Le sezioni unite della Cassazione risolvono il contrasto sul divieto di reformatio in peius e il principio del favor rei nei reati satellite

La Prima Sezione della Corte di Cassazione ha adito le Sezioni Unite chiedendo loro di far luce sul seguente quesito: "se il giudice della esecuzione nella rideterminazione della pena complessiva finale in dipendenza del riconoscimento della continuazione - una volta individuata la violazione più grave e fatto salvo il contenimento del trattamento sanzionatorio entro il limite della somma delle pene inflitte con ciascuna condanna, come stabilito dall'art. 671, comma 2, cod. proc. pen. - possa quantificare l'aumento per un determinato reato satellite in misura superiore all'aumento originariamente applicato per quel reato".

E' lecito affermare che a monte di tale interrogativo vi era un contrasto in sede giurisprudenziale il quale vedeva due contrari orientamenti.

Con il primo (che si ritrova nelle sentenze 24117/2016, 29941/2015, 29939/2015, 7432/2013, 43768/2012), il giudice dell'esecuzione quantificava la pena relativa a reati satellite con il solo limite del II comma dell'articolo 671 del Codice di Rito; l'opposto orientamento (sentenze 37618/2016, 3276/2015, 31424/2015 e 38331/2014), invece non consentiva al giudice la citata quantificazione, valorizzando il princio del favor rei e pertanto non riformando in peius il trattamento sanzionatorio. Proprio a quest'ultimo orientamento le Sezioni Unite hanno aderito.

Infatti gli Ermellini hanno statuito che la finalità dell'articolo 671 del Codice di Procedura Penale

andrebbe in contrasto con il principio del favor rei; la sua mancata applicazione consentirebbe il cosiddetto cumulo materiale andando pertanto ad infliggere le pene per tutti i reati satellite commessi; inoltre le Sezioni Unite sottolineano come il giudizio di esecuzione è contrario ad un trattamento sanzionatorio più grave, tanto è vero che viene statuito che "il carattere sommario del processo esecutivo, il limitato contraddittorio che lo caratterizza, i limiti istruttori riconosciuti dall'ordinamento al giudice della esecuzione, il quale non può recepire i profili di conoscenza del fatto e della colpevolezza propri del processo ordinario" rendono "incongrua una valutazione di maggiore gravità dei fatti portati in continuazione (tanto presuppone l'aumento delle relative sanzioni) rispetto a quella del giudice della cognizione".

Alla luce di quanto affermato le Sezioni Unite, con sentenza

26 novembre 2016 numero 6296, pronunciano il seguente principio di diritto: "il giudice dell'esecuzione, in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, non può quantificare gli aumenti di pena per i reati-satellite in misura superiore a quelli fissati dal giudice della cognizione con la sentenza irrevocabile di condanna".

Tale principio rispetta la disciplina della continuazione in fase di esecuzione, tanto è vero che laddove l'articolo 671 del Codice di Rito statuisce il limite, per il G.E., di non oltrepassare la somma delle pene inflitte per ogni sentenza ovvero per ogni decreto, è ugualmente vero che non è possibile far affidamento a canoni ermeneutici.

In tal modo è rispettato pienamente il principio del favor rei non potendo quindi applicare aumenti in sede esecutiva, rispettando pertanto la pena irrogata dal giudice di merito.


Foto: 123rf.com
Altri articoli che potrebbero interessarti:
In evidenza oggi: