'impossibilità sopravvenuta della prestazione per causa non imputabile

di Valeria Zeppilli - Chi deduce in giudizio la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, derivante dall'inesatto adempimento della prestazione medica alla quale si è sottoposto, ha un preciso onere probatorio da rispettare: è il danneggiato, infatti, che è tenuto a provare sia il contratto che o l'aggravamento della situazione patologica preesistente o l'insorgenza di nuove patologie in conseguenza dell'intervento. In capo al paziente, inoltre, grava anche l'onere di dimostrare il nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari.

Onere probatorio della struttura sanitaria

L'orientamento giurisprudenziale sul punto, ormai costante, è stato confermato anche dalla recente sentenza della Corte di cassazione numero 18392/2017, depositata il 27 luglio scorso e qui sotto allegata.

In tale pronuncia i giudici hanno anche ribadito che, invece, a carico della struttura sanitaria resta la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che gli esiti lamentati dal danneggiato siano derivati da un evento imprevisto e imprevedibile. Tuttavia, tale onere probatorio sorge in capo alla struttura solo se il danneggiato abbia provato il nesso di causalità fra la patologia e la condotta dei sanitari.

La vicenda

Nel caso di specie, a citare in giudizio la struttura sanitaria era stata una donna, che chiedeva il risarcimento del danno subito in conseguenza della morte del marito, verificatasi durante un intervento chirurgico.

Nel corso del giudizio, tuttavia, il giudice del merito aveva accertato che la ragione dell'arresto cardiaco che aveva determinato il decesso era rimasta oscura, così escludendo il nesso tra tale circostanza e l'emorragia verificatasi durante l'intervento, con la conseguenza che in capo alla struttura sanitaria, in base a quanto visto, non è mai insorto un problema di onere probatorio.

Come già fatto dai giudici di primo e secondo grado, di conseguenza, anche la Corte di cassazione ha respinto le pretese della donna, alla quale non spetta quindi alcun risarcimento.


Corte di cassazione testo sentenza numero 18392/2017
Valeria Zeppilli

Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: