L'appello incidentale deve proporsi con comparsa da depositarsi almeno 20 giorni prima dell'udienza indicata nell'atto di citazione o rispetto a quella differita, il tutto a pena di decadenza

L'appello incidentale: termini di presentazione

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L'appellato che intenda proporre appello incidentale, impugnando a sua volta la sentenza già impugnata dall'appellante, deve provvedervi, in base alle regole contenute nell'articolo 343 c.p.c, modificato dalla riforma Cartabia.

La norma stabilisce, nello specifico, che chi voglia proporre un appello incidentale sia tenuto a proporlo, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta, da depositare almeno 20 giorni prima dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di appello o rispetto all'udienza eventualmente fissata ai sensi dell'articolo 349 bis c.p.c.

Quest'ultima norma prevede infatti che il Presidente o il giudice istruttore possano differire la data della prima udienza fino al termine massimo di 45 giorni. (vai alla guida: "L'appello incidentale - guida legale con formula").

Decadenza: termine o forma"

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Una precisazione sulla proposizione dell'appello incidentale si rende necessaria a causa della formulazione letterale dell'articolo 343 c.p.c.

Il primo comma dispone infatti che: "L'appello incidentale si propone, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta depositata almeno venti giorni prima dell'udienza di comparizione (…)"

Dalla lettera della norma potrebbe sembrare che la decadenza dalla proposizione dell'appello incidentale derivi dalla mancata presentazione dello stesso nella comparsa di risposta. In realtà la decadenza dalla possibilità di presentare l'appello incidentale si riferisce all'osservanza del termine entro il quale lo stesso deve essere presentato, non alla forma dell'atto utilizzato per proporre l'impugnazione. Si decade quindi dalla proposizione dell'appello incidentale se non lo si presenta nel termine di 20 giorni anteriori all'udienza fissata nella citazione in appello o all'udienza differita ai sensi dell'art. 349 c.p.c comma 2.

Forma dell'appello incidentale

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Dai termini utilizzati dall'art. 343 c.p.c appare però molto chiaro, che dal punto di vista formale, sia per il richiamo espresso del temine "comparsa di risposta" che per il rinvio operato dall'art. 359 c.p.c alle norme che regolano il processo di primo grado, l'appello incidentale si debba proporre nella forma della comparsa di risposta, come previsto per il giudizio di primo grado, ovviamente con gli opportuni adattamenti.

Contenuto dell'atto di appello incidentale

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Il contenuto dell'appello incidentale pertanto è lo stesso della comparsa di risposta con cui il convenuto si costituisce nel giudizio di primo grado.

In base all'articolo 167 c.p.c, dedicato alla comparsa di risposta, l'appellante incidentale dovrà pertanto indicare tutte sue le difese, la sua posizione in modo chiaro e specifico sui fatti che l'appellante principale ha posto a fondamento della sua domanda in appello, i propri dati anagrafici, il suo codice fiscale, i documenti che vuole offrire in comunicazione, nei limiti ovviamente di quanto è consentito in appello, e infine l'esposizione delle sue conclusioni.

L'appellante in via incidentale dovrà prestare attenzione inoltre ai motivi dell'appello, indicando in modo chiaro, sintetico e specifico quali capi della decisione intende impugnare, le singole censure alla ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice, quali norme ritiene violate e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

Ultrattività del rito

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Si precisa infine che la forma dell'appello incidentale, al pari della forma dell'appello principale, segue il principio dell'ultrattività del rito, in base al quale il giudizio dell'impugnazione deve essere introdotto seguendo il rito adottato nel primo grado di giudizio.

Per comprendere al meglio questo concetto si richiama quanto chiaramente ribadito dalla Cassazione nell'ordinanza n. 23712/2023: "è principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che se il giudice abbia trattato la causa seguendo un dato rito, anche se errato, il giudizio deve proseguire nelle stesse forme (Cass. n. 28519/2019 e 27848/2021); si tratta del principio della ultrattività del rito che risponde all'esigenza di tutelare l'affidamento delle parti in base alla scelta delle regole processuali operata dal giudice (Cass. n. 12290/2011; Cass. n. 22738/2010; Cass. n. 9694/2010)".

Valeria Zeppilli

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