Il punto della giurisprudenza in tema di minaccia di rivelazione dell'adulterio tra reato continuato, estorsione e truffa

Avv. Laura Bazzan - Con la sentenza n. 43107/2016, di seguito allegata, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla rilevanza penale della condotta dell'amante che, mediante la minaccia di rivelare la relazione adulterina al coniuge tradito, consegua un ingiusto profitto facendosi consegnare denaro o altra utilità dal traditore. Riprendendo il proprio costante orientamento, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire che, in caso di pluralità di pagamenti, per valutare l'eventuale sussistenza di più reati è necessario accertare se, in base al criterio finalistico e temporale, ci si trovi al cospetto di un'unica azione o meno. Di conseguenza, secondo quanto precisato nella parte motiva della sentenza

, "i diversi conati posti in essere per procurarsi un ingiusto profitto costituiscono autonomi reati, unificabili con il vincolo della continuazione, quando, singolarmente considerati in relazione alle circostanze del caso concreto e, in particolare, alle modalità di realizzazione e soprattutto all'elemento temporale, appaiono dotati di una propria completa individualità; al contrario, si ha un solo reato di estorsione, pur in presenza di diversi atti intimidatori, allorché gli stessi costituiscono singoli momenti di un'unica azione perché sorretti da un'unica e continua determinazione, che non registri sul piano della volontà interruzioni o desistenze". Sulla scorta di queste considerazioni, la Corte di legittimità accoglieva la tesi difensiva ritenendo integrata un'unica azione estorsiva in luogo della continuazione, mentre rigettava la domanda di riqualificazione del fatto come truffa basata sull'inesistenza del pericolo per non essere il possibile ed eventuale male minacciato proveniente da chi lo prospettava.

Con specifico riguardo alla configurabilità del delitto di estorsione o di quello di truffa in ipotesi di appalesamento di adulterio

, peraltro, già con la sentenza n. 7662/2015, la Corte di Cassazione aveva individuato il criterio discretivo tra le due fattispecie nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera della vittima. Nel caso di specie, più precisamente, la medesima Corte di Cassazione aveva ritenuto configurabile il reato di estorsione nella minaccia del terzo di rivelare la relazione extraconiugale, intrapresa dalla stessa persona offesa, volta a farsi consegnare da quest'ultima degli orecchini preziosi. Per la Suprema Corte, infatti, il male indicato si era rivelato come certo e realizzabile ad opera del reo e la persona offesa era stata posta nell'ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.

La sussistenza del reato di estorsione trova conferma anche in una pronuncia avente ad oggetto la condotta di un uomo che aveva minacciato di rivelare il tradimento al genitore della propria amante. Considerando integrata la condizione di coartazione anche quando il fatto minacciato è confinato al piano dei costumi e delle regole sociali, la Corte di Cassazione chiariva che "in tema di estorsione, la minaccia diviene contra ius quando, pur non essendo antigiuridico il male prospettato, si faccia uso di mezzi giuridici legittimi per ottenere scopi non consentiti o risultati non dovuti" (leggi: "Cassazione: scattano le manette per l'amante che minaccia di rivelare la relazione clandestina").

Cassazione, sentenza n. 43107/2016

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