Anche se i consumi sono a zero, va comunque ripartita la c.d. quota fissa se l'utenza è raggiunta dal servizio idrico

di Lucia Izzo - Anche quando l'appartamento è vuoto o sfitto e i consumi sono a zero, non è detto che non siano dovute spese per le utenze idriche. Capita spesso, infatti, che i proprietari di appartamenti condominiali lasciati privi di inquilini, si vedano addebitare fatture per il consumo di acqua, nonostante i consumi siano pari a zero.


Questo accade poiché spesso viene in rilievo la c.d. quota fissa prevista dai contratti con il gestore dell'utenza. Con la Delibera 664/2015 dell'Autorità per l'Energia Elettrica il Gas e il Sistema Idrico (AEEGSI) è, infatti, stato approvato un nuovo metodo di tariffario idrico entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2016. L'Autorità ha previsto che, anche in assenza di consumi, si applichino dei costi fissi contrattuali e relative imposte.

La "quota fissa" in bolletta

La bolletta tipo, oltre alla quota variabile, potrà ricomprendere una quota fissa annuale (€/anno) proporzionata al periodo fatturato, per ciascuno dei servizi di acquedotto, fognatura, depurazione.


Si tratta di una componente il cui pagamento prescinde dal consumo ed è volta a sopperire ai costi fissi per l'erogazione del servizio sostenuti dal gestore, pertanto la sua misura viene regolamentata da ogni singolo gestore e prevista nel contratto con questi stipulati.


Laddove l'utenza sia raggiunta da tutti e tre i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione, la quota fissa verrà pagata per ciascuno di essi: a tal proposito, la Cassazione ha più volte precisato che trattandosi di corrispettivo di servizio, è illegittimo l'inserimento in fattura delle quote di depurazione laddove tale servizio non raggiunga l'utenza.


Se, invece, l'utenza (casa, cantina, box, etc.) è raggiunta dal servizio, ad esempio quello dell'impianto idrico del condominio, la quota fissa dovrà essere corrisposta indipendentemente dal valore di quella variabile, dunque anche laddove i consumi siano a costo zero.


Quanto alla sua ripartizione, il dato di riferimento è l'art. 1123, comma 1, del codice civile, secondo il quale, salvo diverso accordo tra tutti i condomini, le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.



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